Giambattista Tiepolo (Venezia, 5 marzo 1696 – Madrid, 27 marzo 1770) è riconosciuto oggi come il più capace pittore del Settecento veneziano, dalle tinte soffici e dalle composizioni equilibrate. L’artista si formò nella bottega del veneziano Gregorio Lazzarini, dal quale attinse la propensione ad una certa teatralità, abbinata, nelle prime opere, ad atmosfere alquanto cupe. Di questa iniziale propensione al “tenebroso” rimane traccia nei primi lavori commissionati all’artista, attorno al 1715, come si può riscontrare negli apostoli realizzati nei sottarchi di Santa Maria dei Derelitti. Una delle prime grandi opere del Tiepolo è l’affresco del salone di Villa Baglioni (Massanzago), compiuto tra 1719 e 1720: creando un mirabile effetto illusionistico, l’artista optò per lo sfondamento delle pareti, realizzando un unico grande affresco in grado di ricoprire l’intera superficie del salone. Alle pareti Tiepolo illustrò il Mito di Fetonte, mentre sulla volta raffigurò il celebre Trionfo d’Aurora, uno scorcio di cielo aperto popolato da figure leggiadre, caratterizzate da toni raffinatamente delicati. Negli anni successivi lavorò tra l’altro alla Madonna del Carmine (1722, Milano, Pinacoteca di Brera), alla Gloria di Santa Lucia (Chiesa di Vascon) e al Sacrificio di Isacco, affrescato nel soprarco della chiesa di Ospedaletto (1724), ultimi singulti del primo stile cupo e tenebroso adottato in giovinezza. Con il Trionfo dell’Eloquenza di Palazzo Sandi (1724-1725) , Tiepolo, infatti, compì definitivamente la svolta verso uno stile opposto, fatto di toni luminosi e figure elegantemente delicate, quasi eteree: qui ricorse ancora all’espediente della volta sfondata, dominata da un cielo azzurro con Mercurio e Minerva, e introdotta da un cornicione illustrato con episodi mitologici. Il passaggio a tonalità soffici e splendenti, in parte derivato dalla scoperta della pittura veneta cinquecentesca (ed in particolare dal Veronese) è visibile anche negli affreschi realizzati a Udine, presso il Palazzo Patriarcale (1726): in questo contesto, Tiepolo raffigurò scene d’ispirazione biblica con episodi tratti dalla Genesi e dall’Antico Testamento. In quel periodo, lavorò anche a Milano (1730-1731, presso Palazzo Archinto, Basilica di Sant’Ambrogio e Palazzo Dugnani), Bergamo (1732, Duomo, Cappella Colleoni) e Vicenza (1734, Villa Loschi-Zilieri). Si dedicò inoltre alla decorazione parziale di Santa Maria dei Gesuati a Venezia (1739), dove decorò il coro, il presbiterio e la navata, quest’ultima illustrata con l’Istituzione del Rosario, rappresentante San Domenico in atto di donare il rosario ai fedeli. A partire dagli anni Quaranta del Settecento, lavorò in diverse ville e palazzi privati, privilegiando decorazioni a tematica allegorico-mitologica, quali gli esempi del Carro del sole presso Palazzo Clerici a Milano (1740), del Trionfo della Virtù e della Nobiltà sull’Ignoranza a Villa Cordellina (1743-1744, Montecchio Maggiore), dell’Apoteosi di Vettor Pisani a Palazzo Pisani (1740, Venezia) e del soffitto con La Virtù e la Nobiltà vincono l’Ignoranza del Palazzo Barbarigo (1744-1745, Venezia). Tiepolo però non abbandonò il soggetto religioso, tant’è che a questo periodo si ascrivono numerose tele ed affreschi realizzati per alcune chiese di area veneta. Nel 1743, inoltre, realizzò alcune tele a soggetto antico per Francesco Algarotti, il quale apprezzò l’ariosità delle scene e il tocco leggiadro dell’artista. In linea con le commissioni precedenti, tra il 1746 e il 1747, affrescò il salone da ballo di Palazzo Labia (Venezia), dove rappresentò alcune Storie di Antonio e Cleopatra. In particolare, la volta rappresenta il trionfo della pittura tiepolesca, con Bellerofonte su Pegaso va verso la Gloria e l’Eternità con pose teatrali, colori soffici e audaci visioni di scorcio. Al 1750 risale la trasferta a Würzburg, dove Tiepolo venne chiamato a decorare la residenza del principe K. P. von Greiffenklau con le Storie del Barbarossa e altre scene mitologiche, affreschi sempre in stile illusionistico perfettamente integrati con l’inquadratura in stucco, come già riscontrabile nelle cornici architettoniche dipinte dal collaboratore Mengozzi (il Colonna) nelle ville venete. Tornato a Venezia tre anni dopo, nel 1757 si occupò di Villa Valmarana (Vicenza), presso la quale attuò un programma iconografico d’ispirazione classica e cavalleresca, con scene ispirate all’Odissea (Sacrificio d’Ifigenia ), all’Iliade (Minerva che trattiene Achille dall’uccidere Agamennone), all’Orlando Furioso e alla Gerusalemme Liberata, testimonianza della profonda cultura del committente. In questo caso l’interazione tra architettura dipinta e affresco, crea effetti di continuità spaziale con l’architettura reale, effetti poi dispersi in altre sale, nelle quali si privilegiò l’incorniciatura dei singoli episodi. Prima del successivo trasferimento in terra spagnola, Tiepolo lavorò in altre ville private (es. Palazzo Canossa a Verona), evidenziando una costante predilezione per la costruzione illusionistica e prospettica che, combinata ai colori morbidi e pregni di luce, dona alle sue opere un effetto prezioso, alimentato in una certa misura anche dalla scelta di soggetti mitologico-allegorici e antichi. Questo risultato leggiadro è in qualche modo deviato dalle pose e dai gesti delle figure, spesso teatralmente eloquenti. Chiamato da Carlo III di Spagna, Tiepolo nel 1762 si recò in Spagna dove decorò alcune sale del Palazzo Reale di Madrid (con l’Apoteosi della Spagna, la Grandezza della monarchia spagnola e l’Apoteosi di Enea), realizzò alcune pale per la chiesa reale di Aranjuez (1768) e lavorò al bozzetto per la volta di Sant’Ildefonso a La Granja (1769). Giambattista Tiepolo morì a Madrid il 27 marzo 1770, presto eclissato dalla fama di A. R. Mengs, anch’egli attivo presso Palazzo Reale. Di Tiepolo, oltre alle opere pittoriche, si ricordano alcune incisioni pubblicate come Vari Capricci e gli Scherzi di fantasia, usciti postumi per volere del figlio.
Federica Gennari