Si é aperta ieri, al Palazzo Ducale di Genova, una mostra del tutto osé, che presenta 112 stampe fotografiche originali realizzate dai grandi interpreti giapponesi ed europei, agli albori della storia della fotografia, fra il 1860 e i primi del Novecento. L'iniziativa, dal titolo Geishe e Samurai. Esotismo e fotografia nel Giappone dell'Ottocento, curata da Francesco Paolo Campione, é realizzata da Genova Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e da Giunti Arte Mostre Musei, in collaborazione con il Museo delle Culture di Lugano, che conserva un archivio composto da di oltre 5.200 fotografie all'albumina colorate a mano, per metà circa contenute all'interno di oltre 90 coevi album-souvenir racchiusi da coperte splendidamente decorate da maestri dell'arte giapponese della lacca.
Si tratta di una delle maggiori collezioni del genere esistenti al mondo. Raccolta con erudita passione da Marco Fagioli a partire dal 1973, la collezione è stata interamente acquisita nel 2012 dalla Fondazione ‘Ada Ceschin Pilone' di Zurigo che l'ha destinata in comodato permanente al Museo delle Culture di Lugano.
La rassegna ruota attorno all'idea dell'uomo e della donna giapponesi, così come si sono formate nell'immaginario europeo, ritratto nelle fotografie della Scuola di Yokohama.
Il percorso espositivo segue un itinerario tematico, diviso in cinque sezioni, intervallato da tre piccole aree che presenteranno otto preziosi album-souvenir, e indagherà il contesto paesaggistico e culturale in cui è costruita l'idea di ineffabile perfezione, in cui si muovono i protagonisti: uomini e donne. Si procede analizzando l'armonia del quotidiano che contraddistingue il ritratto delle donne impegnate nelle attività domestiche e di tutti i giorni, il tempo del rito e della festa, con i ritratti dei diversi operatori del sacro e le immagini delle occasioni liturgiche e cerimoniali, la bellezza sublime, che permette di cogliere le coordinate ideologiche di un modello idealizzato di bellezza femminile asiatica che s'imporrà attraverso una sorta di cliché, destinato a durare a lungo nel tempo.
Chiude la mostra la sezione dedicata agli eroi dell'ultraesotico, con i ritratti di alcuni dei personaggi tipici della cultura giapponese del tempo: sàmurai, kendoka, lottatori di sumo, e tatuati.
L'iniziativa genovese offre l'occasione di approfondire un momento della fotografia nipponica passato sotto il nome di Scuola di Yokohama, la cui caratteristica risiede nell'unire la fotografia, la forma artistica più d'avanguardia di quel tempo, con la tradizione delle grafiche giapponesi. Queste immagini, destinate prevalentemente ai viaggiatori stranieri, offrivano rappresentazioni del paesaggio e della cultura nipponica, con una funzione che è sostanzialmente quella di produrre souvenir di viaggio e della memoria esotica. Grazie all'affermazione delle moderne tecniche di stampa, le stesse fotografie che assortivano gli album-souvenir di tali viaggiatori, furono utilizzate per alcuni decenni anche per illustrare una ricca pubblicistica fatta di guide, di resoconti di viaggio e, soprattutto, di descrizioni della vita quotidiana e dei costumi di un mondo che appariva all'Occidente come la quintessenza di un Oriente medievale, educato ed elegante, arrivato miracolosamente intatto alla soglie della civiltà industriale.
Fanno parte del percorso espositivo anche sette vasi di altissima fattura appartenenti alle collezioni del Museo di Arte orientale Edoardo Chiossone e databili nel periodo Meji. Il Museo – uno dei più importanti musei di arte orientale del mondo – è raggiungibile in pochi minuti a piedi da Palazzo Ducale.
Paolo Fontanesi