Il suo comportamento filantropico, la conoscenza dei segreti alchemici, la capacità di infondere fiducia e di turbare l’interlocutore, penetrarlo con la profondità dello sguardo, da tutti era ritenuto quasi soprannaturale. Fin dalle prime apparizioni, queste furono caratteristiche che contribuirono a rafforzare il suo fascino personale e reputazione leggendaria.
Giuseppe Giovanni Battista Vincenzo Pietro Antonio Matteo Balsamo, noto anche con il nome di Alessandro, Conte di Cagliostro o più semplicemente Cagliostro (Palermo, 2 giugno 1743 – San Leo, 26 agosto 1795), è stato un avventuriero, esoterista e alchimista italiano. Visse tra imbrogli nelle varie corti europee e fu condannato dalla Chiesa cattolica al carcere a vita per eresia e rinchiuso nella fortezza di San Leo.
Non si ha molta chiarezza sulla adolescienza e gioventù misteriosa dell’avventuriero siciliano.
Si sa che era figlio del mercante Pietro Balsamo e di Felicita Bracconieri, e che dopo la morte del padre venne affidato al seminario di S. Rocco di Palermo.
– Nel 1756, entrò come novizio presso il convento dei Fatebenefratelli di Caltagirone per essere affiancato al frate speziale, dal quale apprese i primi rudimenti di farmacologia e chimica.
– Nel 1768, si sposò a Roma con Lorenza Feliciani, una giovanissima fanciulla di quattordici anni che fino al momento del matrimonio, è presumibile che abbia vissuto di espedienti durante la gioventù.
Cagliostro si spacciava come proveniente da paesi sconosciuti, di aver trascorso gli anni dell’infanzia alla Mecca e di aver conosciuto gli antichi misteri dei sacerdoti egizi attraverso gli insegnamenti del sapiente Altotas.
– Nel 1791, monsignor Giuseppe Barberi, generale del Sant’Uffizio, che nel suo Compendio sulla vita e sulle gesta di Giuseppe Balsamo smentirà queste dichiarazioni divenendo uno dei suoi più accaniti diffamatori, sosteneva che Cagliostro avrebbe esercitato truffe e mistificazioni anche a Barcellona, Madrid e Lisbona con l’aiuto della moglie Lorenza, che attirava uomini facoltosi con arti sottili che andavano dall’avvenenza fisica alla promessa di miracolose guarigioni grazie a polveri e a formule magiche.
– Nel 1771, durante il primo viaggio a Londra della giovane coppia, Balsamo finì in prigione per debiti e fu costretto a lavorare come decoratore per pagare i propri debiti.
– Nel 1772, a Parigi, Lorenza si invaghì dell’avvocato Duplessis e, a causa di questa relazione, fu rinchiusa nel carcere di Santa Pelagia, la prigione delle donne di malaffare. La riconciliazione avvene presto e i coniugi, dopo varie peregrinazioni in Belgio e in Germania, rientrarono a Palermo per poi andare a Napoli. Fu nello stesso anno che Balsamo si recò a Marsiglia e si cimentò nelle vesti di taumaturgo, scoperto l’imbroglio, fu costretto a fuggire e a cercare riparo in Spagna, a Venezia, quindi ad Alicante per terminare la fuga a Cadice.
– Nel 1776, tornato a Londra, si presentò come conte Alessandro di Cagliostro, dopo aver fatto uso di nomi altisonanti accompagnati da fantasiosi titoli quali conte d’Harat, marchese Pellegrini, principe di Santa Croce ecc ecc. Durante questo soggiorno londinese, insieme alla moglie, che divenuta nel frattempo la celestiale Contessa Serafina, viene ammesso alla loggia massonica “La Speranza”. Da questo momento la vita di Cagliostro può essere ricostruita sulla base di documenti ufficiali e non più dalle voci riportate.
La massoneria gli offrì ottime possibilità di soddisfare ogni sua ambizione, grazie alle quali egli poté riscuotere successi appaganti moralmente ed economicamente che lo portarono, dal 1777 al 1780, ad attraversare l’Europa centro-settentrionale, dall’Aia a Berlino, dalla Curlandia a San Pietroburgo e alla Polonia. Il nuovo rito egiziano di cui Cagliostro era Gran Cofto, aveva affascinato nobili ed intellettuali con le sue iniziazioni e pratiche rituali che prevedevano la rigenerazione del corpo e dell’anima. In questo periodo, fu importante anche la figura della moglie Serafina, presidentessa di una loggia che ammetteva anche le donne, con il titolo di regina di Saba.
– Nel 1780, alla corte di Varsavia, ricevette tutti gli onori dal sovrano in persona: la sua fama di alchimista e guaritore aveva raggiunto le vette più alte!
Fu considerevole la diffusione del vino egiziano e le cosiddette polveri rinfrescanti con i quali Cagliostro compì alcune sue guarigioni, spesso senza alcun compenso.
