“Quanto la pittura tanto la scultura richiedono lo studio del vero giacché è il maestro di tutti e lo fu anche degli antichi greci che noi tanto veneriamo”.
Pittore dalla formazione accademica e classica, Francesco Hayez, (Venezia, 10 Febbraio 1791 – Milano, 12 febbraio 1882) fu sostenitore dello studio dell’antico: non neoclassicista, bensì pittore romantico, capace di tradurre in pittura gli ideali patriottici e nazionalistici del suo tempo, impiegando magistralmente la tradizione del tonalismo veneto. Nasce il 10 febbraio 1791 a Venezia, ultimo di cinque figli e proveniente da una famiglia molto povera, viene affidato a una zia materna, moglie di un restauratore e commerciante d’arte. Il contatto diretto con dipinti e opere d’arte accresce la sua inclinazione e il suo interesse verso il disegno e, incoraggiato dagli zii, inizia la sua formazione presso alcuni pittori locali. Ma è la collezione di gessi statuari, ricalcanti i modelli dei musei di Roma, ospitata a Palazzo Farsetti, a offrire ad Hayez lo spunto più importante per il suo studio sull’antico: ne ricalca i rilievi e si esercita ore e ore nella copia.
Nel 1806 viene ammesso alla Nuova Accademia di Belle Arti di Venezia, e nel 1809, vince l’Alunnato di Roma, concorso indetto dall’Accademia, che gli consente tre anni di formazione a Roma : qui entra in contatto con Antonio Canova (Possagno, 1 novembre 1757 – Venezia, 13 ottobre 1822) e ha modo di approfondire le opere dei grandi Maestri. Tornato a Milano, nel 1820, presenta il dipinto “Pietro Rossi, prigioniero degli Scaligeri” (Olio su Tela,cm. 157,5 x 131 – 1818-20), un soggetto contemporaneo calato in pieno contesto medioevale, portatore di messaggi nazionalistici, che gli vale l’accettazione non soltanto del mondo accademico, ma anche politico. Diviso tra arte e impegni accademici, nel 1822, viene chiamato come supplente all’Accademia di Brera, della quale diviene poi presidente nel 1860. Nel 1831, viene nominato socio corrispondente dell’Accademia di Belle Arti a Napoli e membro dell’ Accademia di Vienna, nel 1836. Ma, con il fallimento dei moti mazziniani e la conseguente delusione, le grandi composizioni a soggetto storico degli anni Venti e Trenta lasciano il posto a dipinti melodrammatici, quali Allegorie della crisi degli ideali risorgimentali, come è possibile osservare in “Pensiero malinconico” (Olio su Tela, cm.140 x 104 – 1842). Ma la sua eccellente produzione artistica ha la massima resa dei suoi studi accademici attraverso la rappresentazione dei suoi ritratti: “Cavour” (Olio su Tela, cm. 79 x 64 – 1864) ; “Massimo d’Azeglio” (Olio su Tela, cm. 118 x 92 – 1860) o ancora, grandi esponenti della letteratura italiana quali “Manzoni” (Olio su Tela, cm. 117 x 91 – 1841). Ma la sua opera più celebre rimane senz’altro “Il Bacio” (Olio su Tela,cm.110 x 88 –1859), presentato a Brera all’esposizione annuale. Non più una raffigurazione cronachistica, ma una composizione simile ad una scenografia teatrale, dalle tonalità cangianti e smaltate, forse ispirato a un poema letterario o a un dramma, inquadrata come nello stile del pittore in un contesto medievale, ma perfettamente rispondente al gusto romantico dell’epoca. Negli ultimi anni, a causa della malattia e della conseguente morte della moglie, nel 1869, Hayez rinuncia ad alcuni incarichi accademici. Nel 1873, dona alcune sue opere all’ Accademia di Brera e muore il 12 febbraio del 1882, a Milano.
Elisa Medda