Nell’ ‘800 in Europa se si voleva fare un viaggio esotico, la meta per eccellenza era l’Egitto, cosi come la borghesia inglese francese e tedesca da molto prima, considerava l’Italia la tappa obbligata per la formazione culturale .La moda del viaggio in Egitto aveva una connotazione diversa, quello che spingeva il viaggiatore dell’epoca era più che altro una certa attrattiva verso il mistero, le mummie, le piramidi, i faraoni e altri esotismi che rappresentavano validi spunti per una “avventura organizzata”. In Europa il fascino per l’esotico produsse in architettura vari esempi di stile neoegizio in architettura e nel mobilio realizzazioni di opere di ebanisteria con motivi decorativi che richiamavano gli elementi tipici di quel paese. Anche se gli estimatori della cultura egiziana si ebbero sin dall’epoca greca e romana è tuttavia dalla fine del 1700 che si comincia a documentare meglio questo millenario paese, in occasione della campagna napoleonica in Egitto svoltasi tra il 1798 e il 1791. Napoleone Bonaparte oltre alla spedizione militare porta con sé botanici, zoologi, disegnatori e artisti che contribuiranno a delineare, ad esempio, la conformazione geografica egiziana con la stesura delle prime mappe cartografiche attendibili. La passione per la cultura di questo popolo venne favorita non poco nel 1805 anche dall’ascesa del viceré Egiziano Mohammed Ali che si dimostrò sensibile alla modernizzazione del paese consentendo l’accesso di spedizioni straniere e concedendo autorizzazioni agli scavi a varie nazioni, in special modo Inghilterra Francia Italia e America. Questa apertura consentì quindi la diffusione della cultura e del turismo ante litteram e soprattutto alle spedizioni archeologiche. Ad una di queste missioni sovvenzionata dal British Museum si unisce un giovane e squattrinato disegnatore di nome Howard Carter che si imbarca per l’Egitto con la mansione di disegnare i rilievi e i reperti archeologici ma anche di dare una mano, fisicamente, agli scavi. L’esperienza appassiona il giovane Howard Carter (Londra, 9 maggio 1874 – Londra, 2 marzo 1939) che partecipa ai ritrovamenti di diversi siti archeologici importanti ma nel 1905 accade un incidente. Carter è responsabile dell’ area archeologica di Saqquara. Un gruppo di francesi ubriachi tentano di entrare nella zona che è difesa da guardie armate, ne nasce un diverbio e uno scontro, che porterà alla morte di un francese. Carter come direttore del sito archeologico viene chiamato in causa dai francesi che chiedono le sue scuse. Carter si rifiuta e viene licenziato.
A 31 anni si trova senza lavoro in una terra straniera e senza prospettive. Si riduce a fare il venditore di acquarelli per i turisti. E’ in questo periodo che conosce George Edward Stanhope Molyneux Herbert, V conte di Carnarvon (Highclere Castle, 26 giugno 1866 – Il Cairo, 5 aprile 1923) un ricchissimo signorotto inglese in cerca di avventure e con una passione sfrenata per l’Egitto e i suoi tesori (soprattutto per i tesori). Inizia una collaborazione tra il lord e Carter che durerà per quindici anni, fatta di scoperte archeologiche di rilievo ma senza aver mai trovato i famosi tesori che Carnavon voleva. Il racconto degli scavi di questi anni meriterebbe una trattazione a parte ma arriviamo all’evento culminante, quando cioè Carnavon aveva deciso di smetterla con gli scavi, l’Egitto e tutto il resto, frustrato dalla impossibilità di trovare qualcosa di suo gradimento. Carver è disperato ma tenta l’ultima carta. Chiede di poter sfruttare solo la concessione agli scavi nella disponibilità del lord e si impegna ad affrontare una spedizione a costo di pagare di tasca propria. Carnavon si commuove e concede non solo la concessione ma anche la somma necessaria per una ultima missione. L’archeologo parte da un dato: le fondamenta utilizzate per i cantieri dagli operai che costruivano le tombe. Il ragionamento si rivela corretto e dopo poco riesce ad individuare con certezza prima i gradini e poi l’ingresso della tomba in una zona dove anni prima aveva effettuato altri scavi. Con stupore si accorge che la tomba è intatta cosa che non gli era mai capitata prima e resiste alla fortissima tentazione di sfondare la parete perché rispetta il suo datore di lavoro verso cui ha un debito di riconoscenza e vuole che anche lui assista alla apertura. Carnavon avvisato per telegramma da Carter arriva dall’Inghilterra e insieme alla moglie assiste all’apertura dell’ultima parete. L’accesso non è immediato ma quando arrivano all’ultimo diaframma è Carter che infila la testa e con l’aiuto di una lampadina elettrica illumina ciò che era rimasto buio per 3200 anni. Lo spettacolo avrebbe ripagato i due di una vita di ricerche: la tomba intatta di Tutankamon. Una volta dentro Carter apre il sarcofago e ricorda l’avvenimento in questo modo “Diedi l’ordine. Fra il profondo silenzio, la pesante lastra si sollevò. La luce brillò nel sarcofago. Ci sfuggì dalle labbra un grido di meraviglia, tanto splendida era la vista che si presentò ai nostri occhi: l’effige d’oro del giovane re fanciullo.” La prima e unica tomba inviolata della storia visibile oggi al museo del Cairo. Era il 26 novembre 1922. Il resto è storia.
Fabio D’Andrea