Otto Dix

Otto Dix (Gera, 2 dicembre 1891 – Singen, 25 luglio 1969) é stato un pittore di drammi, pittore di guerra, testimone della bruttezza e dell’assurdità del contemporaneo. La pittura di Otto Dix è un documento, un reportage di cronaca, un’arte costruita su temi forti e sulla realtà del dolore. Tedesco, nato a Gera nel 1891, si formò artisticamente nella Scuola di Arti decorative di Dresda, per poi specializzarsi autonomamente con numerosi ritratti. L’esperienza della Prima Guerra Mondiale lo segnò profondamente: arruolatosi nell’esercito, combatté su diversi fronti e fu ferito. Colpito dal dramma della guerra, dalla sofferenza e dalla bruttura di questa tragedia, tradusse pittoricamente le proprie impressioni, dando vita ad una serie di tele ispirate agli scenari bellici e ai reduci. Una delle più grandi testimonianze del tormento e dei drammatici ricordi dell’artista è il celebre Trittico della guerra (1929-32), rappresentante una serie di corpi martoriati dal conflitto in un paesaggio desolato, dal quale emerge un soldato con la maschera a gas e uno spettrale scheletro. Sulla stessa linea si pongono le opere Assalto con i gas (1924), dove la violenza dello scenario sembra mutare le maschere a gas in teschi di morte, l’Avanzata dei mitraglieri (1924) e Fiandre. Nonostante l’adesione al dadaismo, sugellata dalla fondazione del gruppo tedesco, il violento espressionismo di Dix non ne uscì placato, tanto che se ne tradusse in un adattamento inedito, il matrimonio tra il realismo espressivo del soggetto e uno stile narrativo semplificato, quasi infantile, desunto dal dadaismo. Quella parte di produzione di Dix che esulta dall’ambientazione bellica, rimane comunque segnata dall’attenzione sociale e dal dramma contemporaneo: i soggetti sono reduci di guerra, prostitute, mutilati, disgraziati vittime della violenza e dello squallore quotidiano. Ne sono esempi Il venditore di fiammiferi (1921), Invalidi di guerra che giocano a carte (1920), di deformazione tormentata e mostruosa e I sette peccati capitali (1933), di memoria quasi medievale. Dix partecipò alla mostra della Nuova Soggettività (1925) a Mannheim, in aderenza con la pittura espressivamente realista dell’artista. La critica impietosa alla società tedesca, ai vizi e al dramma del reale, tradotta con un linguaggio disinibitamente espressivo, gli valse non solo l’attacco da parte del partito nazista, ma anche la generale incomprensione del pubblico, profondamente turbato dalle immagini proposte. A causa dei contenuti, considerati “degenerati” dai nazisti, perse la cattedra occupata all’Accademia di Dresda (1933) e alcune sue opere furono bruciate: ritiratosi, nel tentativo di evitare ulteriori problemi, si dedicò a temi di genere, evitando i soggetti della produzione passata. Tornò parzialmente sul tema della guerra dopo il secondo conflitto mondiale, al quale partecipò su richiamo dell’esercito tedesco. Otto Dix morì a Singen il 25 luglio 1969, lasciando in eredità al mondo moderno un eccezionale repertorio pittorico, un reportage tanto doloroso quanto veritiero del drammatico periodo dei due conflitti mondiali, di una società scaduta, di una tragedia comune taciuta e ignorata.

Federica Gennari