L’altare di Vuolvinio, collocato presso la Basilica di Sant’Ambrogio a Milano, rappresenta la più mirabile testimonianza di oreficeria carolingia. Firmato dall’artista Vuolvinio (o Volvinio) e realizzato attorno all’850, fu commissionato da Angilberto II, vescovo di Milano, il quale volle arricchire la Basilica di Sant’Ambrogio facendo inoltre costruire il ciborio e l’abside. La provenienza e la formazione dell’artista sono ancora oggetto di dibattito, ma da alcuni confronti sembra possa ipotizzarsi una derivazione dall’area tedesca o dall’Italia settentrionale.
L’altare, che ricorda gli antichi sarcofagi, ha la forma di un parallelepipedo e presenta un’anima in legno rivestita di lastre d’oro e argento dorato scolpite a sbalzo: le quattro facce presentano pannelli scolpiti con croci e formelle figurate nei lati maggiori. Le scene sono inoltre inquadrate da corpose cornici incastonate di pietre preziose e placchette a smalto, secondo la tecnica “cloisonnè” derivata dall’area longobarda. La facciata anteriore presenta al centro una grande croce, dove Cristo è circondato dai simboli degli evangelisti e dagli apostoli, e alcune scene della Vita di Cristo, attribuite però agli allievi di Vuolvinio (genericamente chiamati Maestri delle Storie di Cristo) a causa di una certa differenziazione stilistica nelle figure allungate e nei gesti concitati. Lo stile di Vuolvinio, infatti, si dimostra alquanto essenziale: lo sfondo è semplificato, le figure plastiche ed estremamente limpide (anche nel movimento) e creano rimandi tra gli episodi che favoriscono una lettura più sequenziale e fluida.
Si tratta di uno stile legato alla cultura classicheggiante carolingia, attento all’equilibrio delle figure, all’armonia della scena e al rifiuto della ridondanza: nella facciata anteriore, questa misurata eleganza e la semplicità delle figure vuolviniane vanno a dissolversi in un tratto più elaborato e meno spontaneo del precedente. L’attenzione descrittiva dell’artista non tralascia però d’inserire curiosi dettagli di vita quotidiana, come la raffigurazione delle ciabatte di Sant’Ambrogio sotto la sua branda. Le scene sono inoltre accompagnate da brevi didascalie in latino in grado di riassumere il contenuto delle formelle. Il lato posteriore, in lamina d’argento, si presenta tripartito (come per il fronte) e conserva al centro due ante decorate (fenestrella confessionis) dal ritratto dell’arcangelo Michele e la scena Ambrogio incorona Angilberto che gli offre l’altare a sinistra, e dall’arcangelo Gabriele e Ambrogio che incorona Vuolvino magister phaber a destra.
Sui pannelli a lato sono raffigurate le Storie della vita di sant’Ambrogio di mano di Vuolvinio, come testimonia lo sbalzo che riporta “Magist(er) phaber”. Nei lati minori la decorazione si geometrizza in clipei con santi in adorazione, triangoli con angeli e grandi croci inscritte in losanghe, richiamo alla lotta all’Arianesimo quale negazione della consustanzialità tra Padre e Figlio (Dio e Cristo Gesù), già citato in alcuni episodi della facciata posteriore. Nonostante la riconosciuta collaborazione di diversi artisti alla decorazione dell’altare, si può concordare comunque su una generale concezione unitaria in merito al piano figurativo e alla tecnica scultoria orafa.
Federica Gennari