LA CORAZZATA POTEMKIN: UN FILM “RIVOLUZIONARIO”

Il 21 Dicembre 1925, al teatro Bol’šoj di Mosca, si teneva la prima proiezione ufficiale de La Corazzata Potemkin, uno dei massimi capolavori della settima arte.
Troppo spesso, nelle scuole di cinema oppure in televisione, sono apparse soltanto poche scene “mitiche”, a simboleggiare l’alto livello di una simile pellicola; come se bastassero giusto alcuni frammenti per capire un’opera molto più complessa, che a dispetto dell’età e della realizzazione (muta, in bianco/nero) regala ancora una certa godibilità al pubblico.
La Corazzata Potemkin è un film rivoluzionario, non soltanto per gli aspetti che tratta e cerca soventemente di esaltare: nel 1925, infatti, ricorreva il ventesimo anniversario della Rivoluzione Russa; l’idea del lungometraggio doveva essere dunque inizialmente una semplice celebrazione dell’evento.
Invece, a prodotto finito, ci si accorse subito di essere di fronte a qualcosa di unico: il regista Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, grande teorico oltre che straordinario artista, aveva adoperato tecniche di ripresa tanto rivoluzionarie quanto gli accadimenti sullo schermo.
La storia è semplice: a bordo di una nave, appunto la corazzata omonima del titolo, i marinai protestano per la carne avariata e piena di vermi; un ispettore mente spudoratamente riguardo al cibo, giudicandolo perfetto. L’ammutinamento inizia: durante gli scontri, però, il capo dei sovversivi rimane ucciso; i suoi compagni lo portano a terra, esponendolo pubblicamente in una tenda.
E’ a questo punto che interviene l’esercito zarista, sulla famosa scalinata di Odessa.
I soldati sparano a vista sulla gente, senza fare distinzioni; qui Ėjzenštejn supera se stesso mostrando una madre gravemente ferita: la donna cade, lasciando scivolare giù per i gradini la carrozzina del proprio bambino.
Dopo un simile momento drammatico, più volte omaggiato con citazioni o parodie (si pensi soltanto a Gli Intoccabili di Brian De Palma), i marinai tornano in mare per affrontare una flotta nemica al servizio dello zar; inaspettatamente lo scontro non si verifica, ma anzi la Potemkin viene lasciata passare con dimostrazioni di solidarietà.
Il film, grazie alla possente materia narrativa, diede il via a quel movimento sorto nel 1934 in Unione Sovietica, chiamato realismo socialista.
Ciò che aveva condizionato così tanto il cinema russo, era la forma: il montaggio analogico, ovvero l’associazione di due immagini completamente diverse per rendere un’emozione; la scelta di raccontare storie comuni, di personaggi del popolo, con rigore quasi documentaristico; la profondità di campo, indispensabile per acuire i contrasti dell’inquadratura.
Sono questi i motivi per cui, ancora dopo 87 anni, La Corazzata Potemkin rimane un caposaldo imprescindibile nella storia della settima arte.

Gabriele Fagioli.