Con il termine “passare sotto le forche caudine” si intende subire una grave umiliazione o una prova mortificante. Questo termine risale al periodo dell’antica Roma, del periodo della Seconda guerra sannitica (321 a.C.).
L’episodio risale a quando i Sanniti, osservando dalle loro fortezze gli spostamenti delle legioni romane, costrinsero i romani chiudendo con massi e alberi divelti gli unici due ingressi della vallata e sbarrando ogni via di fuga ai nemici, intrappolando ben 20 mila soldati dentro alla gola di Caudio (oggi provincia di Napoli, Benevento e Avellino). I Romani vedendosi circondati dalle fiaccole sannite, capirono che l’unica soluzione era quella della resa. Dopo la resa, dopo essere passati, disarmati e forse nudi, sotto un giogo (le cosiddette “forche”), i prigionieri furono rilasciati. L’apparente gesto magnanimo dei Sanniti, secondo fonti antiche, fu per lasciare una mortificazione nell’animo dei romani. Ma per gli storici moderni, i Sanniti volevano evitare l’insurrezione di altri popoli latini di fronte a un massacro.
In realtà la pena dei romani fu fisica. I soldati, consoli in testa, per ordine di grado furono sodomizzati.
Al riguardo, lo storico Tito Livio (Patavium, 59 a.C. – Patavium, 17 d.C.) disse: “E venne l’ora fatale dell’ignominia; (…) prima i consoli, quasi nudi, furono fatti passare sotto il giogo; poi gli altri in ordine e grado furono sottoposti alla stessa ignominia; infine ad una ad una tutte le legioni”.