UNA FIABA PER GRANDI: IL PICCOLO PRINCIPE

I grandi amano le cifre. Quando voi gli parlate di un nuovo amico, mai si interessano alle cose essenziali. Non si domandano mai: “Qual è il tono della sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti? Fa collezione di farfalle?” Ma vi domandano: “Che età ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre?” Allora soltanto credono di conoscerlo.
Quando nel 1943 Antoine de Saint-Exupéry scrisse Il piccolo principe probabilmente aveva intenzione di allietare i bambini con questa fiaba. Certo, se il contenuto fa riflettere sul senso della vita e dell’amicizia, sull’amore e sul grado di civiltà di ciascuno di noi, il percorso del protagonista va ben oltre il libro per ragazzi cui lo scrittore francese si rivolgeva. Il viaggio del piccolo principe è l’allegoria della scoperta, allegoria di tutte le stranezze degli uomini: lui, che discende dal pianeta B612, rimane ogni volta sconcertato dalle incongruenze degli “adulti” e chiede spiegazioni ai bizzarri personaggi che incontra negli altri pianeti. Molto più spesso sarà invece il bambino stesso a fare chiarezza con le sue candide domande, laddove la società contemporanea aveva generato assurdità. E’ un fanciullo non comune, non filtrato dalle convenzioni sociali che chiede il perché di tanti atteggiamenti umani. Il piccolo principe non rinuncia mai ad una domanda, quando non ottiene una risposta soddisfacente: “Le pecore mangiano i fiori? E anche i fiori con le spine? Allora a cosa servono le spine?” E’ preoccupato per la sua rosa, il bambino, quel fiore capriccioso e vanitoso che però lui ama.
Non è più una rosa come ce ne sono tante, è la sua rosa, quella che lui ha accudito e innaffiato ogni giorno, quella che ha protetto sotto una campana di vetro. Queste cure hanno reso la sua rosa speciale e unica al mondo. Il piccolo principe piange dalla preoccupazione.
E’ così misterioso il paese delle lacrime.
Il bambino incontra un vecchio re, tanto onnipotente quanto solo: è infatti l’unico abitante di quel pianeta; su un altro asteroide parla con un ricco commerciante che passa il tempo a contare le stelle credendo che siano sue; incontra un ubriacone, un vanitoso, un “funzionale”, un militare, un lampionaio . Emozionante ed indimenticabile è però l’incontro con la volpe che, prima teme l’umano ma pian piano arriva a chiedergli di essere addomesticata. “Che vuol dire addomesticare ?”
Significa creare dei legami: tu fino ad ora per me non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini e non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo.
“Comincio a capire” disse il piccolo principe. “C’è un fiore… credo che mi abbia addomesticato” . Se tu vuoi un amico, addomesticami! Disse la volpe.
Il viaggio del piccolo principe invita a riflettere sulla vita e sul significato di un rito, su cosa vuol dire creare dei legami e sulla gioia che può derivare dal bere l’acqua tanto desiderata.
E’ un racconto fantastico, quello dell’aviatore francese Antoine de Saint-Exupéry, che va letto e riletto nei momenti più travagliati della nostra esistenza. Per riflettere sul senso delle cose.
Perché l’essenziale è invisibile agli occhi.

Preziosa Salvi