SIC come ti amiamo !

Ogni volta che uno di noi ci lascia, diciamo che nulla potrà essere più come prima. 

Spesso è vero, altre volte è solo una frase di circostanza. Ma non per il Sic. Da qualche anno a oggi, da quando quel maledetto incidente ci ha portato via il nostro Marco Simoncelli, il motociclismo ha perso molto più di un suo protagonista. E’ cambiato tutto, perché il destino ci ha tolto l’anima felice e guascona dei GP, quella che aveva in Marco Simoncelli il suo eroe. Talento sopraffino dietro capelli da leone e un sorriso sincero, questo era Marco. La lingua lunga di chi dice quello che pensa, senza cercare la polemica, ma solo perché quel suo essere genuino non poteva restare confinato dietro la criniera. E noi tutti lo abbiamo amato per questo, e continuiamo a farlo. Il motociclismo, un anno fa, ha perso un sorriso e ha trovato tante lacrime, ma altrettanto sincere. Ma se Marco ci vedesse, tristi per la sua mancanza, ci direbbe di non fare gli asini e di andare a dar gas perché “Diobò, è la cosa più bella del mondo”. Se si può mai essere contenti di qualcosa, parlando di un ragazzo morto a 24 anni, io dico che sono felice per lui, perché se ne è andato facendo quello che amava di più. Nato a Cattolica il 20 gennaio 1987, Marco se n’è andato durante il GP di Sepang, in Malesia, il 23 ottobre 2011, dopo un brutto incidente.                                                         La dinamica è talmente incredibile che fa pensare solo a un macabro disegno della sorte: perse il controllo della moto in una curva a destra ma, anziché scivolare verso la tangente, la sua moto ha ripreso aderenza proiettandolo verso centro curva e facendolo impattare con altre due moto che sopraggiungevano. Una delle moto era guidata da Edwards, l’altra era quella di Valentino Rossi, suo grande amico da sempre, che non è riuscito a evitarlo.
L’impatto delle ruote con il casco ha fatto strappare il cinturino e così la protezione più importante è volata via lasciando la testa libera contro l’asfalto. Impossibile prevedere quella dinamica per chi sopraggiungeva e impossibile evitare l’impatto. Tutto è avvenuto in un attimo, poi il ricovero nella rianimazione della Clinica Mobile e, dopo poche decine di minuti, la tragica dichiarazione del decesso. Il dolore degli amici e colleghi si è unito a quello di tutto il paddock e dei milioni di tifosi in tutto il mondo. Il papà Paolo, al suo funerale, non ha chiesto un minuto di silenzio, ma un minuto di rumore, quello della moto, perché è così che avrebbe voluto Marco. C’è poco da aggiungere ai fiumi di parole già scritti su di lui, se non ricordare chi è stato e quello che ha fatto. Campione del Mondo classe 250 nel 2008, il Sic esordì nel 2002 nella 125 laureandosi Campione Europeo su una moto molto piccola per la sua statura sopra la media, un po’ come fu per Valentino Rossi. E in comune con l’amico Vale ha il grande amore dei tifosi, il talento cristallino e la certezza che ai microfoni di Beltramo e Porta, in diretta dai box, avresti sentito sempre dichiarazioni vere, spontanee, lontane anni luce da quello che sarebbe politically correct, ma per questo molto umane e vicine al pubblico degli appassionati. Ha corso con Aprilia, Gilera e Honda, correndo 151 Gran Premi e vincendone 14, con 15 pole position e andando a podio per 31 volte. Numeri importanti, da vero campione. Come il numero 58, quello della sua moto in gara, come i milioni in tutto il mondo che non ricordano Marco solo oggi, perché non l’hanno mai dimenticato.
.
Francesca Gasperi