GEORGE HARRISON, UNA VITA DI RICERCA OLTRE “THE BEATLES”

The Beatles – Paul McCartney, George Harrison, Ringo Starr, John Lennon

« Non sono che uno dei tanti che sa suonare un po’ la chitarra. So scrivere un po’. Non credo di saper fare nulla particolarmente bene, ma credo che, in un certo senso, sia necessario che io sia esattamente così » (George Harrison, 1971)

“Sono nato a Liverpool, 12 Arnold Grove, nel febbraio 1943. Mio padre era stato marinaio, ma allora guidava gli autobus. Mia madre veniva da una famiglia irlandese di nome French, e aveva tanti fratelli e sorelle. Mia madre era cattolica, mio padre no; dicevano sempre che chi non era cattolico era protestante, ma lui sembrava che non fosse di nessuna chiesa.” (George Harrison)

George Harrison ha sempre sostenuto di essere nato un giorno prima della data di nascita che gli è sempre stata attribuita, e cioè il 24 febbraio. Questa affermazione era stata sconfessata dalla sorella Louise, che sosteneva che la loro madre aveva scritto sul proprio diario che George era nato alle 00.10 del 25 febbraio 1943, dieci minuti dopo la mezzanotte.

George Harrison
The Beatles

George Harrison (Liverpool, 25 febbraio 1943 – Los Angeles, 29 novembre 2001) è stato un cantautore, polistrumentista, compositore, attore, produttore cinematografico e discografico britannico, che dal 1960 al 1970 è stato il chitarrista solista e cantante del complesso musicale dei Beatles, conosciuti anche come Fab Four (il favoloso quartetto)”.  Dopo lo scioglimento del gruppo avvenuto il 31 dicembre 1970, George, come gli altri tre componenti, ha intrapreso la carriera individuale, sia come musicista che come produttore musicale e cinematografico. Fu anche un fondatore e membro del gruppo dei “Traveling Wilburys”, un supergruppo musicale attivo dal 1988 al 1990, composto da esponenti di spicco del panorama rock come Bob Dylan, Tom Petty, Jeff Lynne, Roy Orbison e George Harrison.

Dal 15 marzo 2004 il suo nome figura nella “Rock’n’Roll Hall of Fame”, dedicato alla memoria di alcuni tra i più importanti e influenti artisti, produttori, ingegneri del suono e personalità che hanno influenzato l’industria musicale..

Nel periodo “The Beatles” George scrisse per il gruppo 25 canzoni. Dal secondo album del gruppo, With the Beatles, pubblicato il 22 novembre 1963, troviamo lui come autore una media di due o più brani; hanno riscontrato un grande successo i suoi brani composti negli ultimi anni del gruppo come “While My Guitar Gently Weeps” del 1968, “Something” e “Here Comes the Sun” del 1969.

“All Things Must Pass” è stato il suo terzo album da solista e il primo dopo il scioglimento del gruppo, l’album conteneva i suoi brani che non erano stati pubblicati negli ultimi album dei Beatles. Oltre al lavoro da solista collaborò anche con Ringo Starr, Eric Clapton, Jeff Lynne e Tom Petty.

George Harrison

George, già nella seconda metà degli anni sessanta, viene attratto dalla cultura e dalla musica indiana e ne divenne profondo estimatore; influenzò la musica dei Beatles con la sonorità di origine indiana, e successivamente anche nel proprio lavoro solista. Nel 1971, con il musicista indiano Ravi Shankar organizzò, il celebre “The Concert for Bangladesh”, il primo concerto benefico nella storia della musica, in cui parteciparono anche Starr, Clapton, Shankar e Bob Dylan. L’obbiettivo era quello realizzare una “reunion dei Fab Four, ma John Lennon declinò l’invito poiché non si voleva la partecipazione della moglie Yoko Ono, mentre Paul McCartney si rifiutò per la presenza di Allen Klein fra gli organizzatori.

