Il protocollo di Kyoto 15 anni dopo

Il Protocollo di Kyoto venne firmato l'11 dicembre 1997 durante la Conferenza COP3 della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC). Il trattato prevede l'obbligo di riduzione dei principali gas serra entro quest'anno (il 2012) in misura non inferiore al 5,2% rispetto ai livelli del 1990. Il Protocollo introdusse anche i cosiddetti meccanismi flessibili per ridurre le emissioni e al tempo stesso acquistare dei crediti. In soldoni è come una certificazione di "impatto zero".Ad esempio per fare una qualunque attività ( la realizzazione di un concerto rock) viene calcolato che verrà consumata una certa quantità di anidride carbonica, ma per bilanciare questo consumo gli organizzatori possono ad esempio piantare un certo numero di alberi e ottenere la certificazione ambientale di impatto zero. Nella convenzione di Kyoto le cose sono naturalmente un po' più complicate e i meccanismi di bilanciamento prevedono l'adozione di politiche industriali volte alla riduzione dei gas nocivi con la ottimizzazione dei processi industriali, agendo sulle fabbriche ma anche favorendo ad esempio le green economy. A complicare però l'attuazione di questo nobile progetto che ha come obiettivo il bene comune del pianeta, ci sono interessi particolaristici di mercato. Attuare delle politiche di contenimento delle emissioni costa; e anche se nel lungo termine, i provvedimenti presi per ridurre l'inquinamento porteranno buoni frutti, nell'immediato nessuno vuole correre il rischio di subire un gap di costo della produzione, ed è per questo motivo che la più grande potenza industriale del mondo, gli Stati Uniti, non hanno ratificato il trattato. In questo accordo poi viene sottoscritto una specie di benestare per i paesi in via di sviluppo che, in qualità di paesi non industrializzati e quindi non inquinanti godranno di "crediti" di favore, potranno cioè emettere gas nocivi (anche se nessuno se lo augura) in virtù del credito che vantano rispetto al resto del mondo in termini di inquinamento. Questa decisione apparentemente contraddittoria è stata presa proprio per non penalizzare chi si affaccia allo sviluppo industriale, peccato però che da quel lontano 1997, i cosiddetti paesi "in via di sviluppo" siano diventati delle veri e proprie potenze industriali come ad es. la Cina o l'India. Per quanto riguarda l'Europa i compiti assegnati parlano di una riduzione dell'8% rispetto al 1990 ma nel 2005 la riduzione era nell'ordine del 2% ma da un punto di vista normativo se l'Europa mettesse in atto le leggi che già ci sono in proposito, potrebbe farcela tranquillamente. L'Italia è la terza nazione più inquinante in Europa e il limite italiano che Kyoto ha deciso per il nostro paese è una riduzione del 6,5% rispetto alle emissioni del 1990. Nel recente incontro a Doha è stata stilata la classifica delle nazioni più virtuose e l'Italia si è piazzata nel poco onorevole 21° posto, ma se consideriamo che 5 anni fa eravamo al 48° non possiamo lamentarci, anche se di strada ne abbiamo ancora tanta da fare soprattutto per evitare le salatissime multe che sono previste per chi non riuscirà a mettersi in regola.

Fabio D'Andrea