Imponderabilia è stata una performance del 1977, ideata per analizzare il comportamento umano di fronte alla nudità.
Gli ideatori di questa performance erano Marina Abramović (Belgrado, 30 novembre1946), autodefinita come la “nonna della performance art”, un’artista serba naturalizzata statunitense, e il marito Ulay, all’anagrafe Frank Uwe Laysiepen (Solingen, 30 novembre 1943 – Lubiana, 2 marzo 2020), artista, fotografo e accademico tedesco, attivi fin dagli anni Sessanta. I protagonisti sono stati gli stessi artisti e i visitatori dell’evento, che insieme hanno incentrato le proprie energie per far emergere la complicità degli artisti e il pubblico, mettendo in risalto il contrasto tra i limiti del corpo e della mente.
L’evento si svolse nella Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna, nella Settimana Internazionale della Performance, a cura di Renato Barilli: si trattò di una serie di eventi a cui parteciparono alcuni dei migliori esponenti mondiali della performance art, una forma d’arte che era nata proprio tra gli anni Sessanta e Settanta, di interesse sia da parte della critica, che da parte del pubblico.
Nel libro “The Artist is present” di Marina Abramovic., pubblicato nel 2010 in occasione dell’omonima performance tenutasi al MoMA di New York, l’artista descrisse in questi termini la performance del 1977: “Siamo in piedi, nudi, sull’ingresso principale del Museo, una di fronte all’altro. Il pubblico che entra nel Museo deve oltrepassare, mettendosi di traverso, il piccolo spazio tra di noi. E ogni persona che passa deve scegliere chi di noi due affrontare”.
Il 2 giugno va in scena la performance destinata a diventare tra le più celebri mai realizzate. I due artisti si erano posizionati, completamente nudi, uno di fronte all’altro, all’ingresso stretto della Galleria. Il pubblico era costretto a entrare nel museo passando nello spazio limitato fra i corpi dei due artisti. I visitatori non hanno la possibilità di passare guardando dritti la di traverso, scegliendo verso Marina Abramovic o verso Ulay.
La maggior parte del pubblico, in particolare quello maschile, preferiva di dare le spalle a Ulay ed entrare col viso verso Marina: alcuni si sono giustificati dicendo che il corpo femminile nudo è forse più rassicurante di quello maschile. Quasi tutti i visitatori passavano in modo affrettato, la stragrande maggioranza neppure si voltava indietro ed i due artisti rimanevano del tutto impassibili per l’intera durata della performance.
L’idea dei due artisti era infatti proprio quella di focalizzarsi sul pubblico, sulla sua capacità decisionale, sulle sue reazioni, e in questo processo la nudità diventa, di per sé, un aspetto che ci interessa poco, benché sia esso stesso il fulcro della performance: la nudità causa imbarazzo. Ma non solo: le aspettative del visitatore vennero addirittura sconvolte. Il visitatore che si era mentalmente preparato per una visita a un museo, non aveva immaginato di essere subito coinvolto in questo modo dal momento dell’ingresso.
L’intento dei due artisti consisteva innanzitutto nel creare disagio ed imbarazzo, che solitamente ci aspetteremmo da parte di due persone completamente nude in un contesto in cui nessun altro è nudo, a coloro che invece sono vestiti. In secondo luogo gli artisti, più che mettere a nudo se stessi, mettono a nudo gli istinti e spesso le emozioni del pubblico.
Il pubblico si trova sorpreso di fronte a un dilemma da risolvere in modo veloce: il pubblico non ha tempo per pensare e quindi la decisione diventa istintivo e veloce: pertanto imponderabili. E secondo Marina Abramović e Ulay, sono proprio questi elementi imponderabili a guidare e a determinare il comportamento dell’uomo in svariate situazioni.
La performance avrebbe dovuto durare tre ore, ma venne poi interrotta a metà dagli agenti di polizia che la ritenevano inappropriata ed oscena.