Copertina del Cloud Nine

George Harrison era il più piccolo e timido di quattro figli di un autista di autobus, la madre si accorse della sua passione per le chitarre, che disegnava sui quaderni scolastici, nel 1957, decise di regalargliene una di seconda mano. Era una Gretsch modello “Duo Jet” da cui George non si separò più e, nel 1987, lo esibì orgoglioso sulla copertina dell’album Cloud Nine.

Così iniziò a suonare e nel 1956 fondò assieme al fratello maggiore e ad alcuni amici il gruppo “Rebels”. Intanto lavorava come elettricista.

Nel 1958, il suo compagno di scuola Paul McCartney, lo presentò a John Lennon, leader del gruppo dei Quarrymen, attivo dal 1956 al 1959.

« Così Paul e io viaggiavamo sullo stesso autobus, indossavamo la stessa uniforme della scuola, tornavamo a casa dal Liverpool Institute. Scoprii che aveva una tromba e lui scoprì che io avevo una chitarra, e ci mettemmo insieme. Io avevo circa tredici anni, lui forse ancora tredici anni, o già quattordici. » (George Harrison)

Del periodo in cui incontrò John, George disse:

“Io e John ci vedevamo molto, veniva spesso a casa mia. Mia madre era una grande appassionata di musica e le faceva veramente piacere che io me ne interessassi; era stata lei a comprarmi la chitarra ed era veramente felice di avere i ragazzi del gruppo per casa, John non vedeva l’ora di andarsene da casa sua per via della zia Mimi, che era molto severa e rigida; era sempre molto imbarazzato da Mimi e imprecava contro di lei. Ricordo una volta d’essere andato a casa di John, subito dopo esserci incontrati. Frequentavo ancora l’Institute e sembravo un po’ giovane; cercavamo di avere un aspetto da Teddy boy, e io dovevo esserci riuscito bene perché non piacqui per nulla alla zia Mimi. Rimase sconvolta e disse: “Guardalo! Perché hai portato a casa mia un tipo simile? È orribile, sembra un Teddy boy”. E lui: “Stai zitta, Mary, stai zitta”. Così veniva parecchio a casa mia e mia madre ci offriva dei bicchierini di whisky.” (George Harrison)

Nei primi mesi del 1960 il gruppo adottò il nome di “The Beatles”, che venne ideato da Lennon e Stuart Sutcliffe (Edimburgo, 23 giugno 1940 – Amburgo, 10 aprile 1962), un compagno di scuola di John che divenne poi bassista del gruppo.

« L’origine del nome è oggetto di contesa. John diceva di essere stato lui a inventarlo, ma ricordo che Stuart era con lui la notte prima. C’era quell’analogia con i Crickets, che accompagnavano Buddy Holly; ma Stuart era completamente perso per Marlon Brando e nel film Il selvaggio c’è una scena in cui Lee Marvin dice: “Johnny, ti stavamo cercando, sei mancato molto ai Beetles, a tutti i Beetles”. Forse John e Stu stavano pensando proprio a quello. Quindi diamolo cinquanta/cinquanta a Sutcliffe-Lennon. » (George Harrison)

Il 1960 fu l’anno del primo ingaggio ufficiale dei Beatles ad Amburgo: un’esperienza non felice che venne boicottato dalla probabile segnalazione del primo impresario del gruppo che era stato abbandonato dal gruppo per un contratto più favorevole. L’ingaggio si concluse con il loro rimpatrio forzato in Inghilterra poichè la polizia tedesca era venuta a conoscenza che Harrison era ancora minorenne e non aveva il permesso di lavoro.

Il contributo di Harrison nel gruppo era quello di dare alla chitarra un ruolo più predominante.  La sua prima composizione per i Beatles fu “Don’t Bother Me”, inclusa nell’album With the Beatles del 1963. George in seguito continuò a scrivere: altre sue canzoni sono “You Know What to Do” del 1964, “I Need You” e “If I Needed Someone” entrambe del 1965), “Taxman” e “I Want to Tell You” del 1966.

