Il Messico non smette di stupire, con i suoi colori e i suoi paesaggi. Decidiamo di trattenerci ancora un po’ e di trascorrere il venticinquesimo giorno del Giro del Mondo in 80 giorni a Palenque e Chichén Itzá per esplorare le rovine del mondo maya. Palenque è ancora in parte da scoprire: solo una piccola parte dell’antica città è stata portata alla luce, mentre il resto rimane celato dalla foresta, che ne serba i segreti. Nonostante questo insediamento abbia origini più antiche, il periodo più vitale sembra lo abbia vissuto tra il V e il X secolo, prima di un decisivo e inevitabile declino, già introdotto dai ripetuti conflitti tra la città e Toniná (VIII secolo) e sfociato nel definitivo abbandono, compiutosi entro il XVI secolo. Dal groviglio della foresta si sono salvati diversi importanti monumenti, affascinanti simboli di una cultura scomparsa: tra questi si ricorda il Tempio delle Iscrizioni (fine VII secolo), una massiccia piramide a gradini costruita come monumento funebre al re Pakal, alla cui tomba, dalle pareti decorate a stucco, si accede tramite un passaggio segreto. Il nome del tempio deriva dal geroglifico presente, il secondo al mondo per lunghezza attribuito alla civiltà maya. Il maestoso sarcofago del regnante, cuore della struttura, è decorato da un bassorilievo che illustra Pakal in vesti divine nel Mondo dei Morti. A sud del sito è conservato anche il Tempio del Leone, un tempo decorato da un bassorilievo raffigurante il re su un trono zoomorfo (felino bicefalo), diverso dal cosiddetto Tempio del Conte, coronato da un tempio ben conservato. Oltre agli edifici funerari, Palenque serba anche una serie di strutture collegate da cortili che prendono il nome di Palazzo, proprio per la planimetria complessa, articolata in edifici, torri, portici e cortili, decorati con bassorilievi e sculture in stucco. Ma il Messico serba un altro gioiello maya davvero imperdibile: nel nord dello Yucatan si conservano i resti di uno dei maggiori centri maya, il sito di Chichén Itzá. La città si affermò a livello territoriale nel corso del VII secolo quando riuscì a stabile un controllo culturale e politico nella regione, a dispetto del declino di alcune città vicine. Raggiunto il suo apogeo tra il VI e l’XI secolo, anche grazie al grande impulso commerciale, iniziò il suo declino verso l’XI-XII secolo quando alcune rivolte interne indebolirono la città, a favore della concorrente Mayapan. Nello straordinario sito di Chichén Itza si conservano diversi edifici, quali l’Ossario, un tempio e forma di piramide e diversi campi per il gioco della palla, serrati da mura con schienali scolpiti con scene ludiche. Diversi sono i templi che costellano l’area: il Tempio dell’Uomo barbuto, il cui nome deriva da un soggetto illustrato nei bassorilievi, il Tempio del Giaguaro, che conserva i resti di un affresco con scene di guerra e un trono modellato sulle forme del felino, e il Tempio dei guerrieri, una tipica piramide a gradoni decorata da colonne con figure di guerrieri incise. Al centro del sito domina però il tempio maggiore (uno dei più celebri di tutto il Messico), El castillo, il tempio di Kukulkan, il serpente piumato che, durante gli equinozi, getta la sua ombra dalla piramide. All’interno della struttura è stato scoperto un tempio precedente, contenente preziose sculture. La città vanta inoltre strutture pubbliche e residenziali quali la Casa delle iscrizioni misteriose (Akab Dzib), decorata da rilievi con intrecci e glifi, la Chiocciola (El Caracol), il bellissimo osservatorio astronomico dove, attraverso lo studio del cielo e delle ombre, i Maya erano in grado di redigere il calendario, e il complesso Las Monjas, un insieme di edifici probabilmente attribuibili ad una funzione politica. La nostra passeggiata termina qui, tra questi giganti di pietra protesi verso un cielo azzurro che, tra soffici nuvole solitarie, sembra serbare ancora i racconti di antichi rituali e storie maya.
Tarcisio Agliardi e Federica Gennari