‘Abbás Effendi, che assumerà il titolo di ’Abdu’l-Bahá (Servo di Bahà), figlio di Bahá’u’lláh e Assíyih-Khánúm, nacque a Tehrán, Persia, il 23 maggio 1844, la stessa notte in cui il Báb, precursore di Bahá’u’lláh, dichiarava a Mullá Hussayn la Sua missione di Araldo.
Sin dall’infanzia fu testimone delle vicende legate alla manifestazione del Báb per le frequenti visite dei Bábí al suo Illustre Padre. Ben presto la tranquillità spirituale e materiale della sua fanciullezza in seno alla famiglia, si trasformò in un celere processo di crescita e maturità, a causa della rivoluzione spirituale in atto e per le conseguenti ostilità, di cui l’intera famiglia divenne il fulcro. La sua tenera immaginazione registrava e proiettava nella propria mente gli episodi eroici di un’età profetica nata con lui e che segnava tappe di crisi e vittoria. I suoi studi elementari non soddisfacevano a descrivere il dramma delle emozioni suscitate dall’imprigionamento del Báb a Máh-Kú (1848), la conferenza di Badasht, tragici fatti del forte Shaykh Tabarsí, enclave di Nayríz, la difesa di Zanján, il martirio dei sette fra i più illustri Bábí a Tehrán, il processo sommario, la ribadita Dichiarazione e il drammatico martirio del Báb (9 luglio 1850). L’ondata di eccidio dei Bábí a seguito dell’attentato al re per mano di due, resi pazzi dal dolore per la fucilazione del Báb, portò in prigione (16 agosto 1852) Bahá’u’lláh incatenato con altri 81 illustri compagni della Fede Bahaì, nella ex Cisterna del palazzo reale chiamato, “Síáh-Chál” (Buco Nero).
Colui per il quale il Báb aveva offerto la Sua preziosa vita, in quella nauseabonda segreta, avrebbe ricevuto l’intimazione dell’inizio della Sua salvifica missione di universale Manifestazione di Dio.
Un giorno il fanciullo che registrava nella mente e nel cuore, gli estremi di sacrificio al quale anelavano gli attori dell’epopea in atto, chiese ed ottenne di far visita al suo Padre.
“Visitai il sotterraneo. Bisognava scendere ripidi scalini. A metà, le tenebre erano fitte. Sentii la voce benedetta: Riportatelo fuori! Mi sforzai invano di scorgerLo. Attesi il mezzogiorno l’uscita dei prigionieri per mangiare. Vidi Bahá’u’lláh con il collo piegato e piagato dalle catene che avvincevano la cervice di un altro prigioniero; vestiti a brandelli e il copricapo era lacero. Mi fecero sedere vicino a Lui, poi Lo accostarono ad una pozza per lavarSi il viso. Fui così sopraffatto dall’emozione da cadere a terra esanime”.
Quatto mesi dopo Gli fu concessa la libertà, condizionata all’esilio con l’intera famiglia ed alcuni Suoi devoti. Lo sconvolgimento delle Sue fortune materiali, l’esodo invernale con abiti leggeri, la salute cagionevole di Bahá’u’lláh stesso per i mesi trascorsi in Síáh-Chál, Assíyih-Khánúm non abituata a questi disagi, la tisi contratta dal fanciullo ‘Abbas di anni 8 e le gelate furono alcuni ingredienti di un lungo viaggio da Tihrán per le montagne innevate del Kurdistan di durata circa 3 mesi per raggiungere Bagdád l’8 aprile 1853. ‘Abbás Effendi che mai più avrebbe rivisto la terra natale, iniziava esili e prigionia che sarebbero durati per tutta la vita; ma un destino ineguagliabile sarebbe divenuta la fonte della Sua gloria e della nostra salvezza.