George harrison e Ravi Shankar

Dal 1965 Harrison iniziò ad allargare i suoi interessi verso altre culture e  conobbe il maestro indiano Ravi Shankar (Varanasi, 7 aprile 1920 – San Diego, 11 dicembre 2012), con il quale iniziò a studiare ed a suonare il sitar.

Fu fortemente influenzato dalla musica e religione indiana, evidenti nelle sue composizioni successive sia con i Beatles che da solista. George, grazie per la sua inclinazione alla sperimentazione musicale, nell’attività del gruppo assunse un ruolo di primo piano, sia per il suo stile inconfondibile di chitarrista, che come autore delle canzoni.

“Per tutti quegli anni c’è stato fra noi un legame molto stretto. I Beatles non potranno mai dividersi davvero perché, come abbiamo detto al momento della separazione, non c’è davvero nessuna differenza. La musica c’è, i film sono ancora lì. Qualsiasi cosa che abbiamo fatto c’è ancora e ci sarà per sempre. Quel che c’è, c’è, non era poi così importante. È un po’ come Enrico VIII, o Hitler, o uno di quei personaggi storici sui quali si fanno sempre vedere dei documentari: il loro nome resterà scritto per sempre e senza dubbio lo sarà anche quello dei Beatles. Ma la mia vita non è cominciata con i Beatles e non è finita con loro”. (George Harrison)

Con il scioglimento del gruppo, George ventisettenne con una sua forte identità musicale era pronto per iniziare la carriera solista. Il vero e proprio esordio avvenne nel 1970 con “All Things Must Pass”, un album ambizioso e di grossa mole in cui poté mettere pienamente in luce la maturità artistica raggiunta. Il disco è triplo, co-prodotto con Phil Spector e registrato con Eric Clapton e Dave Mason, ed è unanimemente considerato il suo capolavoro. Quando uscì sorprese notevolmente la critica, che aveva sottovalutato per lungo tempo il talento del chitarrista ed ottenne un notevole successo di pubblico, arrivando a vendere la sorprendente quantità di circa sette milioni di copie in tutto il mondo, di cui circa la metà negli Stati Uniti. Il pezzo forte dell’album era il singolo My Sweet Lord, brano di enorme successo che arriva primo nella Billboard Hot 100 per quattro settimane e più tardi accusato di plagio per avere la melodia troppo simile a quella di He’s So Fine, un successo delle Chiffons risalente ai primi anni sessanta.

« La mia idea per “My Sweet Lord”, visto che suonava come una canzone pop, era di metterci dentro di soppiatto qualcosina. Il punto era fare in modo che la gente non venisse offesa con l'”Alleluia”; quando si arriva a “Hare Krishna”, sono ormai già presi, il loro piede sta tenendo il ritmo, e stanno cantando “Alleluia”, il che li culla in un senso di falsa sicurezza. E ad un tratto diventa “Hare Krishna”, e si mettono a cantarlo prima di capire cosa sta succedendo, e penseranno “Ehi, credevo di immaginare che non mi piacessero gli Hare Krishna!”. » (George Harrison, 1982)

Nel 1971 Harrison viene denunciato per il plagio tra My Sweet Lord e He’s So Fine. La causa arrivò in tribunale nel 1976, ben cinque anni dopo, con una sentenza secondo cui Harrison aveva inconsciamente plagiato la canzone e fu per questo accusato di “plagio inconsapevole” con una multa di oltre 1.600.000 dollari. In seguito si scoprì, però, che il suo manager di allora Allen Klein faceva il doppio gioco, “comprando” il caso e cercando di acquistare per sé i diritti di He’s So Fine. In questo modo, Harrison avrebbe dovuto pagare la multa comminatagli dal giudice al suo ex-manager. Di conseguenza, fu intentata un’altra causa, che terminò nel 1990 con la cessione ad Harrison dei diritti della canzone plagiata nei mercati più importanti dietro il pagamento delle sole spese che Klein sostenne, pari a 576.000 dollari.

