Fino al 2 giugno 2013, non si può perdere a Modena, alla Galleria Civica di Modena, alla palazzina dei giardini, la mostra "Nam June Paik in Italia", a cura di Silvia Ferrari, Serena Goldoni e Marco Pierini. Organizzata e realizzata in collaborazione con Solares Fondazione delle Arti di Parma, l'esposizione evidenzia la presenza e l'influenza dell'artista coreano operante in Italia, a vent'anni dalla vittoria del Leone d'Oro alla Biennale di Venezia del 1993.
Il percorso espositivo presenta oltre cento lavori provenienti da importanti collezioni italiane col presupposto di ricostruire il rapporto dell'artista con il nostro Paese di cui è stato ospite a partire dagli anni Settanta, fino agli anni Novanta, anche come membrodella galassia Fluxus, impegnato in performance, mostre, scambi e dialoghi con critici, collezionisti e istituzioni. Il nucleo principale della mostra è costituito dai numerosi lavori appartenuti ad Antonina Zaru, che con l'artista coreano ha intrattenuto un rapporto assai prolungato. Sono inoltre esposti documenti e testimonianze, come fotografiche e filmati, provenienti da un'ampia indagine condotta sul territorio emiliano, dove Paik ha trovato molta attenzione da parte di galleristi, come Rosanna Chiessi.
Esponente di spicco del movimento Fluxus, considerato il principale precursore della videoarte, è stato definito "un artista consapevole del proprio tempo", capace di utilizzare l'oggetto televisore e la telecamera sia come elementi con cui produrre videosculture, videoinstallazioni, divenuti poi veri e propri oggetti alla moda. Tra i protagonisti della stagione dell'happening newyorkese, Paik ha creato un connubio proficuo fra arte, musica, teatro e fotografia. A partire dagli anni Ottanta la sua ricerca si è concentrata sulla tecnologia satellitare e sul mondo del computer quindi del design. Ha collaborato, fra gli altri, con John Cage, Peter Moore, Laurie Anderson, Joseph Beuys e Merce Cunningham. Inoltre l'opera ha rappresentato una fonte di ricerca nell'arte elettronica, perché nel melodramma c'è musica, movimento, spazio e moda. Così, se un'operazione di arte elettronica riesce con successo, ritengo che debba essere considerata un'Opera elettronica. Testimoniano questo legame dell'artista con la nostra cultura, i robot dedicati a Luciano Pavarotti e Maria Callas e l'opera del 1995 dal titolo "Oriental Painting, Direttore d'Orchestra".
Presenti in mostra altre importanti opere come "Sfera. Punto elettronico" del 1990-92, "TV Cello", 1992 e "Young Buddha on Duratrans Bed", del 1989-1992.
Paolo Fontanesi