Dalle luci folgoranti e dalla vita notturna di Las Vegas, giungiamo nell’Arizona: le tonalità cambiano, il terreno si tinge di arancio, riflettendo tutto il calore e la solitudine di un’area quasi desertica, scavata dal fiume Colorado. Al ventunesimo giorno del Giro del Mondo in 80 giorni torniamo nella natura per scoprire la maestosa ed immensa gola del Grand Canyon, una ferita geologica lunga circa 450 chilometri e con una profondità che tocca la soglia dei 1500 metri. Questa grande opera della natura è da ricondurre alla lenta e laboriosa erosione del Colorado e dei suoi affluenti i quali, nel corso dei millenni, hanno modellato il paesaggio, creando gole e bellissimi scorci. Lavorando sul terreno e sugli strati di sedimenti, il fiume ha realizzato una vera e propria scultura naturale di eccezionale valore storico: non a caso, J. W. Powell, dirigendo la prima spedizione scientifica per lo studio del Grand Canyon, paragonò quest’ultimo alle “pagine di un grande libro di storia”, in grado di raccontarci milioni di anni. I geologi dibattono ancora oggi sulla datazione precisa del Canyon, riconoscendovi strati che vanno da 2 miliardi di anni fa fino a 200 milioni. Questo documento storico inciso nel volto incontaminato dell’Arizona, non deve le sue altezze vertiginose semplicemente alla laboriosa levigatura dell’acqua, ma anche all’innalzamento della placca del Colorado che, circa 60 milioni di anni fa, ha modificato la struttura dell’area, accentuando il dislivello. Oggi il paesaggio del Gran Canyon è uno spettacolo naturale da non perdere: un florilegio di rocce che si stagliano contro un cielo di un azzurro schietto, imponenti ammassi sedimentari che si accendono nel calore dei toni del tramonto, distese brulle e incontaminate. Ciò che stupisce maggiormente è il continuo variare delle dimensioni e dei rapporti, con altezze da brividi opposte a pianure, strette gole profonde contro slarghi ampi fino a 27 chilometri, forme regolari opposte a pendenze asimmetriche. Per godere al meglio di questi spettacoli, sono stati predisposti punti di osservazione panoramica, in parte sospesi sul vuoto del Canyon. E tra questi contrasti stucchevoli spesso si possono scorgere piccole oasi di vita: la vittoria della natura sulla siccità, nella forma di limitate aree verdeggianti, sorte spesso ai bordi del fiume che irrora le zone più “fortunate”, creando suggestivi specchi naturali nei quali il cielo si riflette. Il lungo percorso del Canyon, con le sue irregolarità, si conclude con la cascata Grand Wash Faul, presso il Lago Mead, dove il fiume crea uno scenario davvero suggestivo. Ma l’area del Grand Canyon non è solo natura: questi scenari impervi e questi paesaggi brulli erano un tempo abitati, infatti, dai Nativi americani. Essi furono in grado di sfruttare la particolare conformazione del territorio per ricavarvi abitazioni e insediamenti stabili. Oggi, a tutela di questa unicità geologica e naturale, gran parte del Canyon è compresa nel cosiddetto “Parco Nazionale del Gran Canyon”, uno dei parchi nazionali americani più conosciuti e apprezzati dai turisti. Godiamoci il tramonto che accende le pareti rocciose prima di immergerci, con la prossima tappa del Giro del mondo in 80 giorni, nel traffico cittadino di Manhattan e della Grande Mela.
Tarcisio Agliardi e Federica Gennari