Nell’estate del 1971, Harrison accettò l’invito di Ravi Shankar per organizzare il celebre concerto per il Bangladesh, iniziativa benefica a favore delle popolazioni di profughi dalla guerra civile tra India e Pakistan che portò alla costituzione dello Stato del Bangladesh. L’evento fu la prima iniziativa musicale di beneficenza di ampia portata ed ebbe una risonanza mondiale. Il 1º agosto furono organizzati due spettacoli dal vivo al Madison Square Garden di New York con il “tutto esaurito” grazie alla presenza di ospiti illustri quali Bob Dylan, Ravi Shankar, Eric Clapton, Leon Russell e Ringo Starr (Liverpool, 7 luglio 1940). I concerti furono seguiti da circa 40.000 persone e il secondo concerto fu registrato e pubblicato sul triplo LP live intitolato The Concert for Bangla Desh del 1971, che ottenne un notevole successo in tutto il mondo, vendendo circa cinque milioni di copie.

Nel 1972, venne realizzato “the Concert for Bangladesh” un film concerto dallo stesso titolo. George Harrison e Ravi Shankar ricevettero poi il premio “Child Is The Father of the Man” dall’UNICEF, come riconoscimento per gli impegni umanitari, mentre, nel 1972, il doppio album ricevette il premio “Album dell’anno” ai Grammy Award.

Fu un duro colpo per Harrison, quando nel 1972, i funzionari del Fisco americano sollevarono varie questioni sul fatto che l’album non fu considerato una pubblicazione benefica, e quindi fu soggetta all’applicazione sui proventi della normale tassazione per le pubblicazioni standard, con il blocco di una consistente parte dei fondi fino al 1981.

Nel 1973, dopo la spiacevole esperienza fiscale americana, Harrison istituì la “Material World Charitable Foundation”, una fondazione benefica per tutto il mondo. Alla fondazione donò i proventi derivanti dai diritti d’autore di alcune canzoni incluse nel suo album successivo, Living in the Material World, con oltre quattro milioni di copie vendute. Dai testi di molte canzoni del cantautore si percepiva quanto Harrison fosse preoccupato per le condizioni del mondo e quanto fosse interessato alla spiritualità e non alla materialità.

Nel 1974 Harrison fondò una propria etichetta discografica, la “Dark Horse Records”, la cui prima scrittura andò all’amico e maestro di sitar Ravi Shankar, organizzando con lui un tour di cinquanta concerti in nord America, con l’uscita dell’album Dark Horse e del singolo omonimo. A causa della sua laringite, le sue performance vocali durante i concerti furono alquanto deboli. Harrison decise comunque di portare a termine la tournée che, sebbene ben seguita dal pubblico, ricevette critiche pesantemente negative da parte della stampa americana che aveva messo in discussione addirittura la reputazione nel music business internazionale. Per questa reazione negativa, le vendite del nuovo album furono compromesse tanto da vendere la metà del previsto. Il contesto negativo contribuì a favorire il graduale distacco di Harrison dal palco. Le sue apparizioni pubbliche furono sporadiche e sempre più rare.

La sua attività discografica continuarono con nuovi album, mantenendo le vendite piuttosto alte. Nel 1975 pubblicò l’album Extra Texture (Read All About It) che portò al successo il singolo “You”.

L’anno seguente uscì, invece, Thirty-Three & 1/3 che portò al successo i singoli “This Song” e “Crackerbox Palace”. Dopo oltre due anni uscì l’album George Harrison, il suo decimo album solista pubblicato nel 1979 dala sua etichetta Dark Horse Records che portò al successo il singolo Blow Away.

Alla fine degli anni settanta Harrison iniziò a concentrarsi su altre passioni: quello delle corse automobilistiche di Formula Uno e la cura attenta per lo splendido parco della sua tenuta di Friar Park, nei pressi di Oxford.

tenuta-friar-park-the-home-of-beatle-george-harrison
Friar Park di Henley-on-Thames

 

 

 

 

George Harrison e James Hunt

Nello stesso periodo si interessò anche all’industria cinematografica, finanziando la produzione del film “Life Of Brian” del 1978, inizialmente rifiutato dalla Warner Brothers. Il film ebbe tanto successo da indurlo a fondare la casa di produzione “HandMade Films”, con l’obiettivo di finanziare pellicole dal budget contenuto, che le case più grandi rifiutavano.

