ANDY WARHOL

Andrew Warhol nasce a Pittsburg il 6 agosto 1928 da un’umile famiglia di immigrati slovacchi. Sin dall’infanzia sviluppa una sfrenata passione per l’arte e per gli oggetti che lo circondano, dai quali la sua creatività onnivora trarrà per sempre ispirazione. Nel 1936, costretto a letto per due mese per da una lieve forma di “ballo di San Vito”, la compagnia dei fumetti è per il piccolo Andrew linfa vitale: si appassiona alle storie dei protagonisti e al segno grafico del disegno che ricopia meticolosamente su fogli di carte sparsi in ogni angolo della casa. Inizia a raccogliere foto di divi del cinema e specialmente di Shirley Temple, idolo incontrastato di quegli anni, alla quale indirizza quotidianamente lettere appassionate. Ricevere dalla giovane attrice una foto autografata è per il piccolo Andrew un momento glorioso, tanto da fargli custodire gelosamente il prezioso cimelio per il resto della vita.

Andrew è un ragazzo solitario e timido che riesce a fatica a creare legami. Superate le prime difficoltà frequenta brillantemente dal 1945 il Carnegie Institute of Technology, qui la sua sensibilità artistica esplode senza riserve manifestandosi nel lavoro per alcune riviste e nell’allestimento di vetrine per i negozi della città. Gli anni della scuola gli permettono di sperimentare svariate tecniche artistiche, tra le tante predilige la Blotted line. Essa consiste nella realizzazione di una matrice a partire dall’utilizzo di matita su carta non assorbente, spennellata d’inchiostro e sovrapposta ad altre superfici che permette un’infinita riproduzione di immagini sempre diverse ed originali. Ottenuto il diploma Andrew nel 1949 si trasferisce insieme all’ormai inseparabile amico Philip Pearlstein a New York dove cambia il proprio nome in Andy Warhol, decisamente molto più americano. Grazie alle sue doti innate ottiene molti lavori: grafico pubblicitario per le riviste patinate più importanti della città (“Vogue”, “Harper’s Bazar”, “Glamour”), scenografo teatrale interessato alla poetica di Brecth, vetrinista, illustratore di libri (tra i quali quelle del suo idolo Truman Capote, conosciuto nel 1951) e riviste varie. Ottiene uno straordinario successo con le serie dedicate alle scarpe, tanto che la serie Crazy Golden Slipper verrà esposta presso la Bodley Gallery.

È il 1957 quando fonda la Warhol Entrerpaises,Inc. ma, alla fama che accompagna le sue opere di pubblicità, corrisponde la più totale emarginazione dei galleristi d’arte contemporanea ed in particolare di Leo Castelli. Questi, quando Andy Warhol all’inizio degli anni Sessanta deciderà di abbandonare le leziosità che avevano caratterizzato la produzione precedente per dedicarsi alla riproduzione di fumetti, continuerà a prediligere il tratto puro di Roy Lichtestein.
È in questo periodo che Warhol trasforma gli oggetti che lo circondano e che idolatra, in soggetti perfetti per la sua arte: la leggenda narra che, seguendo il consiglio di un’amica, abbia iniziato a dipingere i barattoli di zuppa Campbell, le bottiglie di Coca Cola, i ritratti dei divi del cinema. La cifra stilistica è ormai chiaramente definita: l’artista accende i riflettori su un oggetto facilmente riconoscibile, trasformandolo nel protagonista assoluto su un palcoscenico spoglio. Aver venduto i trentadue quadri rappresentanti i barattoli di zuppa a mille dollari l’uno, lo indusse a trovare una tecnica che gli permettesse di avviare una produzione quasi industriale delle proprie opere, una vera e propria catena di montaggio. L’arte è business, la serigrafia il mezzo ideale.