Il confino di quell’anno a Baghdád fu di ripristino per la salute fisica della famiglia. La città da 60.000 abitanti, provincia dell’Impero Ottomano, era ignara della presenza di Colui che era atteso da migliaia d’anni. Intanto la decimata comunità Bábí tornava a raccogliersi intorno a Bahá’u’lláh, finché un morbo di gelosia interno alla comunità (il fratellastro, Yahyá) Lo indusse a relegarsi in isolamento sulle montagne del Kurdistan in meditazione e ritiro (10 aprile 1854). Per l’anima del bambino ‘Abbas furono due anni di dolore, motivo per cui, Bahá’u’lláh decise di far ritorno, per mai più separarSi dal proprio figlio Prediletto. In questo periodo il ragazzino ‘Abbas ottemperava ai Suoi obblighi di studio con la trascrizione calligrafica delle Tavole rivelate dal Báb e da Bahá’u’lláh; Egli fu eccezionale discepolo di una scuola divina ed un valido aiuto anche per la famiglia. La Sua anima era costantemente rivolta verso Dio. Mentre la luce della Manifestazione di Dio sorgeva dall’orizzonte di Bagdad e richiamava a Sé l’attenzione dei devoti e dei dignitari della città, si intensificava il bagliore dell’Astro (del figlio) che da Essa traeva luminosità. L’educazione, la saggezza e l’umiltà del figlio divennero una delle prove di grandezza del Padre.
Il commento che Egli scrisse alla tradizione: “Ero un Tesoro Celato ed amai farMi conoscere; creai esseri che Mi conoscessero”, suscitò l’ammirazione degli intellettuali della città. Inoltre, a detta della sorella, ’Abdu’l-Bahá 18enne era il più bel giovane di Baghdád. Amava l’aria aperta della campagna e andare a cavallo. Ma, con l’editto del Sultano, si concludeva la permanenza dei 10 anni di ameno esilio a Baghdád e iniziava uno nuovo per Costantinopoli a causa delle macchinazioni dei nemici suscitate dal trionfo del Prigioniero. Le Festività della Dichiarazione esplicita di Bahá’u’lláh ai devoti ed ai convenuti nel giardino del Ridván durarono i 12 giorni precedenti la partenza (2 maggio 1863). Rassegnata alla volontà di Dio, la carovana a cavallo con asini per trasporto, percorse deserti, monti, pianure, boschi e luoghi storici, in condizioni di penuria alimentare e di riposo per 110 giorni prima di giungere alla capitale dell’Impero “trono della tirannia”. Fu ’Abdu’l-Bahá con la sua giovane età ad alleviare le sofferenze e la fatica dei compagni di viaggio, anticipando le tappe per approntare le loro necessità. Recuperava le forze appoggiandosi al suo cavallo sdraiato che al giungere della carovana Lo svegliava.
Nella città di Costantino, la famiglia prese alloggio presso la casa di Vísír Páshá. ’Abdu’l-Bahá ivi riceveva gli ospiti ed i dignitari e li introduceva alla Sua presenza. La notizia dei trattamenti di onore riservati all’Esiliato raggiunse la corte in Persia che chiese il Suo ulteriore allontanamento. A 4 mesi dall’arrivi, Adrianopoli fu deliberato dalla “Sublime Porta” la terza tappa d’esilio. Nei 12 giorni di viaggio in un inverno siberiano ’Abdu’l-Bahá si prodigò nella dedizione ed allestimento, procurandosi il congelamento dei piedi.
Nella città di Adriano, un lembo del manto regale di Bahá’u’lláh iniziava ad avvolgere i lombi del Suo designato Successore. Cominciavano a fluire dal cielo della Rivelazione, Tavole in Suo onore e titoli come, “Fiduciario di Dio”, “sacro e glorioso Essere”, Ramo di Santità”, “il più grande Favore”, “pupilla dei Miei occhi” e “’Aqá” (il Maestro).
“O Tu che sei la pupilla dei Miei occhi! La Mia gloria, l’oceano del Mio infinito amore, il sole della Mia misericordia, il paradiso della mia grazia si posino su Te … Noi abbiamo fatto di Te un rifugio per tutto il genere umano”.
La Dichiarazione pubblica di Bahá’u’lláh in forma di Tavole ed Epistole ai re e governanti del mondo, Il Suo crescente prestigio, il riacutizzarsi dell’infezione di gelosia del Suo fratellastro, resero un’anime i due sovrani a porre fine alla Sua Causa con un ulteriore e definitivo esilio con un maggior numero di credenti a seguito, nella fortezza prigione di Akká (S. Giovanni d’Acri) in Palestina. L’editto fu causa di dolore per il governatore ed i dignitari della città che a contatto diretto con ’Abdu’l-Bahá, attingevano alla sua fonte di saggezza.
