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Enzo Ferrari non aveva un carattere facile: burbero, deciso, intransigente. Il suo carattere, però, ha creato un mito vincente e poche persone hanno avuto il coraggio di affrontarlo apertamente. Una di queste, sbattendo la porta del suo ufficio a Maranello, ha dato vita a un altro mito, uno di quelli che, seppure per qualche anno, è riuscito a rallentare la corsa trionfale del Cavallino Rampante.
Carroll Shelby e la Shelby A.C. Cobra
Questa persona veniva dal Texas, era un ex pilota e si chiamava Carroll Shelby. Nel 1959, dopo qualche stagione in F1 con Maserati e Aston Martin e dopo aver vinto la “24 ore di Le Mans” sempre con la casa britannica, Shelby è costretto ad appendere il casco al chiodo per un fastidiosissimo problema cardiaco. Si toglie la tuta, ma non vuole sicuramente abbandonare il muretto. Così arriva la chiamata da Maranello, ma Enzo Ferrari non convince Shelby: troppo dittatoriali i modi del patron Ferrari e l’accordo proposto non valorizza l’ex pilota americano. E allora, dopo aver sbattuto la porta dell’ufficio del patron Ferrari, Carrol Shelby va via da Maranello con un’idea ben precisa: battere la Rossa su pista. Torna negli States e fonda la Shelby-American, la sua casa costruttrice, e inizia a cercare un cavallo di razza degno di quello di Enzo Ferrari. A fornirglielo, in un’epica crociata tutta a stelle strisce, ci pensa Ford. Nel 1963, infatti, il colosso di Detroit decide di scendere in pista per strappare il dominio delle Rosse nelle competizioni FIA GT. Alla Ford serve un mago delle corse sufficientemente motivato nell’impresa e trova in Shelby il partner ideale. Potenza, potenza bruta e velocità. Ecco la ricetta di Shelby per Ford. Dal matrimonio fra l’ex pilota e il costruttore di Detroit nasce un piccolo gioiello: la Shelby A.C. Cobra. Scocca e telaio inglesi della A.C. Cars per un peso ridottissimo (1311 kg) e motore Ford V8 per garantire potenza a sufficienza, la roadster americana scende subito in pista e nel 1963 porta a casa il titolo del campionato americano per vetture di serie. Ovviamente, è solo l’inizio.
I primi successi della A.C. Cobra
Per attraversare l’Atlantico e sfidare sul territorio europeo la Ferrari, la Cobra ha bisogno di più potenza. Carroll Shelby e il suo capo progettista, Phil Remington, pensano a un nuovo ibrido: un motore NASCAR su un’auto GT. La nuova Cobra, prototipo della Daytona A.C. Cobra, monta il motore Ford 427 Side Oiler da 7 litri che offre ben 150 cavalli di potenza supplementare. L’auto diventa un vero e proprio missile, difficile da domare per il suo rapporto peso-potenza per cui anche le sospensioni e l’aerodinamica sono da ritoccare. Proprio a causa dei nuovi alettoni, la FIA non consente immediatamente l’omologazione per i campionati internazionali e le malelingue dell’epoca sostengono che dietro questa reticenza ci fosse lo zampino, neanche a dirlo, di Enzo Ferrari. Alla fine, dopo qualche modifica e tantissime lotte politiche, l’omologazione arriva e nel 1964 arrivano anche i primi successi: “12 ore di Sebring classe GT”, “24 ore di Le Mans classe GT” (con il record di 310 km/h come velocità di punta) e il RAC Tourist Trophy. Alla fine della stagione Shelby tuona un autoesplicativo “Ferrari’s ass is mine” e l’A.C. Cobra si prepara alla grande sfida: l’International Championship for GT Manufacturers.
La vittoria sull’autodromo di Monza e il ritiro dalle corse
Con un campionato sorprendente, la Shelby A.C. Cobra vince il titolo profanando anche il tempio di casa Ferrari: l’autodromo di Monza. La guerra Cobra – Ferrari sembra incredibilmente aver preso una nuova e interessantissima piega a favore della casa americana, eppure, a volte, la sorte non ha troppa pietà. Così come la carriera di Shelby si interruppe improvvisamente per i suoi problemi cardiaci anche il sodalizio Shelby – Ford va incontro a un infausto destino. Nel 1966, durante i test per il nuovo motore Ford, Ken Miles, uno dei principali collaboratori di Shelby, muore durante una sessione di prova. Shelby è distrutto e decide di porre fine alla sua linea di vetture da corsa. Si porta con sé la gloria della A.C. Cobra, vettura che ha saputo sfidare e battere su pista la Ferrari GTO delle meraviglie e che ha regalato alla storia dell’automobilismo mondiale attimi di gloria indimenticabile.
Francesco Veramini