Nel frattempo, anche la sua vita privata aveva raggiunto la stabilità. Difatti, dopo il divorzio dalla prima moglie Pattie Boyd, nel 1978 si sposò con Olivia Trinidad Arias, la ex-segretaria della Dark Horse. Dalla loro unione è nato il figlio Dhani.

Nel 1979 Harrison pubblicò, prima in edizione limitata (Genesis Publications) poi nel 1980 in edizione commerciale, il libro I, Me, Mine, una breve autobiografia in cui raccontava retroscena del periodi dei Beatles e del suo difficile rapporto con la fama e con lo show business.

Negli anni ottanta si dedicò prevalentemente alla produzione cinematografica, ottenendo buoni successi internazionali come produttore. Verso la metà del decennio la sua casa di produzione diventò una presenza assidua ed importante nell’ambito del cinema indipendente britannico. Nel 1994 fu costretto a vendere la Hand Made Films, per difficoltà finanziaria.

Nel 1981, l’undecimo album di Harrison, Somewhere in England, uscì con parecchi ritardi e fu presentato sul mercato in un’edizione differente da quella inizialmente prevista perché era considerata dalla casa discografica al di sotto dello standard qualitativo di Harrison.

Così George Harrison dovette sostituire quattro brani, tra i quali la bella “All Those Years Ago”, suo personale tributo all’ex-collega John Lennon (Liverpool, 9 ottobre 1940 – New York, 8 dicembre 1980), recentemente assassinato. Il singolo, a cui parteciparono lo stesso Ringo, Paul e Linda McCartney, diventò un immediato successo, raggiungendo il primo posto in Canada, il secondo posto negli Stati Uniti e quasi tutte le Top 20 internazionali.

Nonostante il successo dell’ultimo album, Harrison non riusciva più a relazionarsi con la musica richiesta dal mercato, e per obbligo contrattuale con la Warner Brothers, nel 1982, registrò l’album “Gone Troppo” per il quale, tuttavia, si rifiutò ad effettuare una promozione adeguata e di conseguenza l’album fu un tremendo fiasco.

Nei cinque anni successivi, a parte gli impegni nel campo della cinematografia, Harrison  rimase lontano dalle cronache con poche apparizioni pubbliche.

Dopo l’insuccesso di Gone Troppo, fece il suo grande ritorno con “Cloud Nine”, pubblicato il 2 novembre 1987. La copertina ritrae Harrison orgoglioso con la sua prima chitarra regalata dalla madre.

Il disco segnò il ritorno al grande successo dell’ex dei Beatles, grazie soprattutto alla grande popolarità che raggiunse la canzone “Got My Mind Set on You”, un brano musicale composto da Rudy Clark e originariamente inciso ed interpretato dal cantante James Ray nel 1962. L’album è stato rimasterizzato nel 2004, con 2 bonus track prese dalla colonna sonora del film Shanghai Surprise, il film del 1986 diretto da Jim Goddard e interpretato da Sean Penn e da Madonna. Harrison fu anche il co-produttore esecutivo nonché il coautore della colonna sonora; apparve anche in un cameo come cantante in un night. Il disco si avvale della presenza di altri illustri colleghi quali Gary Wright, Eric Clapton, Elton John e Ringo Starr.

Il successo di “Got My Mind Set on You” è stato anche per merito del sofisticato e divertente videoclip in cui si vedono Ringo Starr nel ruolo del batterista, Jeff Lynne in quello di un suonatore di violino ed Elton John in quello di un passante che fa l’elemosina a Harrison non accorgendosi di essere derubato dallo stesso.

Verso la fine del 1988 Harrison partecipò a Traveling Wilburys, un supergruppo musicale composto da Bob Dylan, George Harrison, Tom Petty, Jeff Lynne e Roy Orbison.

