NATALE NELLE LANGHE

La neve anticipata di quest’anno ha trasformato le colline piemontesi nel classico paesaggio da cartolina invernale. Dopo l’8 dicembre poi, gli alberi addobbati e le luci intermittenti che seguono i contorni delle finestre e delle case hanno vestito definitivamente di atmosfera natalizia il panorama. Malgrado la crisi, oppure forse proprio grazie a quella, anche in queste zone ci si concentra su un menu natalizio senza troppi virtuosismi o spese eccessive, che ammicca invece alla tradizione, l’unica a resistere imperterrita agli scossoni della borsa e al calo del pil. Allora perché non entrare in una vecchia cascina langarola, con il camino acceso e le donne affaccendate in cucina, per gustarsi il Natale come una volta? Prima di tutto bisogna aspettarsi la classica sfilata di antipasti, dal vitel tonné al salame cotto, dai tomini al verde alla carne cruda all’Albese, dai peperoni con la bagna caoda alla salsiccia di Bra. L’inizio è senza dubbio di tutto rispetto e basterebbe a saziare chiunque, eppure non è che un piccolo assaggio, perché il grosso del pranzo deve ancora incominciare. In queste terre sono due i primi che non possono mancare su una tavola in festa: prima di tutto i tajarin (sottilissime tagliatelle di pasta all’uovo), conditi con sughi a base di carne o di interiora, con i funghi o semplicemente con burro e salvia, oppure, quando si ha molta fortuna, si può trovare la variante “ricca”, che prevede una copiosa grattata di tartufo bianco locale. E poi ci sono gli agnolotti, il vero cavallo di battaglia di qualsiasi cuoco che si rispetti fra queste colline: anche in questo caso il condimento può prevedere ragu’ di carne o burro e salvia, ma la tradizione esige il classico “sugo d’arrosto”, che è in grado di esaltare il ripieno di carne e verdure e la callosità della pasta. Una preparazione che risale a un lontano passato prevede la cottura “nel tovagliolo”, vale a dire in un canovaccio di tela e senza condimento, mentre secondo un’altra antica ricetta gli agnolotti vengono serviti immersi in una scodella di vino.
So che a questo punto sembrerà impossibile poter continuare con il pranzo, però bisogna cercare di ricavare ancora un po’ di spazio nello stomaco, perché stanno per arrivare i secondi, a partire dal ricco carrello dei bolliti misti, diversi tagli di carne bollita per ore con aromi e verdure da condire con il classico bagnetto verde (a base di prezzemolo, aglio e olio) oppure con la cugnà, mostarda d’uva tipica di queste parti. E come si fa a non assaggiare il fritto misto alla piemontese? Carne, interiora, verdure, frutta e dolci, tutti rigorosamente impanati e fritti per essere poi presentati nello stesso piatto.
È naturalmente d’obbligo, prima di passare al dolce, una sosta al carrello dei formaggi, per assaggiare almeno un pezzetto di Robiola o di Toma di Murazzano. E, dopo questo viaggio gastronomico indietro nella tradizione, si può finalmente chiudere in bellezza con una torta di nocciole IGP o un bunet (un’antica variante di budino preparato con cacao e amaretti). A questo punto si può anche considerare chiuso il ciclo delle nostre pietanze natalizie e pensare a come organizzare il nostro prossimo banchetto!!
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Andrea Gori