Con Warhol nasce la Pop Art, ovvero la democratizzazione dei contenuti artistici, non da un punto di vista economico, quanto da un punto di vista di fruibilità e condivisione delle tematiche.
Nel 1963 quando Gerard Malanga diventa suo assistenza alla pittura, l’attenzione di Warhol si concentra sulla rappresentazione della morte e dei disastri, sotterranea ma feroce critica alla società contemporanea, mette in evidenza che non siamo più in grado di provare empatia di fronte alle disgrazie che colpiscono il prossimo. Colorando le immagini con colori brillanti , Warhol pone l’accento sulla superficialità dello sguardo umano. Fu proprio la serie dei disastri a riscuotere in Europa un grandissimo successo dal 1964, quando le opere vennero esposte nella galleria parigina di Ileana Sonnebend. Anche nei quadri che ritraggono Marylin Monroe e Liz Taylor Warhol nasconde la tematica legata alla fragilità della vita terrena.
Nel luglio del 1962 Eleanor Ward diventa sua mecenate a New York; a novembre l’opera ritraente Marilyn Monroe venne acquistata per il Museum of Modern Art. Nel 1964 Warhol ottiene finalmente l’approvazione alla quale aspirava, quella di Leo Castelli.
Tra il 1963 e il 1967 accantona momentaneamente la pittura per dedicarsi alla realizzazione di lungometraggi, primo fra i quali Sleep, in cui riprende per cinque ore e venti minuti un uomo che dorme; di sculture (“Brillo Boxes”); di happaning dal 1966; e cura in modo maniacale ogni particolare delle occasioni in cui le sue opere sono esposte. Il successo lo condusse alla creazione della Factory, sostituita qualche anno più tardi dalla mitica Silver Factory così chiamata per il colore delle pareti e della pellicola con il quale è rivestita ogni cosa, lo stesso Warhol era solito portare dei palloncini argentati da far volare sui soffitti, fu spostata al 33 di Union Square e successivamente a Brodway.

Gli ospiti che frequentano la Factory diventano i soggetti prediletti per la sua 16mm, soggetto prediletto è Edie Sedgwick, ereditiera problematica che dopo essere stata a lungo la migliore amica dell’artista abbandonò la Factory. Al 1966 risale il suo capolavoro cinematografico The Chelsea Girls, sei ore e mezza di riprese che raccontano la vita di alcune star nella Factory.
La collaborazione con gl artisti che frequentano lo studio è determinate. Nel 1967 produce l’album The Velvet Underground & Nico e nel 1971 realizza la copertina dell’album del Rollin Stones. . Il 3 giugno del 1968 la vita di Warhol venne sconvolta da un colpo di pistola infertogli da una fanatica attivista del movimento femminista che vedeva in Warhol uno sfruttatore del talento altrui. Il coma durò solo qualche giorno ma le ferite sul suo corpo furono indelebili, da quel momento a fargli compagnia fu una lunghissima cicatrice sul ventre. Già diffidente e cinico per natura, il tentato omicidio lo fece chiudere ancora più in se stesso, la mondanità è solo apparenza. Le sue opere sono esposte in molte mostre e le retrospettive in Europa e negli Stati Uniti.

Dopo l’uscita del primo numero di Interview (1969) realizza la serie‘Ladies and Gentlemen’ e la serie dedicata a Mao.
L’arte per Warhol coincide con il business. Dal 1972 gli vengono commissionati 50-100 lavori all’anno realizzati con la tecnica della serigrafia: ad ogni soggetto Warhol dedica 60 scatti realizzati con la Polaroid, ne sceglie quattro da far stampare per poi concentrarsi su un’unica immagine, di cui fa un ingrandimento 40 per 40 e la trasferisce su telaio serigrafico per realizzare la tela. L’eredità lasciata da Andy Warhol è una galleria ritratti, di filmati e di racconti sull’effervescente ambiente culturale del mondo di quegli anni. Essere ritratti da Andy Warhol significava essere qualcuno, essere degni di essere ricordati.

È il 1979 quando fonda la Andy Warhol Tv, in onda per nove anni. Al 1984 risale la collaborazione con Basquiat, conosciuto l’anno precedente. Sempre agli anni Ottanta risale la serie Ten Portrait of Jews of the Twentieth Century e la seria dedicata ai monumenti e agli stadi tedeschi.

A portare via il geniale artista di Pittsburg fu una banalissima operazione che volse al peggio. Ai funerali, celebrati nella cattedrale di St. Patrick, che frequentava in vita molto più spesso di quanto si possa immaginare, parteciparono migliaia di persone desiderose di accompagnare l’artista nel suo ultimo viaggio.

Emaciato, pallido, con gli occhiali, una rinoplastica poco riuscita, una precoce tendenza alla calvizie abilmente mascherata dalle parrucche che nel tempo si divertirà a collezionare Warhol non accetterà mai il suo corpo: “Lo so che ho un aspetto tremendo”. Negli anni Settanta la propensione al collezionismo che aveva mostrato fin dall’infanzia si trasformò in un atteggiamento maniacale nei confronti della vita: gli oggetti venivano meticolosamente conservati in scatoloni etichettati, capsule del tempo che preservano gli oggetti dall’oblio; amici e conoscenti vengono catturati dalla pellicola o dal registratore che sempre lo accompagnava, non per la necessità di riascoltare quanto detto quanto per l’idea di non perdere alcun dettaglio. Ogni mattina incontrava o telefonava alla sua segretaria, Pat Hackett, affinchè potesse miticolosamente annotare quanto l’artista aveva fatto il giorno precedente. Nessun dettaglio poteva essere tralasciato nella vita e nell’arte.

Iole Bonadonna