Piero della Francesca

Piero di Benedetto de’ Franceschi, noto comunemente come Piero della Francesca (Borgo Sansepolcro, 1416/1417 circa – Borgo Sansepolcro, 12 ottobre 1492), è stato un pittore e matematico italiano, del quale però esistono pochi documenti che ne attestano le tappe della vita e gli spostamenti tra le corti della Penisola. Figlio di un’agiata famiglia di mercanti di cuoio, Piero apprende i primi rudimenti di algebra, geometria e aritmetica, utili alle attività del commercio e determinanti per la sua futura produzione artistica. Frequenta fin da giovanissimo le botteghe di alcuni pittori attivi nella zona e il 21 ottobre del 1436 è citato, insieme al suo primo maestro Antonio di Giovanni d’Anghiari, in un documento relativo al pagamento degli stemmi papali di Eugenio IV affissi sulle porte e sulle mura della città.

Nel 1437 parte per Arezzo dopo che gli viene revocato l’incarico per la realizzazione della Pala dell’altare Maggiore della Chiesa di San Francesco a Borgo San Sepolcro, incarico ricevuto nel 1430 e assegnato poi al Sassetta.
La sua presenza a Firenze nel 1439 è testimoniata da un documento del 12 settembre in cui viene citato tra gli artisti impegnati nell’esecuzione delle Storie della Vergine nella Cappella Maggiore della Chiesa di San Egidio. Sono gli anni della collaborazione con Domenico Veneziano, già iniziata in Umbria qualche tempo prima, quando il pittore veneto, abbandonando l’impostazione di matrice gotica che caratterizza la sua prima produzione, si orienta verso una pittura ariosa e prospettica. A Firenze ha modo di ammirare le opere di Beato Angelico, di Masaccio, di Paolo Uccello, di Filippo Lippi e di Masolino, dai quali saprà trarre ispirazione per l’elaborazione di una poetica personale e moderna. Piero è inoltre affascinato dalle suggestioni derivanti dalla presenza in città del corteo di Giovanni VIII Paleologo in occasione del Concilio tra la Chiesa Romana d’Oriente e la Chiesa Romana d’Occidente, le cui immagini ci sono state tramandate dagli schizzi di Pisanello.
Nel 1445, a Sansepolcro, a Piero viene commissionato il Polittico della Misericordia. Nonostante l’utilizzo dell’oro, di derivazione gotica, emergono poderosi i tratti distintivi della sua futura produzione: l’importanza della luce, la plasticità dei volumi, la costruzione prospettica degli ambienti e delle figure. Verso la fine degli anni Quaranta, Piero è chiamato a lavorare alla corte delle più importanti famiglie della Penisola ed in particolare per i Montefeltro ad Urbino, per la Lionello e Borso d’Este a Ferrara, per i Malatesta a Rimini e per i papi a Roma (dove soggiorna tra il 1458 e il 1459, ma della cui produzione di affreschi realizzati a Palazzo Apostiloco e in Santa Maria Maggiore resta solo un frammento, san Luca).

Ogni suo soggiorno è determinante per la sua formazione e per poter alimentare le proprie inclinazioni unamistiche: i duchi infatti si facevano promotori della diffusione della cultura classica attraverso l’arte, il collezionismo e il teatro. A Ferrara conosce Leonardo e Cristoforo Canozzi da Lendinara, intarsiatori di legno, ai quali lo accomuna la passone per la prospettiva e la possibilità di rappresentare lo spazio su una superficie bidimensionale. Sempre la corte Estense gli permette di apprezzare la pittura fiamminga e in particolare l’opera di Roger Van der Weiden, del quale Lionello possedeva la Deposizione. Ad interessare Piero è in particolare l’uso della pittura ad olio, l’interesse invesigativo per i dettagli, l’importanza del contesto in cui i protagonisti delle opere vivono.
Nel 1451 è impegnato nella realizzazione dell’affresco di San Sigismondo e Sigismondo Pandolfo Malatesta, opera datata dall’artista e firmata “Petrus de Burgo”. A Rimini incontra Leon Battista Alberti occupato nel restauro della Chiesa di San Francesco trasformato nel Tempio Malatestiano, dove campeggia l’opera di Piero.
Alla morte di Bicci di Lorenzo, a Piero viene commissionato il ciclo della Leggenda della Vera Croce per la chiesa di San Francesco ad Arezzo. La realizzazione degli affreschi, che raccontano la storia del legno della Croce sul quale fu inchiodato Cristo, occuperà l’artista per alcuni anni a partire dal 1452. Il ciclo viene accolto con grandissimo entusiasmo dai contemporanei e Piero ottenne numerosissime commissioni sia dagli ambienti religiosi che dall’aristocrazia per la realizzazione di opere ufficiali e private. Tra le opere più significative del periodo si annovera la Madonna del Parto per la chiesa di Santa Maria a Momentana a Monterchi, paese d’origine della madre, morta nel 1459, alla quale è probabilmente dedica.
Federico da Montefeltro affida a Piero la realizzazione del proprio ritratto e quello della moglie Battista Sforza, rappresentati di profilo e realisticamente. I riferimenti più immediati sono i ritratti relizzati da Pisanello per gli Este e i paesaggi dell’arte fiamminga rielaborati modernamente. Il dittico è datato tra il 1462 e il 1472. Successiva al 1474 è la Pala di Brera, capolavoro che dimostra come le influenze che nel corso degli anni lo avevano vengono rielaborate, contemporanea anche la realizzazione della Madonna di Senigallia.
Il 5 luglio del 1486, “ancor sano di mente, d’intelletto e di corpo” si trova a Rimini, dove si era trasferito qualche mese prima, e dove redige il proprio testameno. La cecità rese i suoi ultimi anni, dedicati agli studi, infelici. Il 12 ottobre 1492, ovvero lo stesso giorno in cui Cristoforo Colombo scopre l’America, Piero abbandona definitivamente la vita terrena.
Piero della Frncesca non fu solo pittore ma anche scrittore, teorico e matematico. Elaborò tre trattati matematici: il primo Trattato D’abaco dedicato alla geometria piana, il secondo de Prospectiva Pingendi, alla geometria solida, e alla prospettiva applicata al disegno tecnico; e il Libellum de quinque corporibus regularibus dedicato all’applicazione delle regole prospettiche per la rappresentazione di figure solide complesse. Ogni sua opera è la lampante dimostrazione che ogni sua teorizzazione potesse essere applicata alla realtà. Ogni sua opera è caratterizzata da una struttura prospettica perfetta che avvolge e coinvolge ogni singolo particolare.


Iole Bonadonna