Il 31 agosto del 1868, l’arrivo dei prigionieri per gli abitanti di Akká fu un insolito avvenimento per vedere il Dio dei Persiani. I primi tempi di prigionia furono durissimi; molti si ammalarono di malaria e dissenteria e prima che si allentasse la rigidità dei trattamenti, alcuni sono morti. ’Abdu’l-Bahá si curava di tutti compresi i carcerieri. Il tragico incidente mortale al suo fratello minore Mírzá Mihdí 22enne sconvolse gli animi; ma 4 mesi dopo, il sacrificio fruttò il trasferimento degli esuli in alloggi civili (arresti domiciliari). Ciò permise ad ’Abdu’l-Bahá che era Suo portavoce, di conquistare l’ammirazione e la fiducia della popolazione, del governatore ed del suo vice nei loro confronti. Thomas Chaplin scrisse su “The Times”, “Fummo ricevuti dal suo figlio, che è sui trent’anni, ha uno squisito aspetto da intellettuale, capelli e barba nera e quello sguardo melanconico che contraddistingue i Persiani di classe colta e religiosa … Aveva maniere solenni, parlava un ottimo, fluente arabo e dimostrò una conoscenza dettagliata ed esatta del Vecchio e del Nuovo Testamento, oltre che famigliarità con la storia del pensiero religioso europeo. Parlammo per due ore, … Pareva parlare con chi è consapevole di possedere una luce superiore, come un grande maestro, …”
Seguendo le nuove direttive e principi moderni della Dispensazione di Bahá’u’lláh, la comunità neofita “Bahá’í” era tornata all’entusiasmo e la diffusione dell’epoca del Báb. Si formò una rete di pellegrini che, partiva dalla Persia, a cavallo o a piedi, per venire, nonostante le difficoltà e a volte l’impossibilità, a visitarLo. La comunione con ‘Abdu’l-Bahá in parte placava questa sete. Erano trascorsi 4 anni ed avverso all’editto, gli esuli cominciarono a godere di una relativa libertà di movimento; il governatore stesso divenne un loro ammiratore. Ciò portò all’auspicato evento nuziale per ‘Abdu’l-Bahá. La sposa fu invitata, accompagnata e guidata nel itinerario periglioso da Isfahán a S. Giovanni d’Acri. Queste furono le parole con cui, Bahá’u’lláh celebrò la semplice cerimonia nuziale:
“Ti abbiamo guidato alla città-prigione in un momento in cui le porte erano chiuse, per rendere a tutti chiaro ed evidente il potere di Dio”.
“ O Mia foglia e Mia ancella, ecco Noi ti abbiamo scelta ed accettata per servire il Mio Più Grande Ramo, e tale Mio dono non è comparabile a tutti i tesori della terra e del cielo. …”
Anni dopo, Munírih-Khánúm commentò, “Il canto delle preghiere terminò, gli ospiti ci lasciarono. Ero la sposa del mio Beneamato. Come era meraviglioso e nobile nella Sua bellezza! Lo adoravo. Conscia della Sua nobiltà, ringraziavo Dio per avermi posto accanto a Lui”.
L’andari vieni dei pellegrini, la permanenza attiva di alcuni di loro nella regione, ivi formò una comunità Bahá’í riservata ma attiva in un ambiente generalmente ancora ostile. Il governatore dovette insistere affinché Bahá’u’lláh acconsentisse il Proprio trasferimento in una casa di campagna per rivedere la natura, desiderio agognato per Lui da ‘Abdu’l-Bahá e dai congiunti.
La rivoluzione spirituale innescata dal Báb, strutturata da Bahá’u’lláh, l’industrializzazione ed il modernismo europeo alla porta crearono in un esiguo numero di intellettuali ed amministratori Persiani urgenze per un cambiamento della monarchia assoluta in Persia, tentativi più volte falliti. Nel 1875 ‘Abdu’l-Bahá su esplicita esortazione di Bahá’u’lláh, scrisse un trattato di Buon Governo, intitolato “Il Segreto della Civiltà Divina”, dove Egli offri alla Persia e di conseguenza a tutti gli amministratori del mondo il ricco tesoro della sua illuminata comprensione delle cause della caduta e della nascita delle civiltà.
