Con l’animo già impastato di nostalgia, ci prepariamo per l’ultimo giorno della nostra crociera: il Giro del Mondo in 80 giorni si appresta a lasciare questo scorcio di Eden, l’eccezionale museo a cielo aperto delle Galápagos. Prima di abbandonare queste gemme vulcaniche rovesciate nell’oceano, riprendiamo la navigazione per raggiungere San Cristóbal, il cui nome richiama il santo patrono dei marinai, San Cristoforo. Anche in questo straordinario luogo abbiamo il piacere di osservare grandi colonie di sule, gabbiani a coda di rondine e fregate, esemplari che solcano i cieli e le spiagge di San Cristóbal, a disposizione per memorabili scatti. Le acque limpide che bagnano la battigia sono popolate da gruppi di leoni marini, tartarughe e delfini, da avvistare durante la navigazione. Riprendiamo il largo e con un po’ di pazienza, navigando in direzione di Marchena, raggiungiamo gli estremi settentrionali dell’arcipelago sostando a Genovesa, una piccola isola pressoché pianeggiante sorta ai bordi di un grande cratere sommerso. Iniziamo la nostra perlustrazione camminando con il naso all’insù, poiché la nomea di “Isola degli uccelli” ci promette l’avvistamento di numerose specie: scorgiamo infatti colorati uccelli tropicali, fringuelli di Darwin, fregate, procellarie delle tempeste e diverse sule, mascherate e dalle zampe rosse, appollaiate sui rami. Scattiamo bellissime fotografie e, soddisfatti, riprendiamo il nostro tour per raggiungere le ultime due tappe, Marchena e Pinta. Sospesa a metà strada tra Genovesa e Pinta, Marchena presenta una grande caldera vulcanica dalla quale derivano le colate, le più antiche delle quali risalgono a 500.000 anni fa. L’isola è inabitata ed è nota soprattutto per il cosiddetto “mistero Floreana”: qui furono trovati i corpi di Rudolf Lorenz e del capitano della nave, trasportati misteriosamente sulla riva, mummificati naturalmente. L’assenza di predatori sull’isola avvolge il decesso dei due personaggi nel mistero. Proseguiamo per l’ultima meta giungendo a Pinta, una piccola isola che prende il nome di una delle caravelle di Colombo. Ci dedichiamo agli ultimi avvistamenti, cogliendo foche e gruppi di iguane marine, pronti a lasciare le Galápagos. Tornare alla civiltà dopo questo gustoso assaggio di natura incontaminata è difficile e lascia un po’ di amaro: siamo coscienti che questa eccezionale riserva naturale e marina, tutelata dall’Unesco già dal 1978, rappresenta uno degli ultimi baluardi di autentica vita selvaggia, lasciata pressoché intonsa dall’urbanizzazione e dall’insediamento umano. Una peculiarità che ha favorito lo sviluppo di straordinarie specie endemiche, non solo faunistiche, ma anche botaniche: oltre a specie locali di caffè, pomodoro e peperoncino, le Galápagos serbano esemplari unici come l’albero margherita, il cactus della lava (Brachycereus) e il cactus candelabro (Jasminocereus). Abbandoniamo dunque questo microcosmo paradisiaco lontano dallo spazio e dal tempo per fare ritorno nel continente e scoprire nuove antiche civiltà.
Tarcisio Agliardi e Federica Gennari