George Washington, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti d'America, dichiarò: "Preferirei morire piuttosto che proferire un'inesattezza".
Sicuramente, Gerorge Washington non si immaginava che la sua America, quasi per ironia, guidata da un'altro presidente di nome George, cadesse così in basso. Il 12 settembre 2002, George W. Bush ha presentato un rapporto d'accusa, molto fantasioso, contro Saddam Hussein. Un rapporto di menzogne.
Il 19 Marzo 2003, George W. Bush, Presidente degli Stati Uniti d'America e Comandante in capo dice al suo segretario alla Difesa Donald Rumsfeld: "Mr. Secretary, for the peace of the world and the benefit and freedom of the Iraqui people, I hereby give the order to execute operation Iraqui Freedom. May God bless the troops", "Signor ministro, per la pace nel mondo e per il bene della libertà del popolo iracheno, do l'ordine di avviare l'operazione ‘Irak freedom'. Dio benedica le truppe".
Il 5 aprile 2004, Colin Powell ammette pubblicamente che le prove presentate all'ONU riguardo alle armi di distruzione di massa in Iraq erano state sopravvalutate.
Per la prima volta nella sua storia, l'America si interroga sulle vere ragioni di una guerra quando ormai il conflitto è giunto al termine…
E quali erano le prove? Nessuna prova. L'Iraq era solo accusata di intrattenere stretti collegamenti con la rete terroristica di al Qaeda e minaccia la sicurezza degli Stati uniti, dato che possiede «armi di distruzione di massa».
Appare sempre più evidente che l'amministrazione americana ha manipolato le informazioni. Gli ispettori dell'Iraq mandati in Iraq, diretti dal generale Dayton, non hanno mai trovato una prova.
E noi incominciamo a scoprire che nel momento stesso in cui lanciava accuse di quella portata, George W. Bush aveva già ricevuto i rapporti dei suoi servizi di intelligence, che contenevano la chiara dimostrazione della falsità di tutte quelle accuse.
Ha dichairato Jane Harman, rappresentante democratica della California, ha dichiarato: si tratta della «più grande mistificazione di tutti i tempi».
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Nausica Baroni