Oggi l’Inter compie gli anni. L’Internazionale Football Club nasce il 9 marzo 1908, in un ristorante Milanese, in disaccordo con le politiche sportive e commerciali del Milan, si sono riuniti per fondare L’Inter. Durante la cena i “ribelli” scrivono lo statuto della società e ne scelgono nomi e colori simbolici: il nero e l’azzurro.
Viene costituita per la volontà dei soci di accettare giocatori non solo italiani ma anche stranieri. Oggi è una tra le società più note del mondo ed è la squadra più scudettata d’Italia dopo Juventus e Milan.
Inizialmente riscontrano molte difficoltà per mancanza di liquidità, i soldi scarseggiano e chi vuol giocare è costretto a comprarsi scarpe e magliette.
Nel 1910, la neonata società nerazzurra è pronta alla prima vittoria: nel campionato ad otto squadre rifila cinque goal al Milan e arriva in finale con la Pro Vercelli. Quest’ultima, vero squadrone dell’epoca, per protestare contro la data scelta per la sfida, manda in campo undici riserve e perde 10 a 3.
La strada è dura, per il secondo titolo bisogna aspettare dieci anni: arriva nel campionato 1919-20, ricordato come uno dei più grandi trionfi della squadra. Al torneo si erano iscritte ben 67 squadre divise in vari gironi. La finalissima tra Inter e Livorno finisce 3 a 2. Idolo dei tifosi è Cevenini III, calcisticamente il più dotato di tre fratelli, tutti giocatori.
La doppietta è assicurata l’anno successivo, con una grande Inter ancora sul podio.
Il quarto titolo nerazzurro è del 1937-38. In questo periodo la denominazione della società subisce un mutamento per volere del regime fascista: da Internazionale diventa Ambrosiana-Inter.
Oltre a Giuseppe Meazza (a lui oggi è intitolato l’imponente stadio milanese) il personaggio dell’epoca è Annibale Frossi, cannoniere miope che giocava sempre con gli occhiali. Il campionato è combattuto e l’Ambrosiana lo fa suo dopo una lunga volata con la Juventus.
Il quinto e ultimo titolo prima della Grande Guerra arriva nel 1939-40. Infortunatosi Meazza, l’idolo è il capitano Demarca. Dopo un lungo duello con il Bologna, la spuntano i nerazzurri. E’ il 2 giugno 1940: otto giorni dopo Mussolini annuncerà l’entrata in guerra dell’Italia.
Seguono i drammatici anni del secondo conflitto mondiale, anni in cui l’attività sportiva, per ovvie ragioni, subisce un drastico stop.
Usciti dalla tragedia con spirito indomito, gli italiani si riscoprono con una gran voglia di calcio, abitudine oggi profondamente radicata nel tessuto sociale del paese.
Il campionato 1952-53 vede la prima grande Inter del dopoguerra. La costruisce il presidente Carlo Masseroni attorno all’idolo meneghino del dopo-Meazza, Benito Lorenzi detto “Veleno”, e portando dall’estero tre fuoriclasse del calibro di Skoglund, Wilkes e Nyers. In porta c’è il grande Giorgio Ghezzi. L’allenatore è Alfredo Foni, primo mister a capire l’importanza della tattica difensiva, inventore del ruolo del libero moderno. Il torneo si conclude con l’Inter a 47 punti, con 19 vittorie, 9 pareggi e 6 sconfitte, davanti alla Juventus con 45 punti e al Milan con 43. Un campionato a due fasi: volata solitaria dell’Inter nel girone di andata, preoccupante crollo in quello di ritorno, con sei sconfitte, di cui tre nelle ultime tre giornate.
Fortuna che il margine di vantaggio accumulato sulla Juve era sufficientemente alto…
Squadra che vince non si cambia. Lo decidono Masseroni e Foni. Ed ecco quindi che l’anno dopo l’Inter vince il suo secondo scudetto consecutivo con la stessa formazione. Tutto resta imperniato sul prudente modulo di gioco e sul trio delle meraviglie Lorenzi, Nyers e Skoglund. Anche la grande rivale è la stessa, la Juventus, e il campionato si conclude con un solo punto di vantaggio: Inter 51, Juve 50. Al terzo posto la Fiorentina davanti al Milan.
