Nasce a Cremona il 23 marzo 1922 uno dei “mattatori” della commedia all’italiana. Figlio di un ispettore assicurativo, Ugo Tognazzi fin dall’età di quattordici anni trova nella recitazione la sua passione dominante, tanto che le dedica tutto il suo tempo libero, arrivando persino a recitare nella filodrammatica del dopolavoro aziendale nel salumificio Negroni, dove lavorava a tempo pieno.
Anche durante la seconda guerra mondiale, arruolato nell’esercito, trovò il modo di esprimere la sua inclinazione organizzando spettacoli di varietà per i commilitoni.
Una volta firmato l’armistizio dell’8 settembre, dopo una breve esperienza come archivista, Tognazzi decide di trasferirsi a Milano, dove nel 1945 partecipa ad una serata per dilettanti al Teatro Puccini che gli vale la scritturazione della compagnia teatrale Wanda Osiris. Inizia qui la sua brillante carriera.
Esordisce al cinema nel 1950 ne “I cadetti di Guascogna” a fianco di Walter Chiari. Frequentando tale ambiente conosce, poco dopo, anche Raimondo Vianello con cui forma per 6 anni (1954-1960) una coppia comica perfettamente equilibrata e di grande successo per l’appena nata Rai TV nello spettacolo “Un due tre” che li consacra come mostri sacri della comicità popolaresca italiana.
Negli anni ’60 avviene il definitivo passaggio di Tognazzi alla commedia all’italiana, quel genere cinematografico e teatrale “che più assomiglia alla vita”, dando però un apporto del tutto personale al genere grazie alla sua mirabile interpretazione di personaggi dalla forte impronta regionale, in particolare emiliana. È questo il principio di una brillante carriera durante la quale l’attore avrà modo di dimostrare il proprio eclettismo interpretando le tipologie più svariate di persone, dal maturo ingegnere che si perde dietro una ragazzina de “La voglia matta” (1962 firmato da Salce) allo sventurato protagonista de “L’ape regina” (1963, è il film che segna l’inizio del suo sodalizio con Marco Ferreri), dalle grottesche caratterizzazioni de “I mostri” (1963) di Dino Risi all’impietoso ritratto di borghese ne “La bambolona” (1968) di Franco Giraldi.
Capace di spaziare su qualunque registro, non disdegna mai personaggi considerati da altri sgradevoli come l’imbonitore da fiera de “La donna scimmia” o il sessuomane incauto di “Venga a prendere il caffè… da noi” di Alberto Lattuada.
Nel 1981 Tognazzi viene premiato con la Palma d’Oro come migliore interprete a Cannes per il film “La tragedia di un uomo ridicolo” di Bernardo Bertolucci, ma arriva al successo più grande con “Amici Miei” (1975) e “Il vizietto” (1978).
Grandissimo attore, fu anche regista (ricordiamo “Il mantenuto” del 1961) per poi ritornare al teatro negli anni ‘80, cioè da dove aveva iniziato.
Segno indelebile nella storia del cinema italiano, dopo tre matrimoni e quattro figli tutti con la passione del cinema, Ugo Tognazzi si spegne a causa di un’emorragia cerebrale il 27 ottobre 1990.
Daisy Viviani.