Una delle più importanti personalità artistiche degli anni ’60 del ‘900 è sicuramente Enrico Castellani (Castelmassa, 4 agosto 1930 – Celleno, 1º dicembre 2017) Nato vicino a Rovigo nel 1930, studia in Belgio fino al 1957 quando ritorna in Italia per stabilirsi a Milano. Qui incontra Piero Manzoni (Soncino, 13 luglio 1933 – Milano, 6 febbraio 1963), insieme al quale fonda nel 1959 la rivista Azimuth (nonché la galleria Azimut), esperienza che, seppur breve, costituisce un passaggio a dir poco fondamentale nel panorama delle neoavanguardie europee del secondo Dopoguerra. Il nome scelto sia per la rivista che per la galleria (esperienze che nel Luglio del 1960 sono entrambe già concluse) è emblematico: il proposito della coppia Manzoni- Castellani, che tra l’altro incuriosiva molto i critici dell’epoca per il temperamento completamente opposto dei due , Manzoni esuberante e ironico, Castellani composto e riflessivo , era proprio quello di azzerare attraverso uno strappo decisivo, senza compromessi, le tendenze artistiche precedenti.
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Le opere realizzate da Castellani da questo momento in poi sono infatti esclusivamente monocrome, dapprima nere poi bianche: qui è chiara l’influenza che su di lui hanno avuto lo stesso Manzoni ma anche il maestro Lucio Fontana (Rosario, 19 febbraio 1899 – Comabbio, 7 settembre 1968). La tela per Castellani i è una costrizione. Per questo, attraverso l’utilizzo di chiodi e sagome di legno e metallo, egli crea delle “Estroflessioni ritmiche” che diventeranno cifra costante del suo stile concettuale. Questa caratteristica lo accomuna ad un altro artista con cui egli intesse rapporti molto proficui, Agostino Bonalumi.
Le tele tese su questi telai si incurvano creando concavità e convessità che quasi inglobano lo spettatore; si forma così un disegno geometrico a rilievo, composto da protuberanze e rientranze sulle quali la luce batte creando giochi di ombre e composizioni cadenzate di pieni e vuoti. Castellani ha al suo attivo diverse partecipazioni alla Biennale d’arte di Venezia (rispettivamente nel 1964, nel 1966, nel 1984 e nel 2003), nonché mostre di calibro internazionale in location sempre prestigiose, tra le quali meritano una citazione una collettiva del 1965 al MoMA di New York e una retrospettiva sull’ ”Identità italiana” curata da Germano Celant al Centre Pompidou di Parigi, nel 1981: una lunga carriera di successi che fanno di Enrico Castellani una “bandiera” dell’arte italiana contemporanea nel mondo. Negli anni si è inoltre sviluppato da parte del pubblico internazionale un interesse sempre crescente per l’arte del Dopoguerra italiano, confermato dai risultati delle più importanti aste mondiali.
Serena Goi