Nel girone di ritorno, l’Inter prevale sulla Juventus addirittura per 6 a 0 con due reti di Skoglund, due di Brighenti, una di Armano e una di Nesti.
Esaltante anche il derby di Milano, finito 3 a 0 per l’Inter grazie ad una splendida tripletta di Nyers. Seguono altri nove anni di grandi giocate e di emozionanti partite, senza però risultati significativi.
Ritroviamo l’Internazionale al massimo della forma nel campionato 1962-63. Helenio Herrera è all’Inter da due anni ed è sulla bocca di tutta l’opinione pubblica. Ma i successi tardano ad arrivare.
All’inizio della stagione 1962-63 vengono effettuati alcuni ritocchi alla squadra che si riveleranno decisivi per l’inizio del ciclo d’oro. Per creare l’intelaiatura della Grande Inter Herrera pretende dal presidente Angelo Moratti la testa di Angelillo e l’acquisto di Luisito Suarez dal Barcellona; mette in disparte gli stranieri Maschio e Hitchens e lancia i giovanissimi Facchetti e Mazzola.
Dopo due campionati che avevano visto i nerazzurri partire fortissimo per poi cedere nel finale e nonostante i due ottimi piazzamenti ottenuti, in questa stagione l’Inter fa della regolarità sul campo la sua arma migliore. L’avversario di rango è il Bologna che va in fuga dalla prima giornata, ma che viene agganciata grazie ad una clamorosa vittoria esterna per 4 a 0.
L’Inter è campione d’inverno con un punto di vantaggio sulla Juventus.
Cinque successi consecutivi fanno ingranare la marcia trionfale ai nerazzurri nel girone di ritorno. Il goal decisivo del campionato resta quello di Mazzola a Torino, vittoria per 1 a 0 sulla Juve, che porta il vantaggio sugli inseguitori bianconeri a sei punti, a poche giornate dalla fine del torneo. L’inter vince il suo ottavo scudetto con due giornate di anticipo, in una stagione segnata da pochissimi goal incassati (20) e con ben 56 reti all’attivo. Dieci goal a testa portano le firme di Di Giacomo, Jair e Mazzola.
Nel 1963-64 arriva anche la Coppa dei Campioni. E’ il primo trionfo internazionale della Beneamata e forse anche quello rimasto più impresso nella memoria dei tifosi. L’Inter aveva sì vinto lo scudetto l’anno prima, ma in quella stagione la Coppa dei Campioni era andata ai cugini del Milan.
Il percorso verso questa importante vittoria è travolgente. L’Inter elimina via via l’Everton, il Monaco (con due reti di Mazzola), il Partizan e in semifinale affronta i temibilissimi tedeschi del Borussia Dortmund, battuti poi 2-0. In finale ai nerazzurri tocca affrontare la più forte squadra del pianeta: il Real Madrid di Di Stefano e Puskas, già detentrice all’epoca di 5 trofei del prestigioso torneo. Herrera prepara la partita con spirito particolare, essendo i madrilisti già i suoi avversari storici di quando era tecnico del Barcellona.
Al Prater di Vienna va in scena una battaglia indimenticabile: Herrera blocca Di Stefano con Tagnin e Puskas con Guarneri. Apre le marcature Mazzola, raddoppia Milani all’inizio del secondo tempo. Nella ripresa il Real accorcia le distanze, ma è ancora Mazzola a chiudere il conto. Finisce 3-1 per l’Inter. A fine partita Di Stefano chiede la maglia a Mazzola, mentre a Milano hanno inizio i festeggiamenti che dureranno per tutta la notte del 27 maggio 1964.
Non è finita qui: sono in arrivo altri successi. Assetata di vittorie l’Inter voleva aggiudicarsi ancora la Coppa Intercontinetale. L’avversario da battere è l’Indipendiente di Buenos Aires.
I nerazzurri vincono nuovamente l’ambito trofeo, prima squadra europea a mettere a segno la doppietta. Stavolta non c’è bisogno della “bella”. I nerazzurri passano trionfalmente a Milano per 3-0 con due goal di Mazzola e uno di Peirò, e chiudono per 0-0 la trasferta argentina. Quest’ultima partita è una accesa battaglia: le condizioni in campo e sugli spalti avrebbero intimorito chiunque. Suarez viene colpito alla testa da una arancia lanciatagli contro mentre stava battendo un corner. L’Inter si arrocca in difesa mentre i difensori argentini massacrano Jair e Mazzola di calci e pugni. Niccolò Carosio la definirà “una delle più feroci battaglie che la storia del calcio ricordi”!
