SALVADOR DALI’: LA PAZZIA NON CERTA

“L’unica differenza tra me e un pazzo è che io non sono pazzo” . 
Salvador Domènec Felip Jacint Dalí i Domènech, marchese di Púbol (Figueres, 11 maggio 1904 – Figueres, 23 gennaio 1989), è stato un pittore, scultore, scrittore, cineasta, designer e sceneggiatore spagnolo.
E’ facile chiamare pazzo un artista straordinario, difficile è dimostrarlo. G. Bernard Shaw disse una volta: “Si usano gli specchi per guardarsi il viso e si usa l’arte per guardarsi l’anima”.
Nasce dal sole della Catalogna, a Figueras, l’11 maggio 1904 Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalí Domènech, marchese di Pùbol.
Studia all’Accademia di belle arti a Madrid e qui conosce e frequenta Bunuel e Garcìa Lorca; nel 1923 viene sospeso dalla scuola per aver guidato una mini-rivolta contro un professore ritenuto inadatto agli studenti: interviene la polizia e Dalì è tenuto d’occhio. Un anno dopo finisce in carcere per un mese, sospettato di avere simpatie per il movimento indipendentista catalano: era del resto il solo abbonato, in tutta Figueras, al giornale della sinistra francese.
Nel 1925 espone a Barcellona con un discreto successo di critica ma viene espulso dell’Accademia per aver giudicato incompetente la commissione esaminatrice. Risale a questo periodo fecondo Figura a una finestra (Giovane donna in piedi alla finestra),
dipinto che ritrae la sorella diciassettenne Ana Marìa, affacciata alla finestra della loro casa di vacanza a Cadaqués: Dalì subisce la fascinazione della schiena femminile che risale alle impressioni infantili sulla bambinaia.Più tardi sarà Gala, la compagna di tutta una vita, a servire da modella per numerose variazioni su questo tema. Lei è Elena Ivanovna Diakonova, un’espatriata russa di undici anni più grande di lui che in quel momento è sposata con il poeta surrealista Paul Éluard. Dalì la sposa nel 1934 con rito civile e nel 1958 con rito cattolico.
Nel 1926 è a Parigi dove incontra Picasso che pure conosceva bene come artista: la prima pittura di Dalì risente dell’influenza delle concezioni futuriste e cubiste e dell’opera di De Chirico. Tornato a casa dipinge un gruppo di opere che riunisce sotto il nome di Momento delle accademie neocubiste tra le quali questa Donna sdraiata.
E’ più di una semplice influenza, in questo caso si può parlare di un dipinto nello stile Picasso poichè sono tante le caratteristiche che lo richiamano: dalla monumentalità della figura costruita per solide masse (che sembrano fondersi con la roccia) alla struttura geometrica. Anche per questo olio su tavola del 1926, Dalì si serve della sorella come modella, la quale è identificabile dall’ombra che il profilo proietta sul braccio destro (contorni identici di Ana Marìa, presenti su tante fotografie dell’epoca); di questo dipinto esiste uno studio a matita esposto a Barcellona.
Il 1929 è un anno fondamentale per Dalì che a Parigi entra nel gruppo dei surrealisti con l’amico e conterraneo Mirò e la sua attenzione viene ben presto catturata dai maestri dell’inconscio tradotto su tela; il surrealismo di Salvador Dalí però è fortemente personalizzato: ispirato a Giorgio De Chirico (Volos, 10 luglio 1888 – Roma, 20 novembre 1978) ed imbevuto di richiami alla psicanalisi freudiana, è caratterizzato da una tecnica minuziosa, levigata e fredda.
Renè Magritte (Lessines, 21 novembre 1898 – Bruxelles, 15 agosto 1967) e Paul Eluard sono affascinati dal giovane artista spagnolo, ricco di caratteristiche fuori dal comune, e promettono di andare a trovarlo a Cadaquès. Vi andranno l’estate successiva con le rispettive mogli che, assieme a Gala, formeranno un sodalizio raccontato ampiamente nella Vita segreta di Salvador Dalì (autobiografia del 1941).
Sono del 1929 L’enigma del desiderio (mia madre, mia madre, mia madre) e Il grande masturbatore.
Nel primo, in un vasto paesaggio desertico si eleva una strana roccia a forma di ala levigata dagli agenti atmosferici nel corso di ere geologiche; questa bizzarra formazione emerge dal terreno e culmina nella testa senza bocca che al terreno ritorna: la palpebra chiusa, insieme alle cavallette, la testa femminile, i lunghi capelli, il pesce e la mano che brandisce un coltello diventeranno presenze costanti e simboli delle ossessioni daliniane. Così nel secondo (olio su tela, sempre del 1929), ritorna la commistione tra simboli fallici, testa umana e rocce della Costa Brava, l’autoritratto traduce l’angoscia come motivo centrale dell’esistenza di Dalì; il titolo esplicito non lascia dubbi circa le implicazioni sessuali dell’artista: dalla lingua rosata del leone africano al pistillo della calla. Salvador Dalì in quel periodo teme di perdere il lume della ragione, il brulicare delle formiche sul grottesco profilo dall’enorme naso esprimono con forza il delirio e il profondissimo disagio del catalano. Riemergerà quello stesso anno grazie all’incontro con Gala.
La figura centrale di profilo, con lunghe ciglia e privata della bocca è il tema anche de La persistenza della memoria (gli orologi molli 1931), dipinto tra i più famosi ed enigmatici di Dalì.
L’origine di questo olio su tela è raccontata dallo stesso Autore nell’autobiografia citata: una fetta di formaggio Camembert dalla tenera consistenza è parte della cena solitaria di Dalì, Gala è uscita con alcuni amici e lui, rimasto solo, ha l’ispirazione per il dipinto che termina in poche ore.
Il quadrante deformato dell’orologio, come sul punto di sciogliersi, riconduce nettamente al motivo del tempo che passa: “Il tempo è la dimensione delirante e surrealista per eccellenza”.