L’anno dopo egli, ancora in stato di formale detenzione, fu espressamente invitato come ospite dal governatore generale della Provincia, ex gran vizir e costituzionalista, Midhat Páshá a Beirut.
“Lode sia a Quei Che ha onorato la terra di Bá (Beirut) con la presenza di Colui attorno al Quale tutti i nomi gravitano. …”
La forte personalità spirituale e sociale di ‘Abdu’l-Bahá divenne canale di contatto con Bahá’u’lláh che affrancato da impegni pubblici, con il fluire dei Suoi scritti, ebbe l’agio di perfezionare la Rivelazione Divina.
Tra pochi occidentali che ottennero la Sua udienza, nel 1891 fu lo studioso e raffinato professore di Cambridge, Edward Granville Browne che disse di ‘Abdu’l-Bahá: “Raramente ho conosciuto qualcuno che mi abbia tanto impressionato. Un uomo robusto, diritto come una freccia, con vesti e turbanti candidi, lunghe ciocche di neri capelli; una fronte ampia e possente a indicare la presenza di un forte intelletto e ferrea volontà; occhi penetranti come il falco, fattezze marcate ma piacevoli – fu la mia prima impressione di ‘Abbás Effendi, il Maestro (‘Aqá) “A Traveller’s Narrative” (La narrazione di un viaggiatore) fu il titolo che Browne ritornato a Cambridge, diede alla sua traduzione del testo storico della Fede scritto e donatogli da ‘Abdu’l-Bahá.
Il 29 maggio 1892, il telegramma di ‘Abdu’l-Bahá al Sultano ‘Abdu’l-Hamíd annunciava che:
“Il Sole di Bahá è tramontato”.
Tolto il Suo sigillo dal “Testamento” i familiari e devoti presenti udirono queste parole: Incombe a tutti, … di rivolgere il viso verso Il Più Possente Ramo (‘Abdu’l-Bahá). Quando l’oceano della Mia Presenza sarà refluito e il Libro della Mia Rivelazione sarà terminato, volgete il viso verso Colui che Dio ha designato, Colui che è germogliato da Questo Antico Ceppo. …
‘Abdu’l-Bahá divenne “Il Centro del Patto” di Bahá’u’lláh e iniziava la 3° ed ultima fase dell’età profetica della Fede. I primi pellegrini occidentali approdarono alla Sua presenza e con la Sua guida da Interprete degli Scritti e della Volontà del Suo Padre, diffusero la Fede in Europa ed in America. Una serie delle Sue “risposte a domande” di carattere scientifico, filosofico e religioso, come chiave di lettura facilitò la comprensione dei Testi Sacri.
La Sua prigionia a rischio di morte terminò nel 1908 con la rivoluzione dei Giovani Turchi. L’anno dopo, Egli ebbe la mano libera di terminare la costruzione del Mausoleo sul Monte Carmelo per preservare le spoglie del Báb che dopo 60 anni di custodia nei rifugi segreti e dopo mesi di trasporto cautelativo dalla persia, vi trovò l’eterno riposo.
A 67 anni di età trascorsa in cattività con un fisico debilitato, accettò l’invito degli amici di recarsi in Europa e America (1911-13). Fu accolto in tutti gli ambienti religiosi ed intellettuali come il Profeta di Pace. Incontrò centinaia di personalità; diffuse i principi di pace e unità dell’umanità proclamati da Bahá’u’lláh: abbandono dei pregiudizi, ricerca personale della verità, istruzione obbligatoria, armonia tra scienza e religione, che la religione è una ed è progressiva, parità dei diritti uomo donna, eliminazione degli estremi di ricchezza e di povertà, necessità di una lingua ausiliaria universale, un tribunale internazionale, …
Per la vita caritatevole che condusse durante la prigionia, fu chiamato “Padre dei poveri” e riacquistata la libertà, riempì i silos di frumenti per poi distribuirli durante gli anni della Guerra e per questo l’Impero Britannico Lo insignì d’Onorificenza (27 aprile 1920).
“Ho sognato la Bellezza Benedetta (Bahá’u’lláh) venire a me e dirmi: ‘Distruggi questa dimora!’”
Fu uno dei due sogni che ‘Abdu’l-Bahá raccontò ai familiari pochi giorni prima del Suo trapasso.
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Makhanian Shahrokh