Vi siete mai chiesti su base di quale necessità sono nate le tasse?
Nell’antichità, nella prima fase dell’umanità, gli uomini per proteggersi dagli animali ed aiutarsi su vari aspetti di sopravvivenza, si sono organizzati a vivere in gruppi che, nel tempo, sono diventati dei piccoli borghi e infine città più o meno grandi. Queste realtà nuove, crescendo, hanno avuto la necessità di una organizzazione più complessa che gli ha portati a dividersi i compiti: chi provvedeva al cibo, chi alle costruzioni e così via… In seguito, con l’ampliamento di servizi e costi, vennero stabiliti dei “CONTRIBUTI” per il mantenimento ed abbellimento del proprio borgo, così venne coniato il termine “I CONTRIBUENTI”. Successivamente, i contributi vennero chiamati “TASSE” e l’evoluzione sociale ha portato poi ogni cittadino a contribuire in base al proprio reddito.
Io questa storia lo ho studiato in seconda elementare.
Vi siete mai chiesti cosa sono le tasse?
Le tasse sono dei contributi versati dai contribuenti allo stato, come corrispettivo per la prestazione a suo favore di un servizio pubblico offerto dalla pubblica amministrazione.
In Italia, nella Repubblica che non Funziona, gli italiani, senza rendersene conto, si sono abituati a pagare senza sapere il perché; senza interessarsi del tipo di tassazione che a volte può danneggiare un determinato settore commerciale: tassazioni che portano ripercussioni sui futuri guadagni e di conseguenza sui futuri pagamenti di tasse.
Le statistiche sono il pane dei politici e quando si fiuta che un settore è in fase di crescita, viene tassata, uccidendolo. Un esempio è stato il super bollo sulle fuoristrada nel 1990: una supertassa che ha portato allo stato un incasso importante, uccidendo però il mercato delle fuoristrada. Non vendendo le fuoristrada ha significato: meno importazioni; meno incassi di iva e tasse per lo stato. Questo io lo ho capito da ragazzino, ma l’Italia continua a perseverare su questo.
In sostanza, se vedessero che tutti gli italiani usano le mutande rosse, pur di incassare, tasserebbero le mutande rosse. Queste eresie le chiamano “la manovra finanziaria”.
Consultando un dizionario, troviamo la seguente definizioni della manovra: “insieme di azioni studiate e compiute per ottenere un determinato scopo all’interno di organizzazioni complesse, manovra finanziaria, monetaria; manovra per la riduzione del debito pubblico”. Detta così sembra cosa strategica, attuata da professionisti scaltri che sanno il fatto loro, ma la realtà è molto diversa: “le cosiddette manovre sembrano più delle richieste dell’ennesimo danaro.”
Per me “LA MANOVRA” deve essere un programma che ottimizzi le risorse di un paese e non, come succede in Italia, elemosinare l’ennesimo ed ingiustificato contributo. La manovra deve essere “STRATEGIA”.
L’Italia é un paese completamente fuori controllo. L’italiano dovrebbe riflettere di più sulle leggi da cui è sottoposto e sottomesso e rendersene conto che è stato gradualmente abituato al peggio.
Ad esempio, si dovrebbe analizzare le regole sulle pensioni e sulle tasse che tutti ne siamo schiavi, senza sapere il perché:
- Le pensioni sono state concepite per dare la sicurezza economica alle persone anziane che non sono più in grado di lavorare e di conseguenza di produrre un reddito. In sintesi le pensioni dovrebbe garantire la casa, il vitto e le cure mediche. Mentre oggi, per lo stato è diventato un grosso business: sembra di più una anticipazione dei contribuenti per poi prenderne una parte successivamente: perché una persona contribuisce lavorando per oltre 30 anni e la maggior parte morendo ne usufruisce la metà. Ritengo che una persona se ha una casa di proprietà e sicurezza economica, dovrebbe essere astenuto dal vortice delle pensioni.
- Le tasse, concepite ed ammesse a seguito della decisione dell’uomo di vivere in un unico nucleo, servono per costituire un fondo comune con la quale un’amministrazione pubblica gestisca i fabbisogni della propria città. Facciamo un esempio molto semplice: una persona che abita a Milano, in Corso Vittorio Emanuele, deve contribuire per il mantenimento della sua via, ossia la luce, pulizie e tutto ciò che è di ordine amministrativo della sua via o quartiere. E non capisco perché lo stesso individuo deve pagare le tasse che finiscono a Roma, per poi, per gentile concessione di Roma, dopo tanto tempo, venga riportato in briciole a Milano in Corso Vittorio Emanuele. Perché non c’è una una amministrazione diretta di Corso Vittorio Emanuele di Milano?
Sia chiaro che questo articolo non è un incoraggiamento per non pagare le tasse, ma un’invito ad interessarsi alla loro destinazione e riflettere se una nuova tassazione può portare effettivamente i benefici sperati. Ma paradossalmente non mi sento di biasimare chi in Italia cerca di non pagare le tasse, perché la pressione fiscale italiana è talmente forte da non permette la sopravvivenza. Una nazione deve avere la pretesa che i suoi cittadini devono pagare le tasse, ma solo quando dà la possibilità di farlo.