Iniziarono con non consentire agli Ebrei l’utilizzo dei mezzi pubblici tranne un’unica linea tramviaria riservata a loro, per poi segregarli nel Ghetto.
Il ghetto di Varsavia, il più grande ghetto europeo, è stato istituito dai nazisti nel 1940 nella vecchia città di Varsavia. La zona, era già conosciuta come l’antico “ghetto ebraico” di Varsavia, prima dello scoppio della seconda guerra mondiale era abitata prevalentemente da ebrei di Varsavia, considerata la più grande comunità ebraica dopo quella di New York.
Tutto iniziò il 1° settembre del 1939, quando l’esercito di Adolf Hitler invase la Polonia, dando inizio alla seconda guerra mondiale. L’esercito polacco venne velocemente sconfitto dai tedeschi che l’8 settembre raggiunse il distretto di Varsavia. I polacchi, inutilmente, hanno atteso l’intervento da parte degli Alleati, Francia e Gran Bretagna, che avevano dichiarato guerra alla Germania il 3 settembre.
Dopo la spartizione della Polonia, nelle zone meridionali ed orientali vengono costituite una sorta di “colonia”, denominato “governatorato Generale”, ossia un luogo senza garanzie costituzionali ed internazionali, governato unicamente in base al “diritto di occupazione”, dove vivevano 12/15 milioni di abitanti, e dove, nei piani di Heydrich, dovevano essere trasferiti circa 1.000.000 di ebrei. Al posto di governatore o Reichsprotektor fu nominato Hans Frank, avvocato personale di Adolf Hitler e ministro della giustizia della Baviera, ricevette in seguito anche il grado di obergruppenführer delle SS.
Le unità di eliminazione delle SS uccisero immediatamente migliaia di cittadini polacchi con esecuzioni di massa ed il 21 settembre, mentre le operazioni militari erano ancora in corso, il Brigadeführer Reinhard Heydrich, comandante della Gestapo insieme ad Heinrich Himmler, pianificò la deportazione dei Ebrei nei ghetti urbani delle città polacche. Il primo passo verso “la soluzione finale della questione ebraica”.
Intanto nella Polonia occupata iniziava il processo d’isolamento della popolazione ebraica: inizialmente nei ghetti privi di mura, poi obbligo d’indossare bracciali raffiguranti la stella di David.
Dopo la fine della campagna di Polonia, nell’ottobre del 1939, le autorità tedesche censirono 359.827 ebrei, a cui se ne aggiunsero circa 150.000 trasferiti dalla provincia. Tutti vennero trasferiti nel nuovo ghetto, istituito nell’estate del 1940 come campo di quarantena e successivamente, con un’ordinanza emanata il 2 novembre dal Ludwig Fischer, governatore del distretto di Varsavia; l’ordinanza venne motivata al fine di evitare il pericolo di epidemie e più di 500.000 ebrei, circa la dell’intera popolazione della città, erano segregati in un ventesimo dell’intero territorio metropolitano.
Nell’agosto del 1940 si iniziò la costruzione del muro che separava il ghetto dal resto della città, uno spazio di quattro chilometri di lunghezza e circa due e mezzo di larghezza, racchiudeva in sè un antico ghetto medievale, le vie del rione industriale ed era attraversato dall’autostrada Berlino – Poznań, che lo divideva in due parti; il ghetto grande ed il ghetto piccolo. In alcuni casi quando il muro tagliava cortili ed isolati, gli ingressi dei palazzi e delle finestre che davano sull’esterno.
Il Ghetto era stata concepita con 14 accessi, inizialmente non soggetta a prescrizioni troppo rigide, ma successivamente alcuni di questi accessi furono chiusi, ed i rimanenti iniziarono ad essere molto controllati con barriere e filo spinato. Gli ebrei potevano uscire solo per motivi di lavoro, scortati da guardie polacche ed ucraine.
La costruzione terminò il 16 novembre e la segregazione divenne più pressante. Le disposizioni del governatore di Varsavia permetteva di aprire il fuoco sugli ebrei che osavano ad avvicinarsi troppo al muro.
Le comunicazioni postali furono proibite, le linee telefoniche e tranviarie furono interrotte ed, all’interno del ghetto era consentita solo una linea di tram a cavalli, contrassegnata dalla stella di David, gestita dalla ditta Kohn & Heller, due ebrei vicini alla Gestapo. Non vi erano aree verdi e spesso erano privi di gas ed energia elettrica.