L’Inter è un’armata invincibile anche nel campionato 1965-66. E’ la squadra più forte del mondo del momento ed Herrera è per tutti “il Mago”. L’ossatura della squadra è sempre la stessa con Sarti tra i pali, Burgnich, Facchetti, Guarneri e Picchi a formare la difesa più invalicabile del pianeta, Suarez e Corso ad inventare gioco al centrocampo, Mazzola, Peirò e Jair a giocare di punta. Ma è anche l’anno del lancio definitivo di Bedin. Quest volta i nerazzurri non faranno soffrire i tifosi. Vanno in testa ad inizio campionato e ci restano fino alla fine. Si chiude a 50 punti, quattro di vantaggio sul Bologna. E’ oò decimo scudetto! E significa, naturalmente, la stella cucita sulla maglia (seconda squadra italiana ad appuntarsela, dopo la Juventus).
I quattro anni successivi vedono la gloriosa formazione in una costante buona resa ma a corto di clamorosi successi. Ci pensa il campionato 1970-71 a ristabilire l’equilibrio. Proprio come già avvenuto nel 1964-65, sarà un trionfo ai danni del Milan, al termine di un clamoroso inseguimento coronato con il sorpasso. L’Inter è allenata da Heriberto Herrera, presieduta da Ivanoe Fraizzoli, ma conta tra le sue fila ancora molti campioni dell’era Moratti-Herrera quali Burgnich, Facchetti, Bedin, Jair, Mazzola e Corso. Al centro dell’attacco c’è Roberto Boninsegna.
La stagione inizia malissimo, con due sconfitte: una nel derby, l’altra con il Cagliari di Gigi Riva. La società esonera Heriberto e chiama al suo posto Gianni Invernizzi. Parte la riscossa: l’Inter recupera sette punti al Napoli e sei al Milan, superando quest’ultimo a poche giornate dalla fine. L’eroe dell’anno è Mario Corso, insieme a Roberto Boninsegna.
Comincia da qui il lento declino.
Rivediamo l’Inter dei tempi che furono nel campionato 1979-80, l’anno di Altobelli e Beccalossi, coppia di ferro acquistata dal Brescia, e di Eugenio Borsellini, “l’antimago di Borgotaro”, com’era stato soprannominato. Della gloriosa vecchia guardia non è rimasto più nessuno. Dopo due stagioni di preparazione il dodicesimo scudetto arriva con pieno merito nella stagione segnata dal calcio-scommesse e che vedrà per questo illecito sportivo sentenziata la prima retrocessione del Milan in serie B.
L’Inter è campione d’inverno con due punti di vantaggio sui rossoneri e quattro sul Peugia. Vincerà lo scudetto non perdendo più la testa della classifica, chiudendo a 41 punti, tre sulla Juve, dopo aver conquistato la matematica certezza del titolo a tre giornate dalla fine. Da ricordare in quella stagione le prove eccellenti di Pasinato e Marini.
Campionato storico: 1988-89.
Alla presidenza c’è Ernesto Pellegrini, nel 1985 arriva Giovanni Trapattoni, vincitore di ben sei scudetti con la Juventus: alla guida nerazzurra i risultati sembrano tardare ad arrivare. I tifosi schiumano di rabbia per le continue vittorie del Milan in Italia e in Europa.
In quest’anno però l’Inter realizza un miracolo che sembra avere dell’irripetibile. Sarà chiamato “Lo scudetto dei record”.
58 punti su 68 disponibili (34 gare), 26 vittorie, 6 pareggi, 2 sconfitte. Napoli secondo ad 11 lunghezze, il Milan a 12.
L’Inter dei record ha nei tedeschi Brehme e Matthaus le colonne del gioco, in Diaz e Aldo Serena i suoi goleador, in porta il fenomenale tifosissimo Walter Zenga, che nell’intera stagione subisce soltanto 19 reti.
E’ il tredicesimo scudetto.
Un anno dopo Lothar Matthaeus è il primo interista ad essere insignito del prestigioso “Pallone d’oro” come migliore giocatore europeo dell’anno.
Ma da questo momento in poi, purtroppo, la stella nerazzurra andrà sempre più appannandosi. I successi cominciano a contarsi sulla punta delle dita.