Il periodo nero era ormai solo un cattivo ricordo e quando Paul McCartney, dopo tanti anni, gli propose di tornare a comporre insieme, lui rifiutò e preferì continuare a lavorare con chi aveva sempre continuato a credere in lui senza mai criticarlo.

Il 6 dicembre 1993, Harrison fu poi il primo musicista insignito del “Century Award”, prestigioso riconoscimento alla carriera da parte della rivista statunitense Billboard.

Nel 1994, per problemi finanziari, Harrison fu costretto a vendere la sua casa cinematografica “HandMade Films” che lo portò a problemi legali durati a lungo.

Nello stesso anno, Harrison insieme con Paul McCartney e Ringo Starr torna in studio di registrazione per il progetto “The Beatles Anthology”, realizzato tra il 1995 ed il 1996 in un film-documentario e ben tre doppi album. Nonostante le critiche, il progetto ha avuto il potere di consolidare ulteriormente il mito dei Beatles.

Dopo “The Beatles Anthology”, nel 1995, Harrison lavorò su “In Celebration”, un box antologico di Ravi Shankar. Successivamente, nel 1997, lavorò poi alla produzione di “Chants of India”, il nuovo album di studio del musicista indiano.

Nel 1998, Harrison dichiarò di avere sofferto di un tumore alla gola, rincuorando i propri fan dichiarandosi completamente guarito.

Il 30 dicembre 1999, Harrison venne pugnalato al torace da Michael Abram che si era introdotto nella sua residenza inglese durante la notte sfondando una delle porte a vetro. Fu salvato dalla moglie Olivia, che colpì l’aggressore sulla testa con un attizzatoio.

Nel 2000 curò la realizzazione di una edizione rimasterizzata del celebre album All Things Must Pass, pubblicata all’inizio del 2001, nella quale tra l’altro aggiunse “My Sweet Lord 2000”, una versione moderna di My Sweet Lord. nello stesso periodo, Harrison anticipò la pubblicazione di un nuovo “album – box antologico” con nuove ristampe degli album del catalogo Dark Horse Records.

Nel luglio del 2001, fu diffusa la notizia che Georges Harrison era stato ricoverato in una clinica svizzera per il tumore al cervello, sviluppatosi dopo il tumore a un polmone.

George Harrison muore di cancro, il 29 novembre 2001, a Beverly Hills nella villa di Ringo Starr, il suo corpo è stato cremato e come aveva chiesto le ceneri, raccolte in una scatola di cartone, sono state poi sparse secondo la tradizione induista nel Gange, il fiume sacro indiano, secondo la tradizione induista.

In un comunicato diffuso dopo la morte, la famiglia ha dichiarato: “Ha lasciato questo mondo come aveva vissuto, pensando a Dio, senza paura della morte, in pace e circondato dalla famiglia e dai suoi amici. Spesso diceva: Tutto può aspettare ma la ricerca di Dio no. E neppure l’amore reciproco”.

La sua scomparsa ha suscitato commozione in tutto il mondo, compresi personaggi importanti come Tony Blair, la Regina Elisabetta II del Regno Unito, gli amici di sempre Paul McCartney e Ringo Starr piangendolo sapendo che la sua chitarra non avrebbe più suonato.

“Nell’insieme non avrebbe proprio importanza se non avessimo mai fatto dischi o cantato una canzone. Non è importante quello. Quando muori avrai bisogno di una guida spirituale e di una conoscenza interiore che vada oltre i confini del mondo fisico. Con queste premesse direi che non ha molta importanza se sei il re di un paese, il sultano del Brunei o uno dei favolosi Beatles; conta quello che hai dentro. Alcune delle migliori canzoni che conosco sono quelle che non ho scritto ancora, e non ha neppure importanza se non le scriverò mai perché sono un niente se paragonate al grande quadro.” (George Harrison)

L’ultimo album, “Brainwashed” è stato pubblicato nel 2002, un anno dopo la morte, e ha ottenuto ottime recensioni da parte della critica. Il disco raccoglie undici nuove canzoni e il remake di “Between the Devil and the Deep Blue Sea”. Lasciato incompiuto da Harrison, il disco è stato successivamente completato da Jeff Lynne e dal figlio Dhani (Windsor, 1º agosto 1978). La volontà di Harrison, per ammissione degli stessi Lynne e Dhani, era di pubblicare l’album come una raccolta di demo. Prima della morte, tra l’altro, Harrison con Lynne stavano lavorando a un’antologia dei Traveling Wilburys.

