“Four more years!” ovvero la rielezione di Obama

Alla fine ce l’ha fatta. Dopo una campagna estenuante è ancora Barak Hussein Obama a riconfermarsi per altri quattro anni alla guida del più grande paese del mondo. L’attesa questa notte è stata lunghissima e proprio nella tempistica si è potuto notare come lo staff presidenziale abbia atteso più del dovuto per comunicare la vittoria “urbi et orbi” proprio per l’esiguità dei margini di vantaggio. In particolare nella notte si è atteso l’esito dello stato dell’Ohio incertissimo fino all’ultimo. Lo spoglio elettorale è ancora in corso ma pare che il numero dei delegati democratici si avvicini a quota 303 cioè 33 in più del necessario per vincere le elezioni e questo è un dato importante oltre che per la vittoria, anche per le garanzie di governabilità di questo paese. Il rischio infatti è quello di avere come dicono gli americani a lame duck, cioè una anatra zoppa, una espressione giornalistica che si utilizza per indicare qualcuno che pur avendo una carica non riesce ad esercitarla. Questo è avvenuto al senato americano a maggioranza repubblicana che nell’ultima legislatura ha operato una feroce azione di ostruzionismo in particolare verso la epocale riforma della sanità pubblica promulgata da Obama.Senza entrare nei dettagli tecnici dei meccanismi elettivi del sistema americano, ogni stato pesa in funzione della numerosità dei suoi abitanti che si traduce nel numero dei grandi elettori che avranno titolo a votare per un candidato o l’altro apare chiaro quindi come il numero di comizi elettorali si siano concentrati su stati come la Florida o la California piuttosto che in Alaka o nel Nevada.

Anche se la tradizione degli ultimi anni ha visto la riconferma del presidente per due mandati, il compito per Obama era particolarmente difficile a causa di una congiuntura economica che si può definire la peggiore degli ultimi 80 anni per il popolo americano. In Europa per esempio tutti i grandi leader politici hanno pagato la crisi in termini elettorali da Zapatero, a Sarkozy, allo stesso Berlusconi appare chiaro quindi quanto sia stata importante l’esito elettorale dei votanti (un po’ in calo) che hanno scelto forse per una volta con la testa anziché con la pancia. Il compito che attende il nuovo presidente è difficile ma non drammatico. Anzi. Da un punto di vista occupazionale ad esempio, (al momento la disoccupazione americana viaggia su percentuali del 7,2 per cento) tutti i dati statistici forniscono proiezioni di ripresa nell’ordine dei 10 milioni di persone nei prossimi 4 anni e questo indipendentemente dal colore politico del Presidente. Quando Romney quindi prometteva in campagna elettorale che avrebbe creato lavoro per 11 milioni di americani non era una sparata elettorale ma disponeva di una previsione statistica. Come reagirà il mondo a questa riconferma ? Obama che nel suo primo discorso da 45°presidente ha detto “il meglio deve ancora venire”.Speriamo bene.

 

Fabio D’Andrea