Nel 1991 vince la sua prima Coppa Uefa contro la Roma, replicando la vittoria tre anni dopo con la sconfitta del Salisburgo.
Il 1995 vede il passaggio societario da Pellegrini a Massimo Moratti.
Nel 1998 il brasiliano Ronaldo è il primo giocatore nerazzurro eletto “FIFA World Player” e il secondo a ricevere il prestigioso “Pallone d’oro”. Ma di scudetti, neanche l’ombra.
Al termine di una stagione durissima l’Inter perde, dopo un polemico duello con la Juventus, lo scudetto. Uno scudetto importante, che avrebbe potuto rappresentare il simbolo di una rinascita. I tifosi sono nello sconforto più nero.
Piccola ma significativa consolazione: la compagine conquista la terza Coppa Uefa della sua storia.
Del 2001-02 è il famigerato 5 maggio da dimenticare: l’Inter, a un passo dallo scudetto, perde con la Lazio nell’ultima giornata di campionato e dal 1° posto passa addirittura al 3°. Comprensibili sono la disperazione dei tifosi e l’enorme choc per tutti quelli che amano, sportivamente, il calcio.
Qualcosa però pare muoversi e nel campionato 2002-03 i nerazzurri si piazzano secondi. Ma non c’è niente da fare, è solo un’illusione, la crisi della società sembra irreversibile.
Si susseguono sempre più preoccupanti alti e bassi, contrastati dalla dirigenza con innumerevoli sostituzioni sia in panchina sia in squadra; sostituzioni che non lasciano intravedere quella ripresa così invocata e desiderata dai tifosi, malgrado tutto sempre innamorati della loro “beneamata”.
L’ultima sostituzione eccellente è quella del suo presidente: nel 2004 Moratti, pur mantenendone la proprietà societaria, abdica in favore di Giacinto Facchetti (che si spegnerà due anni più tardi, lasciando in lutto l’intero mondo del calcio).
Alla fine del mese di luglio del 2006, dopo lo scandalo del calcio e delle intercettazioni telefoniche relative, la sentenza della giustizia sportiva ha revocato lo scudetto alla Juventus relegandola alla serie B, e tolto al Milan 8 punti nella classifica finale del campionato 2005-06; l’automatica conseguenza è stata l’assegnazione dello scudetto all’Inter. Considerate le circostanze non ci sono stati particolari festeggiamenti, tuttavia da parte di società, giocatori e tifosi non sono mancate soddisfazione e felicità per il 14° scudetto.
Poi, l’anno seguente, dopo 18 anni di attesa l’Inter di Roberto Mancini e del suo presidente Massimo Moratti torna a vincere sul campo conquistando il titolo nazionale numero 15, stabilendo una serie di record, come ad esempio il numero di 33 turni senza sconfitte. Numeri che sono un biglietto per arrivare di gran corsa al 2008, anno del centenario della società. E dopo una cavalcata che vede la squadra in testa per gran parte del campionato, l’Inter di Mancini conquista il terzo titolo consecutivo. L’anno seguente viene ingaggiato l’allenatore portoghese José Mourinho, con l’obiettivo dichiarato di arrivare alla finale della Champions League: la squadra non ce la farà, ma non mancano le soddisfazioni: l’Inter vince il 17° campionato italiano della sua storia, il quarto consecutivo.
Il portoghese l’anno successivo conduce la squadra verso una stagione fantastica proiettandola nella leggenda: vince la Coppa Italia, il 18° scudetto e, dopo 45 anni di attesa, la Champions League.
Si cambia allenatore, arriva Rafael Benitez, e alla fine del 2010, sempre dopo 45 anni, l’Inter conquista il tetto del mondo vincendo la coppa del Mondiale per Club.
Dopo una lunga trattativa, il 15 novembre 2013, viene convocata un’assemblea dei soci straordinaria per il passaggio delle quote, pari al 70%, del pacchetto azionario del club da Massimo Moratti alla ISC (International Sports Capital), società indonesiana posseduta da Erick Thohir, Rosan Roeslani e Handy Soetedjo. Nell’occasione viene nominato come presidente il magnate Thohir, divenendo così il primo massimo dirigente straniero della storia nerazzurra.
Il Presidente Massimo Moratti rimane comunque il presidente onorario.
Giorgio Resmini