George Harrison e Pattie Boyd

Nella vita privata George Harrison conobbe la modella Pattie Boyd sul set di “A Hard Day’s Night”, un film del 1964 diretto da Richard Lester in cui lei faceva la comparsa. Pattie e George si fidanzarono e si sposarono il 21 gennaio del 1966 con una semplice cerimonia alla quale parteciparono le famiglie degli sposi e Paul McCartney. Fu proprio Pattie a incoraggiare George a dedicarsi alla religione induista, da lui appena scoperta, e a supportarlo nella meditazione.

Nel 1969 George scrisse la canzone “Something”, nota come una tra le più grandi canzoni d’amore di sempre, giudicata la migliore da Frank Sinatra, dedicata probabilmente a Pattie, nonostante lui avesse confermato più volte che scrivendola aveva pensato a Krishna.

 

Tuttavia, nonostante la coppia fosse considerata “la coppia più bella e felice” del mondo dello spettacolo, dopo qualche anno iniziò la crisi. Nei primi anni settanta, mentre George cercava sé stesso mediante l’induismo e la sua musica, Pattie cominciò a sentirsi trascurata e nella sua autobiografia “Wonderful Today”, racconta che il marito aveva una relazione segreta con Maureen Cox, all’epoca ancora moglie di Ringo Starr.

Eric Clapton, da molti anni amico di George, era innamorato di Pattie e dopo vari tentativi la convinse a lasciare il marito e mettersi con lui. Così, nel 1974, Boyd lasciò George e andò a vivere con Eric Clapton; George non provò a fermarla perché era consapevole che la loro storia era finita. I due divorziarono il 9 giugno del 1977. George non provò rancore nei confronti dell’amico e fu presente al loro matrimonio. George e Pattie rimasero grandi amici per sempre e si frequentarono fino alla fine.

Nel 1974 George conobbe Olivia Arias, la segretaria dell’A&M Records, una ventiseienne di origine messicana. I due si innamorarono e si fidanzarono e dalla loro unione nacque il 1º agosto 1978 il loro unico figlio, Dhani. Il 2 settembre dello stesso anno i due si sposarono.

George, Dhani e Olivia Harrison

Dopo la morte di George, Olivia ha continuato, insieme al figlio Dhani, a portare avanti la musica di George, organizzando concerti in suo onore, ai quali hanno partecipato gli amici di sempre di George come Ringo Starr, Paul McCartney ed Eric Clapton. Olivia, dagli anni ’80, è impegnata come ambasciatrice UNICEF, fondazione per la quale il marito ha lasciato molte risorse economiche e che Olivia Harrison dona per il sostentamento di bambini nel mondo.

 

Adele Baschironi

 

 

 

 

 

Discografia

1968 – Wonderwall Music
1969 – Electronic Sound
1970 – All Things Must Pass
1973 – Living in the Material World
1974 – Dark Horse
1975 – Extra Texture (Read All About It)
1976 – Thirty-Three & 1/3
1979 – George Harrison
1981 – Somewhere in England
1982 – Gone Troppo
1987 – Cloud Nine
2002 – Brainwashed

Filmografia
Tutti per uno (A Hard Day’s Night) (1964)
Aiuto! (Help!) (1965)
Magical Mystery Tour (1967)
Yellow Submarine (1968)
Let It Be – Un giorno con i Beatles (Let It Be) (1970)
George Harrison: Living in the Material World (2011)

Onorificenze
Membro dell’Ordine dell’Impero Britannico – 1965
L’asteroide 4149 Harrison, scoperto nel 1984.