Andrea di Pietro della Gondola, detto il Palladio (Padova, 30 novembre 1508 – Maser, 19 agosto 1580), è stato un architetto e scenografo italiano del Rinascimento, cittadino della Repubblica di Venezia. In quel momento la città di Padova faceva parte della Serenissima Repubblica di Venezia, stato autonomo con capitale Venezia che comprendeva gran parte dell’attuale Italia nord-orientale, nonché parte delle coste orientali e delle isole del Mare Adriatico. Al massimo della sua espansione (XVII-XVIII secolo), la Serenissima arrivò a includere anche gran parte delle isole greche e Creta.
Iniziato l’apprendistato come scalpellino a Padova, al momento del trasferimento della famiglia a Vicenza Palladio, all’epoca appena quattordicenne, era già iscritto alla fraglia dei muratori; lavorò, rimanendovi per una dozzina d’anni, nella bottega del costruttore Giovanni di Giacomo da Porlezza e dello scultore Girolamo Pittoni.
Tra il 1535 e il 1538 avvenne per Andrea della Gondola l’incontro che in qualche modo cambiò la sua vita. Conobbe il letterato e umanista vicentino Gian Girolamo Trissino che lo prese sotto la sua protezione e coniò per lui il soprannome di ascendenza classica “Palladio”, indirizzandolo agli studi di architettura e introducendolo nella cerchia padovana di Alvise Cornaro, colto esponente della nobiltà veneta che favorì l’introduzione in area veneta della moderna cultura architettonica romana di ispirazione bramantesca e raffaellesca.
Cornaro, che era anche un potente imprenditore agricolo, contribuì alla formazione del Palladio mettendo in luce in un breve trattato l’importanza della necessità che l’architettura dovesse soddisfare anche le esigenze pratiche di una classe dirigente intenta a promuovere la ristrutturazione agraria dell’entroterra.
Un altro grande contributo alla formazione dell’artista padovano arrivò da Sebastiano Serlio, teorico di origine bolognese autore di un trattato di architettura che fece prendere contatto diretto con le opere romane al Palladio. Molti furono i viaggi del Palladio a Roma, parecchi dei quali in compagnia del suo mentore Trissino. Durante tali soggiorni l’architetto approfondì i suoi studi, confrontandosi da vicino con il lavoro di Bramante, Raffaello e Michelangelo e perfezionando la sua conoscenza delle fonti letterarie dell’antichità.
Palladio operò principalmente nell’entroterra, a differenza del collega Sansovino, progettando un gran numero di ville per il patriziato veneto, residenze urbane ed edifici pubblici per una committenza vicentina. Proprio a Vicenza il Palladio ottiene nel 1549 il primo importante incarico ufficiale: la ristrutturazione del vecchio Palazzo della Ragione, detto Basilica. La struttura ideata dall’artista consiste in un sistema di impronta classica, la cui dominante è la ripetizione della serliana (tipo di finestra con tre aperture, la centrale ad arco le altre due architravate). Il progetto del Palladio ingloba il vecchio edificio e ne regolarizza la forma (a pianta trapezoidale); discostandosi da lavori quali quelli del Sansovino, la Basilica non tende ad instaurare un dialogo armonico con il tessuto edilizio circostante, ma si manifesta come monumentale architettura moderna ispirata ai canoni classici.
Il favore incontrato dal lavoro alla Basilica procurò al Palladio numerose nuove committenze che faranno in modo di delineare il lavoro dell’architetto distinguibile in due tipologie fondamentali relativamente al rapporto con lo spazio urbano. La prima presuppone spazi antistanti sufficientemente ampi da consentire un punto di vista a distanza tale da cogliere la simmetria e l’assialità dell’impianto; ne è un esempio Palazzo Chiericati a Vicenza. La seconda tipologia prevede il lavoro su anguste conformazioni di facciata che vanno a prevalere sull’articolazione simmetrica. Appartengono a questo tipo Palazzo Porto, Palazzo Thiene e Palazzo Valmanara.
Da ricordare è la progettazione del Teatro Olimpico a Vicenza, inaugurato nel 1585 dopo la morte dell’architetto (avvenuta nel 1580). Palladio fu un autorevole esponente dell’Accademia Olimpica (che commissionò questo lavoro) e si fece interprete delle istanze culturali di questa, basandosi su un nuovo confronto con la classicità. In questo caso si trattò di una rivisitazione del trattato di Vitruvio possibile grazie allo studio delle rovine dei teatri romani.
Ormai affermatosi come architetto di ville e palazzi, solo negli anni ’60 del Cinquecento Palladio si dedica all’architettura religiosa. Ricordiamo qui la Chiesa di San Giorgio a Venezia del 1556 e la Chiesa del Redentore sempre a Venezia del 1557.
Le ville rimangono comunque la parte più importante (anche in termini di numero) della produzione palladiana, divenute simboli grazie alla qualità architettonica nella varietà delle strutture compositive e per l’armonia del rapporto con la committenza, di cui seppe sempre interpretare al meglio le esigenze culturali e pratiche. Riportiamo qui un esempio per tutti: la grandiosa Rotonda a Vicenza. Questa villa, situata su un colle e connotata quindi come residenza suburbana, presenta una pianta del tutto simmetrica in cui ognuna delle quattro facciate ripropone la fronte a tempio a incorniciare la struttura sovrastata da una cupola di ispirazione romana.
Contemporaneamente all’intensa attività architettonica, il maggiore architetto veneto dell’età manieristica si occupò della stesura di un Trattato di Architettura, pubblicato a Venezia nel 1570, che andò a costituire una fonte di comprensione indispensabile per capire i principi pratici e teorici del Palladio che sappiamo così fondati sui canoni vitruviani e sui monumenti antichi.
L’opera del Palladio fu talmente fondamentale che il suo stile ebbe un’enorme fortuna in Europa, soprattutto in Inghilterra, e poi in America, prendendo il nome ormai ampiamente condiviso di palladianesimo.
Daisy Viviani