Erano le 23.40 del 14 aprile 1912 quando il Titanic, durante il suo viaggio inaugurale, colpì un iceberg che gli fu fatale; due ore e quaranta minuti dopo l’impatto, il gigante d’acciaio simbolo della Belle époque, definita paradossalmente inaffondabile, spezzandosi in due tronconi, affondò negli abissi.
L’incidente nautico, avvenuto nell’Oceano Atlantico, al largo della Groenlandia, fu causata dalla scarsa visibilità di quella sera e soprattutto dall’alta velocità della nave, imposta dalla compagnia navale ed avvallata dal comandante Edward John Smith (Hanley, 27 gennaio 1850 – Oceano Atlantico, 15 aprile 1912), per raggiungere la destinazione con un giorno in anticipo, come dimostrazione dell’affidabilità e della potenza del transatlantico più grande mai esistito fino a quel momento. In un primo momento dopo l’impatto, i passeggeri, increduli, avevano considerato la faccenda come uno scherzo, rallentando tutte le procedure di salvataggio. Le prime scialuppe calate in mare erano mezze vuote con posti vuoti che potevano significare la vita.
Una volta in caos e panico totale, si rivelarono le vere e differenti nature umane che si spaziava dall’eroismo all’egoismo e codardia.
I macchinisti, che moriranno tutti, lavorarono fino all’ultimo istante per garantire luce e ritardare il più possibile il naufragio, guadagnando minuti importantissimi.
In questo tragico contesto, la musica fu protagonista e leggenda. Mentre la nave affondava, gli otto musicisti, guidati da Wallace Hartley (Colne, 2 giugno 1878 – Oceano Atlantico, 15 aprile 1912) continuarono a suonare con la speranza di dare un senso di normalità ed evitare il caos totale. Quando Wallace si rese conto dell’inevitabile affondamento, legò il suo violino al petto e si getto in mare: “un vero legame tra il musicista e il suo strumento che può esser paragonato all’amore.” Il musicista legato al suo violino vennero ritrovati una decina di giorni dopo e il violino venne ritrovato in una soffitta e messa all’asta per l’incredibile cifra di 900’000 sterline (oltre un milione di euro).
Tra i sopravvissuti al naufragio del Titanic, divenne celebre Charles John Joughin (Birkenhead, 3 agosto 1878 – Paterson, 9 dicembre 1956), il cuoco inglese, capo panettiere della nave, per essere stato l’ultimo ad abbandonare la nave ed essere sopravvissuto alle acque gelide dell’Atlantico Settentrionale per un tempo eccezionalmente lungo. Charles, dopo l’impatto, coordinò la squadre di panettieri per la distribuzione del pane e, successivamente, l’imbarco delle donne sulle scialuppe di salvataggio, rifiutando un posto a lui destinato.
Inoltre, ebbe l’idea di lanciare in mare una cinquantina di sedie per dare la possibilità ai naufraghi di aggrapparsi a qualcosa in mezzo all’oceano.
Nel frattempo, per riscaldarsi, continuava a bere whisky tanto che, alla sua immersione nelle gelide acque dell’Atlantico, era completamente ubriaco.
Lui stesso raccontò che riuscì a non bagnarsi i capelli grazie al salvagente e nuotò circa due ore prima di potersi appoggiare su una zattera pieghevole B, rovesciata. Non c’era posto per lui in quanto vi erano già una ventina di persone a bordo, e fu così costretto a rimanere in acqua. Il cuoco Isaac Maynard (8 ottobre 1880 – 9 gennaio 1948) riconoscendo il collega, gli tenne la mano.
Secondo i rilievi, in effetti, la nave viaggiava a una velocità troppo elevata per riuscire a evitare l’impatto con l’iceberg che gli procurò uno squarcio nello scafo. Ma, Senan Molony, uno dei massimi esperti del Titanic, “The Irish Aboard Titanic”, sostenne che la causa principale dell’affondamento fu l’incendio del Titanic quando si trovava ancora nel porto di Belfast, dove fu costruito; ipotesi basate su fotografie dell’incendio che sicuramente indebolirono la tenuta delle pareti dell’inaffondabile Titanic.
Nel naufragio persero la vita 1518 dei 2223 persone tra e uomini dell’equipaggio. Il numero basso di sopravvissuti del Titanic, considerato inaffondabile, era dovuta da una scarsa dotazione di elementi di salvataggio: di 3560 salvagenti individuali e di sole 16 scialuppe più gommoni 4 pieghevoli per una capacità totale di appena 1178 posti (all’epoca perfettamente in regola, poiché per legge avrebbe dovuto prevedere a bordo appena 12 scialuppe).
Alessia Marcon