Fino al 12 maggio, la Fondazione Stelline di Milano (corso Magenta 61) ospita la mostra “Andrea Zucchi. Doppio gioco – Appropriazioni & Astrazioni”: cinquanta opere recenti del pittore milanese, tra figurazione di metafisica e astrazione. L’iniziativa si inserisce nella sezione Stelline Spazio Aperto, format di ospitalità a eventi ideati da soggetti esterni, realizzati in collaborazione con la Fondazione Stelline. La rassegna, a cura di Sergio Risaliti, presenta il nuovo progetto espositivo di Andrea Zucchi, in cui l’artista affronta il tema della ri-creazione in due diversi e autonomi cicli di opere che, affiancati simultaneamente, danno luogo a un “doppio gioco” di contrasti e assonanze.
Mai come oggi le pratiche di rielaborazione di materiali preesistenti sono al centro del dibattito delle arti contemporanee, dal cinema alla musica, dalla letteratura alle arti visive. Già nel passato, le opere d’arte si sono nutrite di scambi, metamorfosi e contagi, ma l’uso del computer, aprendo testi e immagini a un’indefinita virtualità, ha portato inevitabilmente a moltiplicare questi procedimenti. La facilità e comodità del “copia e incolla” è talmente diffusa a tutti i livelli da divenire una cifra caratteristica e rivelatrice di questi decenni. In una serie di lavori, di medie e grandi dimensioni, Zucchi si appropria d’immagini fotografiche dell’Ottocento, traducendole in pittura e virando l’originale bianco e nero in un cromatismo esasperato ed eccentrico. Attraverso una sorta di plagio psichedelico, personaggi storici, figure allegoriche, nudi accademici, scene di genere, paesaggi romantici e nature morte, insomma tutto il repertorio di un’epoca a noi così stranamente familiare e lontana allo stesso tempo, riemerge nei dipinti di Zucchi acquistando un aspetto vivace, ironico che le rende insolitamente Pop. Una “ricreazione ottocentesca”
che nella sua dichiarata artificialità si allontana da ogni possibile citazionismo.
A queste due opposte linee di ricerca si aggiunge infine, come trait d’union, una serie di sculture di panneggi che sembrano fuoriuscite dai dipinti per trasformarsi, una volta abbandonati al suolo, in forme quasi astratte. L’esposizione è accompagnata da un catalogo Skira editore con testi di Sergio Risaliti, Luca Scarlini e un’intervista di
Silvia Fabbri.
Paolo Fontanesi