Silvestro Lega, pittore di luce

Verso la metà dell’Ottocento si diffuse in Italia il movimento artistico dei Macchiaioli, una corrente alquanto unitaria alla quale aderirono soprattutto artisti toscani. Questa nuova pittura, basata sulla macchia, rese noti, sopra gli altri, tre grandi pittori: Nino Costa, Giovanni Fattori e Silvestro Lega. Silvestro Lega (Modigliana, 8 dicembre 1826 – Firenze, 21 novembre 1895) del quale l’8 dicembre si ricordano i 187 anni dalla nascita (1826), di origini romagnole, si trasferì a Firenze (1843), dove il gruppo macchiaiolo si riuniva presso il Caffè Michelangelo. Qui, aderì solo parzialmente al movimento, pur legandosi a diverse personalità dell’ambiente quali Odoardo Berrani, Raffaello Sernesi, Telemaco Signorini e Giuseppe Abbati, con i quali, tra l’altro, si trasferì nelle campagne di Pergentina per dipingere dal vero (poi denominata Scuola di Pergentina). Questo accostamento alla natura e alla pittura diretta, in plein air, avvicinò il movimento macchiaiolo all’impressionismo francese, seppur con un’elaborazione tecnica differente. L’approssimarsi alla vita campestre e al mondo rurale, si traduce nella pittura di Lega in una scoperta del valore luministico della tecnica a macchia, adottata però con riserva dall’artista: pur apprezzandone le potenzialità, infatti, ne fece un uso pacato, trovando un’equilibrata mediazione con la rappresentazione, lasciando così emergere una precisa formazione accademica, un sostrato classicista impossibile da cancellare. A Firenze, infatti, Lega si era formato presso l’Accademia di Belle Arti e l’Accademia di nudo, dimostrando dagli inizi una propensione per la pittura purista, abbandonata poi per la scoperta di un nuovo realismo. Quest’attenzione per il vero, coniugata alla pittura all’aperto, si traduce nelle opere di Lega in paesaggi e vedute serene, giocate su contrasti di luci e ombre. Testimonianza di questa pittura è la celebre opera Il pergolato (1868, Milano, Pinacoteca di Brera):  le macchie, fini e raffinate, non deformano le figure, quanto pittosto le impreziosiscono, facendole risaltare con vibrazioni di luce; lo scenario è un dopo pranzo in campagna, un sereno pomeriggio trascorso da alcune dame sotto l’ombra ristorante di un pergolato che proietta sul pavimento macchie di luce calda e ombre. La stessa pacata tranquillità si ritrova nella tela Tra i fiori del giardino, dove Lega rappresenta una dama a passeggio in un rigoglioso giardino, acceso da un caldo sole estivo. Una pittura apprezzata, che gli valse nel 1870 la medaglia d’argento dell’Accademia di Parma: nonostante un certo successo, tuttavia il pittore subì notevoli difficoltà economiche e fu costretto a lavorare come maestro presso la famiglia Tommasi, presso la quale conobbe la famiglia Bandini. In quel periodo iniziò a dipingere le Gabbrigiane,  figure tratte dalla quotidinanità, dal contesto popolare, ritratte con un realismo meno sereno ma ugualmente poetico. Una svolta tematica comunque notevole, se si considerano le scene pacatamente borghesi della produzione precedente. Il percorso artistico di Lega, fortemente influenzato dalle vicende politiche della contemporaneità, lo portò ad un accostamento alla corrente macchiaiola come espressione democratica, opposta all’accademismo e alla pittura elitaria. La sua arte divenne pertanto portatrice di contenuti semplici e del quotidiano, trattati comunque con un’impostazione ordinata ed elegantemente prospettica, tradotta poi nella nuova tecnica a macchia. Attorno al 1893 Lega si ammalò gravemente di cataratta, divenendo quasi cieco. Già da diversi anni il gruppo macchiaiolo si era dissolto, lasciando un vuoto nella pittura di Lega, sia sotto il profilo dei contenuti, non più credibili, sia relativamente alla tecnica artistica. Lega morì due anni dopo, il 21 novembre 1891, a causa di un tumore allo stomaco.

Federica Gennari