Spellbound, Salvador Dalì - 1945
Spellbound, Salvador Dalì – 1945

Nel 1945, Dalì collaborò con Alfred Hitchcock (Londra, 13 agosto 1899 – Los Angeles, 29 aprile 1980) nella realizzazione di “Spellbound”, la scenografia del film “Spellbound – Io Ti Salverò”. Hitchcock voleva rappresentare i sogni in un modo completamente nuovo; voleva una nuova scenografia del sogno, non più quella classica con “la nebbia che confonde i contorni delle immagini” o con “uno schermo che trema”, ma di “tratti netti e chiari”. Dalí, grazie il suo genio creativo, sfidò i preconcetti di realtà e normalità, ed efficacemente espresse un mondo onirico basato sull’immagine ricorrente di un occhio che ha rilasciato la natura nascosta del personaggio nel film.

Uno tra i più spettacolari dipinti religiosi di Dalì è il Cristo di San Giovanni della Croce (1951)
Corpo tonico e muscoloso, a Cristo Dalì toglie i segni della Passione (corona di spine e chiodi), lo innalza bello come un Dio ma fino ad un punto tale che l’Uomo possa vedere al di sopra delle spalle.
Nel 1980 la salute di Dalì riceve un colpo durissimo: la moglie Gala, colpita da una forma lieve di demenza senile, probabilmente gli somministra un pericoloso cocktail di medicinali senza che gli fossero prescritti, danneggiandogli il sistema nervoso e provocando la precoce fine delle sue capacità artistiche. All’età di 76 anni Dalì è ridotto a un relitto e la sua mano destra trema in maniera terribile in preda a sintomi molto simili a quelli del morbo di Parkinson.
Nel 1982, Re Juan Carlos I di Spagna concede all’Artista il titolo di Marchese di Púbol e più tardi il pittore lo omaggerà donandogli un disegno (che sarà anche il suo ultimo) quando il Re gli farà visita sul letto di morte.

 

Tristan Tzara, Paul Éluard, André Breton, Hans Arp, Salvador Dalí, Yves Tanguy, Max Ernst, René Crevel e Man Ray 

Il talento artistico di Dalí ha trovato espressione in svariati ambiti, tra cui il cinema, la scultura e la fotografia, portandolo a collaborare con artisti di ogni settore.

Atomicus di Salvador Dalì, scatto di Philippe Halsman
Atomicus di Salvador Dalì, scatto di Philippe Halsman
"In Voluptas Mors", scatto di Philippe Halsman
“In Voluptas Mors”, scatto di Philippe Halsman

I suoi atteggiamenti spesso stravaganti hanno talora irritato i detrattori ma è con Man Ray (Filadelfia il 27 agosto 1890 – Parigi, 18 novembre 1976), Brassaï  (Brașov, 9 settembre 1899 – Èze, 8 luglio 1984) e Philippe Halsman (Riga, 2 maggio 1906 – New York, 25 maggio 1979), che Dalí realizza rivoluzionarie fotografie artistiche. Con Halsman ha realizzato capolavori come “Dalì Atomicus” del 1948 e “In Voluptas Mors” del 1951 che ritrae sette donne nude che formano un teschio. L’eclettismo del maestro Dalì lo portò a raggiungere importanti risultati anche in campi come la moda, la gioielleria, il teatro, l’arredamento, il cinema, la scienza e l’architettura.
Con la morte della moglie, il 10 giugno 1982,  Dalì perde la maggior parte della sua voglia di vivere. Si lascia deliberatamente disidratare, forse un tentativo di suicidio o forse quello di porsi in uno stato di animazione sospesa.Il 23 gennaio 1989, mentre sta ascoltando il suo disco preferito, “Tristano e Isotta” di Wagner, muore per l’ennesimo ma fatale attacco di cuore. Ha 84 anni. Viene sepolto all’interno del suo Teatro-Museo di Figueres, che si trova dall’altro lato della strada rispetto alla chiesa in cui è stato battezzato e solo a tre isolati di distanza dalla casa in cui era nato.
Fu un artista molto versatile. Alcune delle sue opere più celebri prevedono sculture o altro tipo di creazioni ma si distinse anche per i suoi contributi al teatro, alla moda, alla fotografia e altre discipline.

” La gelosia degli altri pittori è stata sempre il termometro del mio successo”.

 

Arman Golapyan