A breve, conquistò la stima e l’ammirazione del filosofo Lavater e del gran elemosiniere del re di Francia, il Cardinale di Rohan, entrambi in quegli anni a Strasburgo.
Nello stesso periodo viene coinvolto nell’affaire du collier de la reine, lo rese protagonista suo malgrado, insieme a Rohan e alla contessa Jeanne Valois de la Motte, del più celebre ed intricato scandalo dell’epoca, il complotto che diffamò la regina Maria Antonietta e aprì la strada alla rivoluzione francese. Colpevole solo di essere amico di Rohan e di aver consigliato di rivelare la truffa al sovrano, Cagliostro, accusato dalla de la Motte, artefice di ogni inganno, fu arrestato e rinchiuso con sua moglie nella Bastiglia, in attesa del processo. Durante la detenzione, la sua popolarità spinse il popolo a organizzare in suo favore manifestazioni di solidarietà e, il giorno della scarcerazione, fu accompagnato a casa dalla folla acclamante.
Nonostante il Parlamento di Parigi avesse appurato l’estraneità di Cagliostro, lui e sua moglie vennero mandati in esilio. La copia si rifugia a Londra, dove scrisse al popolo francese, colpendo il sistema giudiziario e preannunciando profeticamente la caduta del trono capetingio e l’avvento di un regime moderato. Il governo francese si difese opponendo gli scritti di un libellista francese Théveneau de Morande, il quale rivelava la vera identità di Cagliostro e di Serafina, raccontando sulle gazzette le peripezie e i raggiri dei precedenti soggiorni londinesi, al punto che l’avventuriero decise di chiedere l’ospitalità del banchiere Sarrasin e di Lavater in Svizzera.
Tra il 1786 e il 1788 la coppia cercò di recuperare l’immagine perduta con vari viaggi, a Torino, Genova e Rovereto. In queste città Cagliostro continuò a svolgere l’attività di taumaturgo e ad istaurare logge massoniche.
– Nel 1788, a Trento fu accolto con benevolenza dal vescovo Pietro Virgilio Thun che lo aiutò ad ottenere i visti necessari per rientrare a Roma per desiderio di Serafina.
Cagliostro, poi, preannunziando la presa della Bastiglia, carcere simbolo dell’assolutismo monarchico, e la fine dei sovrani di Francia, destava particolare preoccupazione, alimentata anche dalla sua intraprendenza negli ambienti massonici. Non trovando terreno fertile nei liberi muratori, che oramai vedevano solo come ad un volgare imbroglione, Cagliostro tentò di costituire anche a Roma una loggia di rito egiziano, invitando il 16 settembre 1789 a Villa Malta prelati e patrizi romani. Le adesioni furono soltanto due: quella del marchese Vivaldi e quella del frate cappuccino Francesco Giuseppe da San Maurizio, che fu nominato segretario. L’iniziativa, pur non conseguendo l’esito positivo, fu interpretata come una vera e propria sfida dalla Chiesa che, attraverso il Sant’Uffizio, sorvegliò con maggior attenzione le mosse dello sprovveduto avventuriero.
Il pretesto per procedere contro Cagliostro fu offerto proprio dalla moglie che, consigliata dai parenti, aveva rivolto al Cagliostro accuse molto gravi durante la confessione: era stata indotta a denunciarlo come eretico e massone. Cagliostro era consapevole di non potersi fidare della moglie, che in più di un’occasione aveva dimostrato scarso attaccamento al tetto coniugale, e per questo sperava di poter rientrare in Francia, essendo caduta la monarchia che lo aveva perseguitato. A tal fine scrisse un memoriale diretto all’Assemblea nazionale francese, dando la massima disponibilità al nuovo governo. La relazione venne intercettata dal Sant’Uffizio.
Il 27 dicembre 1789, il papa decretò l’arresto di Cagliostro e sua moglie Lorenza e del frate cappuccino. Rinchiuso alle carceri di Castel Sant’Angelo sotto stretta sorveglianza, Cagliostro, dopo alcuni mesi, venne condannato dal consiglio giudicante, presieduto dal Segretario di Stato cardinale Zelada, colpevole di eresia, massoneria ed attività sediziose.
– Il 7 aprile 1790, fu emessa la condanna a morte e fu indetta, nella pubblica piazza, la distruzione dei manoscritti e degli strumenti massonici. Ma alla sua pubblica rinuncia ai principi della dottrina professata, ottenne la grazia: la condanna a morte venne commutata dal pontefice nel carcere a vita, da scontare nelle prigioni dell’inaccessibile fortezza di San Leo, allora considerato carcere di massima sicurezza dello Stato Pontificio. La moglie Lorenza fu assolta, ma venne rinchiusa, quale misura disciplinare, nel convento di Sant’Apollonia in Trastevere dove terminò i suoi giorni.
Caliostro, gravemente ammalato, morì il 26 agosto 1795.
David Zahedi