Le razioni alimentari erano scarse, limitate a 920 grammi di pane a settimana e 295 grammi di zucchero, 103 grammi di marmellata e 60 grammi di grassi al mese.
Per disposizione dell’autorità tedesca, ogni giorno, ad ogni residente tedesco di Varsavia spettavano 2.310 calorie, 1.790 agli stranieri, 634 ai polacchi e 184 agli ebrei.
Le condizioni di vita peggioravano sempre di più: gli abitanti del ghetto si indebolivano sempre di più, alimentando malattie come il tifo e tubercolosi, contribuendo alla morte progressiva della popolazione.
Lo spazio del ghetto fu ulteriormente ridotto e la media di mortalità per fame aumentava, le malattie e maltrattamenti crebbero in modo esponenziale, tanto che nel 1941 si registrò una media di 2.000 decessi al mese. Il 20 gennaio del 1942, durante la conferenza di Wannsee, fu deciso e pianificato lo sterminio di tutta la popolazione ebraica residente in Europa. Durante la conferenza, Hans Frank aveva accolto favorevolmente l’ordinanza, disposta nel 1940, che consentiva alla polizia tedesca di sparare a vista a tutti gli ebrei per la strada, sostenne apertamente che lo scopo della guerra non era solo la conquista dello spazio vitale, ma anche l’eliminazione totale degli ebrei.
I tedeschi non esercitarono direttamente il controllo dei ghetti, preferivano affidarlo a “consigli ebraici o Judenrat”, eletti dagli stessi ebrei o selezionati dai tedeschi, i quali avevano il compito di porsi come tramite tra l’autorità tedesca ed i residenti dei ghetti. Tra i loro compiti principali vi era quello di selezionare e reclutare manodopera ebraica per i lavori forzati nelle industrie tedesche, civili e belliche, per la pulizia delle strade, per lo scavo di canali e per costruire installazioni militari. lo Judenrat era responsabile anche dell’ordine pubblico, con una una propria forza di polizia, della distribuzione delle razioni alimentari fornite dai tedeschi e del controllo delle epidemie di tifo e di tubercolosi.
Nel ghetto di Varsavia lo Judenrat era presieduto dall’ingegnere Adam Czerniaków, che svolgeva, oltre alle funzioni sopracitate, anche quelle scolastiche ed amministrative.
Il 18 gennaio del 1943, organizzarono la deportazione di 8000 operai ad est, un gruppo di questi, in possesso di armi precedentemente contrabbandate nel ghetto, fece fuoco contro gli aguzzini, i quali, impreparati ad una simile reazione, si ritirarono velocemente con delle perdite. Questa improvvisa reazione non consentì nei due mesi successivi altri trasferimenti e lo Judenrat comunicò ai tedeschi che “il suo potere era passato ad altre mani”.
Il 17 aprile giunse a Varsavia la SS, con l’incarico di sopprimere qualsiasi fenomeno di ribellione nel ghetto. Il giorno successivo, su ordine diretto di Himmler: “annientare gli ebrei ed i banditi del quartiere ebraico”, si organizzò l’operazione stabilito per il 19 aprile, ossia il giorno precedente al compleanno di Hitler, tale annientamento del ghetto avrebbe dovuto essere un regalo di compleanno per il Fuhrer. I tedeschi entrarono nel ghetto con carri armati e 2090 uomini che vennero accolti dal tiro incrociato dei membri dell’organizzazione ebraica di combattimento, i quali combatterono non con l’intento di sconfiggere gli invasori ma di “morire con dignità, senza la minima speranza di vittoria”.
La battaglia continuò per tutto il mese e gli ebrei del ghetto dovettero resistere senza ricevere alcun aiuto dall’esterno.
Il 16 maggio venne comunicato a Berlino che il quartiere ebreo di Varsavia “non esiste più”. I tedeschi dichiararono la perdita di 16 soldati e 90 feriti, l’uccisione di 56.000 ebrei e la deportazione dei superstiti.
Venne fatta saltare anche la grande sinagoga di Varsavia, sita al di fuori delle mura del ghetto.
Soltanto 100 dei 750 ebrei che parteciparono materialmente alla rivolta riuscirono a sopravvivere.
David Zahedi