Le prime testimonianze del nudo nell’arte hanno origini antichissime, inizialmente scene erotiche e pornografiche. Il nudo nell’arte è stato quello che, più d’ogni altro tema, esprime la vera e propria sintesi di un’epoca che, a seconda della propria coscienza, ha espresso diversi significati. E’ stato ed è un tema affascinante, un testimone dell’ego e del narcisismo dell’uomo che è sempre stato spasmodicamente attratto da se stesso con l’ambibizione di comprendere tutti gli aspetti fisici e metafisici che lo riguardano, scaturito fino ai nostri giorni dal desiderio di immortalarsi, espresso in modi diversi a seconda dell’epoca dell’espressione.
Il nudo nell’arte, nei secoli, ci ha consentito di conoscere i mutamenti e le caratteristiche estetiche e filosofiche dell’uomo, nella sua evoluzione dei parametri storici, sociali, stilistici e culturali, informazioni che attraverso l’immagini hanno contribuito a comprendere meglio l’evoluzione dell’uomo a 360°.
All’evoluzione filosofica dell’uomo si aggiunge anche l’evoluzione della tecnica dell’arte, l’evoluzione dello stile artistico con personale interpretazione dell’artista di ogni epoca, ossia l’interpretazione ed espressione di ogni artista secondo i precisi parametri stilistici figli d’ispirazioni, comprese le realizzazioni fotografiche della nuova era.
Escluso la pornografia e l’erotismo, il nudo, fino alla cultura greca del III secolo a.C., era visto come un’umiliazione. L’essere nudi, era sentito come una vera limitazione legata a una posizione sociale inferiore senza diritti e privilegi sociali, tipica degli schiavi o degli sconfitti. Vi sono per l’appunto diverse opere d’arte che riflettono con chiarezza questa posizione, nelle quali il nudo rappresentata corrisponde al nemico, fatto prigioniero o morto. Quest’idea della nudità come sinonimo di perdita della dignità sociale la troviamo pure presso le prime grandi civiltà dell’Oriente antico, come quella assiro-babilonese o egiziana che prevedeva la presenza almeno del gonnellino. AI contrario, gli schiavi e gli sconfitti non potevano che essere rappresentati nudi, come testimonia la tavoletta di alabastro con l’immagine di Narmer, conservata al Museo Egizio del Cairo, la figura gigantesca del grande Faraone con tutti i nemici sconfitti nudi ai suoi piedi.
Se è vero che le parole hanno un loro significato, non sarà difficile capire il motivo per cui il termine “ginnastica”, che deriva dal greco “gymnàzein” che significa per l’appunto “fare ginnastica”, ha il significato originario che significava “essere nudi”. Infatti gli antichi Greci gareggiavano in palestra svestiti o, al più, coperti da un perizoma che venne gettato via, come testimonia lo scrittore greco Pausania, scrittore e geografo greco antico, d’origine asiatica, vissuto intorno al II secolo d.C., dall’atleta Orsippo nel corso di una delle prime Olimpiadi, quella del 720 a.C.. E’ stato che Orsippo decise di togliersi il pesante perizoma poichè aveva pensato che un uomo nudo potesse correre più a suo agio. Così, Orsippo vinse quella gara e diede inizio alla tradizione dell’atleta nudo tanto ispirato poi nell’arte Greca.
Questo semplice gesto modificò completamente l’approccio delle antiche civiltà nei confronti del nudo, attribuendogli improvvisamente un valore inaspettatamente positivo.
Il colpo di testa di Orsippo cancellò i pregiudizi precedenti e il nudo venne considerato un privelegio da atleta che, durante i giochi, godevo di particolari privilegi come il vitalizio e i posti migliori a teatro.
Quasi immediato fu l’interesse di artisti prendere come modelli questi nuovi eroi, artisti come Mirone (Eleutere, … – V secolo a.C.) attivo tra il 480 e il 440 a.C., o come abilissimi ceramisti che dipingevano le anfore panatenaiche che erano anche il premio per giochi ginnici in onore della dea Atena.
Così, grazie a Orsippo, i Greci iniziarono ad esaltare il nudo che ha permesso poi di immortalare le proporzioni e la bellezza del corpo statuario fino ai giorni nostri.
Nella cultura Greca, il corpo statuario identificava in modo imponente le virtù dell’aristocretico ben nato con la propria perfezione morale, bello e buono, un perfetto equilibrio tra spirito e corpo, tutto rappresentato dal pene piccolo che esprimeva eleganza e perfezione.
A differenza dai Greci, le altre civiltà che avevano dato al nudo un significato di umigliazione ed inferiorità, prigionierim schiavi e vinti che avevano perso tutto, senza alcuna ricchezza e dignità, raffigurati come creature animalesche come i satiri o i fauni, rappresentati con peni enormi in segno di disprezzo.
Successivamente al nudo atletico, in Grecia, comparve anche il nudo femminile, in modo particolare si deve citare Frine, figlia di Epicle, un’etera dell’antica Grecia che, assai famosa per la sua bellezza. Donna raffinata e ricca di Atene, scelta spesso dagli artisti dell’epoca come modella, in particolare lo scultore Prassitele (Atene, 400/395 a.C. – 326 a.C.). Frine e Prassitele, legati in una relazione amorosa, portarono il nudo femminile ad un’immagine di donna valorizzata, non solo per la bellezza esteriore, ma per l’avvicinamente alla figura divina di Venere, associata all’amore e bellezza. Le opere dello scultore, purtroppo totalmente perdute, ammirabile solo attraverso delle copie, gli valsero il titolo di maestro di “cháris – grazia”.
I grandi maestri classici come Prassitele (Atene, 400/395 a.C. – 326 a.C.) hanno saputo trasmettere un messaggio difficile e potente attraverso il corpo umano, una messaggio sempre attuale che valorizza l’uomo non come un bell’oggetto di desiderio, un involucro vuoto, ma la sua vera essenza.
Dopo la cultura classica vennero sviluppati attraverso il nudo altre filosofie ed interpretazioni, dal medioevo ai giorni nostri, grazie ai maestri come Sandro Botticelli, Tiziano Vecellio, Caravaggio, Guido reni, Peter Paul Rubens, Antonio Canova, Francisco de Goya, Paul Cézanne, Pierre-Auguste Renoir, Pablo Picasso, Amedeo Modigliani, Edward Hopper e molti altri ancora..