Architettura Romanica

Tra la fine del X e l’inizio dell’XI secolo inizia a diffondersi in Occidente una nuova sintassi architettonica che, traendo lezione dall’antico, segna l’avvento di una florida campagna costruttiva che ricopre l’Europa di “una bianca veste di chiese”, favorita dalla ripresa economica post-Mille.
L’origine dell’architettura romanica è ancora oggi oggetto di un serrato dibattito tra gli studiosi, ma sembra che si possa ormai unanimemente concordare su uno sviluppo pressoché contemporaneo in tutt’Europa, nonostante le divergenze e le peculiarità stilistiche riscontrabili tra le diverse regioni.
Al di là di delle forti caratterizzazioni locali, il Romanico, infatti, si dimostra compatto nella riscoperta dell’architettura romana, sotto forma di archi a tutto sesto, volte a botte (o a crociera) per le coperture e monumentalità strutturale.

L’organizzazione planimetrica della cattedrale e della chiesa romanica trae ispirazione in parte dagli impianti basilicali costantiniani, per gli imponenti volumi, la scansione in 3 o 5 navate proporzionali (suddivise in campate a base quadrata) e le absidi semicircolari: su tale modello si viene ad innestare poi il transetto sporgente (in certi casi assente, si veda la Cattedrale di Modena, 1099-1116), il presbiterio e la cripta sottostante, ove vengono custodite le reliquie.

All’esterno, la facciata a capanna o a salienti è spesso segnata da contrafforti e lesene che, insieme a fasci di archeggiature cieche, incorniciano i portali d’accesso e ripropongono, come già visto per l’interno, interessanti giochi di chiaroscuro.

Nonostante l’attenzione per i modelli antichi, il Romanico sostituisce alla colonna (quale tipico sostegno romano) il pilastro che, sorreggendo le volte, in un gioco di spinte e controspinte, spesso si trasfigura da elemento costruttivo ad elemento plastico, per gli espressivi valori chiaroscurali. A tal proposito è necessario sottolineare che la luce gioca un ruolo fondamentale negli edifici medievali: introdotta a piccole dosi per mezzo di feritoie o monofore, questa esalta tutta la plasticità delle pareti, sovente percorse da contrafforti, nervature, semi-pilastri, e traforate dai matronei affacciati sulla navata maggiore. La luce rafforza inoltre la potenza espressiva della narrazione scultorea, dispiegata tra fregi, capitelli, pulpiti e recinzioni sacre: ad essa è affidata la decorazione dell’edificio, ma soprattutto l’addottrinamento e l’ammonimento del fedele, grazie alla raffigurazione di scene bibliche e della più svariata simbologia fantastica e religiosa. Ma tra questi mirabili esempi scultorei di fattura medievale non è raro trovare anche capitelli, lastre o colonne di origine romana, sapientemente reimpiegati nei nuovi edifici per scopi ideologici e politici.

Interessando tutto il territorio europeo, il Romanico non ha potuto evitare forti personalizzazioni locali tanto che si possono riconoscere aree stilisticamente omogenee, nonostante le reciproche influenze architettoniche e decorative. In Francia, la costruzione dell’Abbazia di Cluny III (1088) segna profondamente il romanico dell’area borgognona, proponendo un edificio dalle dimensioni imponenti, con nartece esterno, pilastri a fascio e un coro allungato, con deambulatorio e molteplici cappelle radiali: dal modello di Cluny arrivano i grandi esempi di Saint-Lazare ad Autun (1120-1146) e Saint-Benigne a Dijon, quest’ultimo ricostruito in età gotica. Le stesse proporzioni monumentali sono riscontrabili a nord, in Normandia e Inghilterra, dove si apprezzano soprattutto navate altissime e torri in facciata (e all’incrocio del transetto), d’influenza tedesca.

In Germania, la Chiesa di San Michele ad Hildesheim (1010-1031) non solo rivela l’influenza dell’arte ottoniana, ma propone sostegni alternati (colonna-pilastro) e il celebre westwerk, un corpo architettonico a più livelli affiancato da torri e posto a facciata, soluzione che sarà adottata soprattutto in area germanica e francese. La successiva Cattedrale di Spira (1080) denota invece un raffinamento delle forme, con grandi altezze percorse da semicolonne che, innestandosi sui pilastri della navata, raggiungono le volte a crociera.
In Catalogna il Romanico si esprime perlopiù con piccoli edifici ad aula absidati, alquanto in contrasto con le grandi basiliche situate sulle vie di pellegrinaggio (spesso d’influenza francese), capitanate dalla Basilica di Santiago de Compostela (1075).

La situazione italiana risulta altrettanto variegata e complessa. Al sud si riconoscono nette influenze bizantine e arabe soprattutto tra Campania e Sicilia, mentre in area romana rimane costante l’attenzione e l’apprezzamento per l’epoca paleocristiana. Il Romanico toscano guarda non solo all’esempio della Cattedrale di Pisa (1063-1118), che modula la facciata con archetti pensili e loggette cieche, ma anche ai grandi modelli classici, offrendo raffinati giochi marmorei, forme cristalline e privilegiando l’uso di colonne. In area emiliana, la Cattedrale di Modena (1099-1116) rappresenta forse il maggior esempio di Romanico padano e si caratterizza per l’impianto privo di transetto, sostegni alternati, archi trasversali e una decorazione esterna ad archi e trifore. Più a nord, il Romanico lombardo pone il suo punto di partenza con il Sant’Ambrogio di Milano (fine XI-inizi XII secolo), edificio dalla limpida scansione spaziale, sottolineata dalle volte a crociera e dai costoloni, sorretti da pilastri polistili. Si ritiene che elementi quali gli archetti pensili, lesene e loggette, quali elementi privilegiati di decorazione plastica delle cortine delle chiese romaniche, siano proprio di origine lombarda.

Federica Gennari