Trentaseiesimo giorno del Giro del Mondo in 80 giorni. Ci inoltriamo nella Valle dell’Urubamba, isolata e solitaria tra le masse imponenti dei rilievi circostanti e, salendo a oltre 2400 metri troviamo le rovine del sito di Machu Picchu, antica città inca. Per arrivare in questo luogo sacro prendiamo il treno che da Cusco conduce ad Aguas Calientes: il treno procede senza fretta, quasi a voler alimentare l’aspettativa e l’attesa dell’arrivo alla città perduta. Proseguiamo per l’ultimo tratto a piedi, seguendo la rete di sentieri inca che, risalendo la montagna dal fondovalle, conducono alle rovine. Siamo ad un centinaio di chilometri da Cusco ma il paesaggio circostante, segnato dagli impervi scenari della Cordigliera centrale delle Ande, crea un magico isolamento, aumentando la sacralità del sito. Le rovine si estendono tra le cime dei monti Machu Picchu e Huayna Picchu e contano i resti di un grande insediamento inca comprendente edifici residenziali e sacri. Il fascino di essere finalmente giunti nell’antica città perduta ripaga la fatica e il viaggio: il panorama archeologico e naturale che da qui si può godere è impagabile. Nonostante la zona fosse stata abitata già nei secoli precedenti da diverse popolazioni, le rovine che oggi si possono visitare sono riconducibili al XV secolo, quando la gola fu conquistata dal primo imperatore inca Pachacútec. Basando la propria economia sull’agricoltura, Machu Picchu, favorita da una buona posizione strategica, divenne un importante centro fino all’arrivo dei conquistadores e alla guerra civile che portò molta della nobiltà e della manodopera agricola all’allontanamento dal sito. L’isolamento della località inoltre non contribuì al coinvolgimento della stessa nella vita economico-politica contemporanea, tant’è che rimase un mero sito agricolo.Le rovine di Macchu Picchu furono scoperte il 24 luglio del 1911 dal professore universitario Hiram Bingham che, con grande sorpresa, trovò questo tesoro inca nascosto tra le montagne, rimasto ignorato per circa quattro secoli. La cittadella conserva ancora i sistemi di terrazzamenti realizzati per lo sfruttamento agricolo della zona, oltre a numerosi resti di edifici quali il Recinto dei Dieci Vani, un probabile piccolo albergo, il Posto di vigilanza e la Roccia funeraria, un monolito isolato forse sfruttato come osservatorio solare o come struttura sacra. Numerosi sono i templi: vediamo il Tempio del Sole, la cui pianta semicircolare lascia presupporre la funzione di osservatorio solare, nonostante siano presenti elementi (altare, nicchie votive) che confermano la destinazione sacra; il Tempio Principale, con murature ad incastro; il Tempio delle Tre Finestre; il Tempio del Condor, un labirinto sacro con una statua di condor. Agli edifici sacri si aggiungono altre importanti strutture quali la Casa del sacerdote, il Gruppo del Re, la grande residenza destinata al regnante e il Gruppo Superiore, un complesso di uso pubblico. Sono inoltre presenti nel sito il celebre Intiwatana, l’orologio solare utilizzato quale osservatorio, la Roccia Sacra, ritenuta la copia della vicina montagna “Yanantin” e il Gruppo dei Mortai o Quartiere Industriale, caratterizzato da due mortai per la fabbricazione di tessuti o ceramiche. Il sole inizia a calare, affilando le ombre che dalle rocce si distendono: la sinergia tra la natura, l’ambiente e questo antico insediamento crea un’aura sacra unica che lascia una sensazione di irrisolto, di mistero inestricabile.
Tarcisio Agliardi e Federica Gennari