ROBERT DOISNEAU, IL FOTOGRAFO DI UNA PARIGI SEMPLICE

Preferiva essere definito poeticamente come un “pescatore di immagini” e sentiva la necessità di immergersi completamente nella realtà. 
Robert Doisneau (Gentilly, 14 aprile 1912 – Montrouge, 1º aprile 1994) è stato un grande maestro della fotografia francese. Un fotografo con uno stile poco convenzionale e fuori dagli schemi della “professionalità” generalmente accettata, si dimostra anche nel suo stile. 
E’ considerato il rappresentante più famoso della cosiddetta “fotografia umanista”. Nasce in un sobborgo di Parigi che segnerà profondamente la sua estetica e il suo modo di guardare le cose. Inizia come incisore, settore che abbandona presto per orientarsi verso la fotografia.
Negli anni trenta sceglie dunque definitivamente che quella sarà la sua strada. Lo sforzo maggiore è quello di donare dignità e valore alla fotografia, occupandosi in primo luogo di soggetti che non interessavano a nessuno e che non avevano nessun valore commerciale. 
Fece numerose fotografie ad artisti come Pablo Picasso. Il soggetto preferito del suo obbiettivo era Parigi nella sua semplice umiltà. Produce una serie di scatti innovativi, geniali e dominati da una forte carica umana: sono le immagini che lo hanno reso celebre. Quello che colpisce gli amanti delle fotografie e gli operatori del settore è che non si tratta della solita Parigi, quella della pubblicità, della moda, dei giornali o del cinema ma è una Parigi di piccola gente, di grandi e bambini, i cui sguardi trasudano umanità e tenerezza. Tra le produzioni di questo periodo si possono citare le celebri “Les petits enfants au lait” del 1932, “Les Frères” del 1934, “Banlieues” tra le quali spicca la storica “Banlieue la nuit” del 1947, “Le dent” del 1956. Immancabili i celebri “baci” del 1950.
Doisneau, ha dichiarato in un’intervista: “Vi spiego come mi prende la voglia di fare una fotografia. Spesso è la continuazione di un sogno. Mi sveglio un mattino con una straordinaria voglia di vedere, di vivere. Allora devo andare. Ma non troppo lontano, perché se si lascia passare del tempo l’entusiasmo, il bisogno, la voglia di fare svaniscono. Non credo che si possa “vedere” intensamente più di due ore al giorno”.

Alessia Marcon