Il movimento Futurista ha una data di nascita ben precisa, il 20 febbraio 1909: Filippo Tommaso Marinetti (Alessandria d’Egitto, 22 dicembre 1876 – Bellagio, 2 dicembre 1944), leader culturale e carismatico del movimento, fece pubblicare proprio quel giorno, su “Le Figaro”, il Manifesto del Futurismo, che sintetizzava i principi-base e le intenzioni del nuovo movimento, non solo artistico ma anche ideologico, di matrice tutta italiana.
Il carattere fortemente provocatorio del Manifesto si traduce in un duro attacco nei confronti della tradizione passata, soprattutto quella del Romanticismo ottocentesco, concepita dai futuristi come superata e passiva. Grazie alla grande “novità” che l’inizio del XX secolo porta con sé, la velocità (connessa all’invenzione dell’automobile), cambiano fortemente la percezione dello spazio e del tempo e gli artisti futuristi Umberto Boccioni (Reggio Calabria, 19 ottobre 1882 – Verona, 17 agosto 1916) su tutti, ma anche Giacomo Balla (Torino, 18 luglio 1871 – Roma, 1 marzo 1958), Gino Severini (Cortona, 7 aprile 1883 – Parigi, 26 febbraio 1966) e Carlo Carrà (Quargnento, 11 febbraio 1881 – Milano 13 aprile 1966) ) cominciano a pensare ad una modalità innovativa di rappresentazione della realtà. Abolendo la prospettiva tradizionale il loro intento è restituire sulla tela il senso del movimento degli oggetti, cercando soprattutto di conservare l’immagine visiva del loro dinamismo che deforma le cose e che è reso tramite linee di forza rette, scie che danno l’idea, ad esempio, della macchina in corsa. Nei loro Manifesti (a questo del 1909 seguiranno il Manifesto dei pittori futuristi nel 1910 e il Manifesto tecnico della pittura futurista nel 1911), i futuristi esaltavano le innovazioni, l’industria il caos delle grandi città e lo facevano con un atteggiamento prepotente, irruente, “rivoluzionario” ed in un certo senso anche profondamente virile nonché bellicistico: questo fece sì che l’ideologia futurista si confuse spesso con quella fascista, con la quale condivideva, inoltre, una spiccata attitudine nazionalista. Il Movimento Futurista scardina le vecchie “regole” estetiche ottocentesche dalle radici e influenza il dibattito artistico di quegli anni, contribuendo alla nascita, non solo, di quella che si può definire in tutto e per tutto “Arte Moderna”, ma anche delle avanguardie del Novecento, come ad esempio il Suprematismo Russo.
Negli anni si è parzialmente imparato a rivalutare il Futurismo in chiave maggiormente positiva, ponendo l’accento sull’importanza che ebbe, nella sua totalità, sullo stile di vita del primo Novecento; il processo di “riscoperta” del movimento è giunto all’apice nel 2014 quando il Guggenheim Museum di New York ne ha proposto una retrospettiva a cura di Vivien Greene.
Serena Goi