INTERVISTA A DR. RICCARDO CABONI

Per la nuova rubrica Sesso e Psiche ci avvaliamo anche della consulenza di Dr. Riccardo Caboni, laureato in Psicologia Sperimentale presso l’Università la Sapienza di Roma. Uno Psicologo Clinico, iscritto all’albo degli psicologi del Lazio, esperto in psicoterapia strategica. Attualmente sta collaborando con la Prof.ssa Maria Rita Parsi e come Formatore Psicologo con l’organizzazione Amnesty International Italia. Riceve presso il suo studio privato sito in Roma.

Perché ha scelto di fare lo psicologo, Riccardo?
La mia è stata una scelta maturata e coltivata nel tempo. Ho sempre sentito una forte vocazione verso le tematiche della coscienza e dall’animo umano nel senso più ampio del termine. L’incontro con il libro La coscienza di Zeno di Italo Svevo alla fine del mio percorso liceale non ha fatto altro che confermare la mia passione. In seguito alla laurea in psicologia mi sono specializzato scegliendo una formazione quadriennale in Psicoterapia Breve ad Approccio Strategico.

Quindi lei é uno psicologo ad Approccio Strategico. Saprebbe dirci, in poche parole, in cosa consiste?

Nello specifico per “strategico” s’intende un percorso che si focalizza sulla pianificazione tattica del cambiamento e l’utilizzo di strumenti per la risoluzione dei problemi. Questo significa che l’intervento è usualmente breve, indirizzato all’estinzione dei sintomi e alla risoluzione del problema portato dal paziente.

 

Interessante. Ma non mi è chiaro come interviene?
Il mio intervento mira prima di tutto ad ascoltare la persona e individuare insieme l’obiettivo o gli obiettivi da raggiungere, una volta definiti si lavora insieme per il loro raggiungimento. Gli strumenti per arrivare agli obiettivi vengono trovati dalla persona attraverso un viaggio nel quale io fungo semplicemente da “guida” dentro mondo delle emozioni. Di particolare importanza in questo “viaggio” è l’alleanza tra me e la persona, elemento fondamentale nella costruzione della relazione d’aiuto: infatti è proprio attraverso questa complicità che la persona riesce a trovare dentro di sé degli strumenti di cui prima non era consapevole.

 

Perché, nell’esposizione delle varie tematiche affrontate, ha scelto la formula del “racconto”?
Il “racconto” è un modo mio personale per sensibilizzare e avvicinare i lettori alle differenti problematiche che affronto di volta in volta. Se pur una “problematica” specifica viene vissuta in modo soggettivo da ciascuno di noi, dal mio punto di vista ci sono aspetti comuni della stessa problematica che si possono ritrovare in differenti persone. Il lettore ritrovando nel racconto aspetti comuni della sua storia potrebbe trarre degli importanti input per sé stesso.

Quelle da lei raccontate sono storie vere?
Si sono storie vere, ma per etica professionale vengono modificati i nomi e tutto ciò che possa ricondurre alla persona reale.

Bene. Come crede di poter contribuire alla rivista?
Attraverso la mia esperienza professionale mettendo a disposizione quelli che sono gli strumenti del mio mestiere. Penso che le proprie passioni debbano essere messe al servizio di terzi in maniera che chi voglia ne possa usufruire, nel modo che più ritenga opportuno. Questo è ciò che mi hanno insegnato le due grandi professioniste con cui ho avuto la fortuna di formarmi e collaborare, la Dr.ssa Mara Grammenou e la Prof.ssa Maria Rita Parsi.

Arman Golapyan