LUCIO FONTANA, L’ARTISTA CHE CON I TAGLI RIVOLUZIONO’ L’ARTE

L’esposizione delle sue opere in più di cento musei di tutto il mondo è un’ulteriore conferma dell’importanza della sua arte.

Pensate allo scalpore suscitato nel 1947 con la serie dei cosiddetti “buchi” sulla tela, e poi dal 1958 al 1959 con i famosissimi “tagli”. Pensate alla genialità dell’innovativo e il violento gesto  che non assolutamente da tutti, ma da grandi e visionari artisti, da “artisti spaziali”.
Pensate a Lucio Fontana (Rosario, 19 febbraio 1899 – Comabbio, 7 settembre 1968), un pittore, ceramista e scultore italiano, fondatore del movimento spazialista.
Lucio, con il padre Luigi, scultore italiano, in Argentina da una decina d’anni, e la madre, attrice di teatro, Lucia Bottino, di origine italiana, si stabilisce
 a Milano quando aveva sei anni.
A Milano, nel 1914, incomincia gli studi alla Scuola dei maestri edili dell’Istituto Tecnico “Carlo Cattaneo”. Interrompe gli studi e parte per il fronte come volontario, ma presto viene ferito e viene congedato con una medaglia al valor militare.

Nel 1927 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera e segue i corsi di Adolfo Wildt.
Sono anche anni in cui esordisce come scultore realizzando “Melodías” del 1925, “Maternidad” del 1926 e monumento a Juana Blanco a Rosario del 1927. Nonostante la lontananza, continua sentirsi legato al Sudamerica effettuando frequenti viaggi che porta all’apertura di uno studio di scultura.
Nel 1930, si diploma all’Accademia di Brera, e comincia a partecipare regolarmente alle esposizioni, continuando però a realizzare sculture di natura commerciale come monumenti funerari e commemorativi. Inizia a lavorare con il gruppo degli architetti razionalisti, collaborando ai loro progetti con sculture e rilievi. Un’attività che porterà avanti per buona parte della sua vita.
Nel 1934, Fontana entra in contatto con l’ambiente dell’astrattismo lombardo legati alla galleria milanese “Il Milione”. L’anno dopo, nel 1935, si lega al gruppo parigino “Abstraction-Création”. Alterna opere astratte, come le tavolette graffite o le sculture in ferro filiformi, con le ceramiche “barocche”, che realizza presso le fornaci di Albisola e Sèvres.
Nel 1939, prende parte alla “Seconda mostra di Corrente”.
Nel 1940, torna a Buenos Aires, dove frequenta i gruppi d’avanguardia e partecipa alla stesura del “Manifesto Blanco” del 1946, che segna la nascita dello “Spazialismo”. Ritorna in Italia, riunisce subito attorno a sé numerosi artisti e pubblica il “Primo Manifesto dello Spazialismo”. 
Riprende anche l’attività di ceramista ad Albisola e la collaborazione con gli architetti.
Nel 1948, pubblica il “Secondo Manifesto dello Spazialismo”.
Nel 1949, espone alla Galleria del Naviglio “L’ambiente spaziale a luce nera” suscitando al tempo stesso grande entusiasmo e scalpore. 
Nello stesso anno da vita alla sua invenzione più originale realizzando i primi quadri forando le tele.
Nel 1950, pubblica il “Terzo manifesto spaziale. Proposta per un regolamento”. L’anno successicvo alla IXº Triennale, nella quale usa il neon come forma d’arte, legge il suo “Manifesto tecnico dello Spazialismo”.
Nel 1952, partecipa poi al concorso indetto per la “Quinta Porta del Duomo di Milano” vincendolo ex-aequo con Minguzzi. Firma poi con altri artisti il “Manifesto del Movimento Spaziale per la Televisione”, ed espone in modo compiuto le sue opere spaziali alla Galleria del Naviglio di Milano. Scatenando di nuovo entusiasmo e sgomento, oltre a forarle, Fontana dipinge ora le tele, vi applica colore, inchiostri, pastelli, collages, payettes, gesso, sabbia, frammenti di vetro. E’ ormai noto e apprezzato anche all’estero. Passa poi alle tele dipinte all’anilina e alle sculture spaziali su gambo.
Fine-di-Dio-Lucio-Fontana-ovaleNel 1958, realizza le prime opere con i “tagli”, che riproporrà nel 1959 su tela, con il titolo “Concetto spaziale”. Nel 1959 realizza anche le sculture in bronzo “Natura”.
Nel 1960, parallelamente alle tele con i tagli, avvia il ciclo di tele con i cosiddetti “Crateri”, squarci prodotti nella tela, spalmata di colore ad olio.
Nel 1962, è la volta dei “Metalli”, lastre di ottone o acciaio squarciate.

Nel 1963, appare la notissima serie della “Fine di Dio”, grandi tele ovali verticali monocrome, recanti squarci.
Nel 1964, è la volta dei cosiddetti “Teatrini”, tele con buchi, incorniciate da bordi sagomati in legno che simulano una quinta teatrale. Rientrano nell’intensa attività espositiva di questi anni, la retrospettiva del Walker Art Center di Minneapolis e il Gran Premio per la pittura della Biennale di Venezia, entrambi del 1966. Dell’anno seguente sono le “Ellissi”, le sculture in metallo verniciato e le scenografie del Ritratto di Don Chisciotte per la Scala di Milano.
Tra le sue realizzazioni più note c’é “Ambiente spaziale con tagli”, gesso, sei tagli su fondo bianco, cm. 400 x 814,3, che Lucio Fontana realizzò nel 1960 per la casa dell’amico ing. Antonio Melandri, grande estimatore dell’artista. 

Lucio Fontana, Ambiente spaziale con tagli, 1960, gesso, cm. 400×814,3

Lucio Fontana, si spegne il 7 settembre del 1968, dopo il trasferimento nella vecchia casa di famiglia a Camabbio, dove aveva trasferito anche il suo studio.
Nel 1982, Teresita Rasini Fontana, moglie dell’artista dà vita alla Fondazione Lucio Fontana, che tuttora è considerata una delle iniziative meglio gestite nel campo della valorizzazione e della tutela del lavoro di un artista.
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Francesco Murini