JUSEPE DE RIBERA

Jusepe de Ribera, noto anche come José de Ribera o Spagnoletto (Xàtiva, 17 febbraio 1591 – Napoli, 2 settembre 1652), è stato un pittore caravaggesco spagnolo, attivo principalmente a Napoli. E’ considerato fra i massimi protagonisti della pittura europea del 600, ed assieme a Luca Giordano, Massimo Stanzione, Mattia Preti, Bernardo Cavallino e Battistello Caracciolo, fu uno dei più importanti esponenti della pittura napoletana seicentesca.
Il soprannome Spagnoletto probabilmente derivava dalle sue origini e dalla sua bassa statura, da non confondersi con Giuseppe Maria Crespi
(Bologna, 14 marzo 1665 – Bologna, 16 luglio 1747), anche lui noto come spagnoletto ma attivo nel secolo seguente.
Jusepe de Ribera, figlio del calzolaio Simón de Ribera e Margarita Cucó e fratello del pittore Juan, iniziò il suo l’apprendistato con Francisco Ribalta (Solsona, 2 giugno 1565 – Valencia, 14 gennaio 1628) nella città valenziana. 
Nel 1611, Ribera, affascinato dalla tendenza di “Caravaggio”, decise di trasferirsi in Italia, considerata la patria della grande pittura. Dapprima si stabilì in settentrione; a Cremona, Milano e Parma per poi andare a Roma dove l’artista entra in contatto con la pittura di Guido Reni e di Ludovico Carracci. Successivamente andò in sud Italia, a Gallipoli, nell’antico palazzo Assanti-Aragona, oggi conosciuto come Palazzo Gallo. Infine si trasferì a Napoli, le sue prime opere documentate e certe riguardano le tele sui cinque sensi che oggi sono sparse in quattro musei stranieri e che rappresentano il passaggio di Ribera da Roma a Napoli.
Nell’estate del 1616 si trasferì per tre mesi in casa dell’anziano pittore dei Quartieri Spagnoli Giovanni Bernardino Azzolino (Cefalù, 1572 – Napoli, 12 dicembre 1645), all’ombra del Vesuvio. Qui conosce e sposa Caterina, la figlia sedicenne di quest’ultimo, da cui avrà sei figli.
Le prime sue opere nella città partenopea sono la riproduzione in due periodi distinti dei dodici apostoli e del Cristo flagellato, tutte opere conservate oggi nella quadreria dei Girolamini. 
In pochi anni il pittore si guadagna la fama europea facendo uso della tragicità dello stile di Caravaggio, suo punto di forza. Si impegna anche con un’intensa produzione destinate alla Spagna, dove continuava a spedire opere.
Il tema pittorico si fa più crudo e realistico e nascono così opere come il Sileno ebbro, un dipinto olio su tela realizzato nel 1626, oggi al museo nazionale di Capodimonte, e come Il Martirio di Sant’Andrea del 1628, al Szépművészeti Múzeum di Budapest. Questo periodo coincide anche con la sua rivalità e Massimo Stanzione,
 un altro grande protagonista del seicento napoletano.
Negli anni Trenta venne influenzato anche da artisti come Antoon van Dyck e Guido Reni, grazie ai quali perfezionò il suo stile, eseguendo in questi anni capolavori assoluti esposti oggi in diversi musei nel mondo. Dall’Adorazione dei Pastori del Museo di Louvre, al Matrimonio mistico di Santa Caterina conservato al Metropolitan Museum of Art, o alle opere al museo nazionale di Capodimonte, a quelle di Hermitage di San Pietroburgo o a quelle del Museo nazionale di Prado.
Il decennio dagli anni trenta per Ribera fu il più prolifico della sua carriera. Realizzò in questo periodo essenzialmente temi religiosi: la Sacra Famiglia con i santi Bruno, Bernardino da Siena, Bonaventura ed Elia (1632-1635) al Palazzo reale di Napoli, la Pietà al museo nazionale di San Martino, il Martirio di San Bartolomeo del 1639 e il Martirio di San Filippo del 1639 entrambe al Prado di Madrid.
Ribera comunque non abbandonò le realizzazioni di opere profane, come le figure dei filosofi o 
Maddalena Ventura con il marito e il figlio o Donna barbuta, un dipinto a olio su tela (cm. 196×127), conservato presso la Fundación Casa Ducal de Medinaceli di Toledo. Per la particolarità del soggetto raffigurato, il dipinto rimane uno dei più insoliti nella pittura europea del Seicento.
A Napoli, si impegnò nella monumentale opera di decorazione della Certosa di San Martino, impegno durato dal 1638 al 1643.
Nel 1638, sempre per la Certosa, gli fu commissionato il dipinto Comunione degli apostoli, terminato dopo tredici anni, caratterizzato da un approfondimento psicologico dei personaggi.
L’ultima parte della sua vita fu segnata da problemi di salute che riducono drasticamente i suoi impegni pittorici, sono stati anni segnati da composizioni tenebrose e cupe, abbandonando le luci assimilate dal Guido Reni. In questo periodo fu maestro di Luca Giordano e oggetto di scandalo della figlia che intratteneva una relazione illecita con don Giovanni d’Austria (Ratisbona, 24 febbraio 1547 – Bouges, 1º ottobre 1578). Tra le opere composte in quest’ultima fase si ricordano: la Testa del Battista del 1646 e Santa Maria Egiziaca del 1651, entrambe al museo civico Gaetano Filangieri, il San Girolamo scrivente del 1651 alla Museo nazionale di Capodimonte, o il San Girolamo penitente al museo nazionale del Prado.
Jusepe de Ribera morì nel 1652 e venne sepolto nella chiesa di Santa Maria del Parto a Mergellina, nell’omonimo quartiere di Napoli. Per i rimaneggiamenti apportati alla chiesa, tuttavia, dei suoi resti oggi non è rimasta traccia. 

David Zahedi