Leggendo la biografia di Guglielmo Marconi (Bologna, 25 aprile 1874 – Roma, 20 luglio 1937) è sconcertante notare come essa assomigli molto a quello che ancora oggi succede ai ricercatori italiani. Il giovane Marconi infatti per poter brevettare la scoperta del radiotelegrafo dovette imbarcarsi nel 1896 su una nave che lo portò a Londra , e rivolgersi al l’ingegnere capo del British Post Office, William H. Preece che contrariamente agli spocchiosi italiani trovo interessante l’idea dell’italiano che nel frattempo riusci a brevettare la sua idea con la dicitura “Perfezionamenti nella trasmissione degli impulsi e degli apparecchi relativi”. Era il 2 luglio 1897. Facciamo un passo indietro. Marconi studia a villa Griffone nei dintorni di Bologna un sistema per comunicare a distanza attraverso le onde radio scoperte da Hertz. La cosa non è semplice e all’inizio riesce a trasmettere solo a brevi distanze degli impulsi tra un trasmettitore e un ricevitore. Attraverso geniali intuizioni il giovane Guglielmo riesce a incrementare la distanza fino ad un giorno in cui leggenda vuole che l’avvenuta ricezione di un impulso ad una stazione posta dietro una collina venne confermata da uno sparo di fucile. Il passo infatti quel giorno fu decisivo. Per la prima volta un segnale aveva aggirato l’ostacolo fisico della collina contravvenendo alle regole della fisica di allora convinta che le onde potessero propagarsi solo per linea retta. Il mondo per la sua curvatura appariva quindi un ostacolo insormontabile per tutti ma non per Marconi che dimostrò empiricamente la possibilità di trasmettere anche a lunghe distanze. Dotato di spirito imprenditoriale oltre che di talento per l’elettrotecnica Marconi inizio a pubblicizzare la sua scoperta attraverso trasmissioni a corto raggio ma ben studiate come ad esempio nel 1898 quando riusci attraverso il suo apparecchio a comunicare i risultati di una regata velica prima che le barche tornassero in porto proprio perché aveva piazzato un trasmettitore su una di esse che quindi comunicò a terra i risultati prima del rientro dando vita di fatto alla prima radiocronaca della storia. Le onde radio infatti potevano contare sulla ionosfera che faceva letteralmente rimbalzare a terra le onde radio e questo permetteva di seguire la curvatura terrestre. Altra intuizione di Marconi fu la messa a punto dell’antenna che all’epoca era stata battezzata “conduttore aereo”. Il giorno fatidico che è preso come riferimento per la nascita delle trasmissioni radio è in realtà il coronamento di una serie di esperimenti basati su distanze sempre maggiori. Per l’esperimento venne costruita in Cornovaglia una stazione con una potenza di 25 kwatt ed una lunghezza d’onda di 1800 metri, dall’altra parte dell’oceano a Cape Cod, presso Boston era stata eretta una potente stazione, ma un uragano distrusse tutto. Il disastro non fermò Marconi che decise di utilizzare un’altra stazione ricevente installata a St. John’s, Newfoundland, in cima ad una collina che portava il nome emblematico di Signal Hill, collina dei segnali, perché usata per esporre le bandiere per le segnalazioni alle navi.
L’esperimento riuscì e tre deboli segnali inviati dalla Cornovaglia vennero chiaramente ricevuti negli Stati Uniti dove Marconi era in ascolto. L’era delle trasmissioni radio era iniziata.
Fabio D’Andrea