I RESTI DELL’IMPERO KHMER AD ANGKOR (CAMBOGIA)

Siamo al quindicesimo giorno del nostro viaggio e il Giro del Mondo in 80 giorni ci porta a scoprire la Cambogia. Chiudendo gli occhi, immaginiamo foreste, una vegetazione rigogliosa, una forte umidità che rende difficoltoso il cammino. Ma ci stupiamo, trovando Angkor, una perla adagiata tra i monti e il lago Tonle Sap, custode di un’immensa area archeologica. La fortuna di vantare di numerosissimi siti deriva dal legame della città con l’Impero Khmer, del quale, tra il IX e il XV secolo, ne fu centro e capitale. L’Impero Khmer nacque agli inizi del IX secolo e neanche un secolo dopo pose la sua capitale ad Agkor, arricchendo la zona di numerosi santuari e templi, oltre che di opere pubbliche. Fu questo il momento di massimo splendore della civiltà che, a partire dal XIII secolo, iniziò a sentire la pressione dell’espansione dei vietnamiti per poi decadere (XV secolo) e divenire vassallo dei regni vicini. Il parco archeologico di Angkor comprende un’area di circa 400 km quadrati e conta un totale di circa mille templi e resti di edifici residenziali, eretti nel corso degli anni dai diversi regnanti. Del complesso archeologico, il tempio più conosciuto è Angkor Wat, opera del re Suryavarman II che avviò i lavori nella prima metà del XII secolo, terminandoli in circa 40 anni. Il tempio, che ha funzione di mausoleo, ha forma rettangolare ed è sormontato da cinque torri. La struttura è protetta da mura perimetrali e da un fossato percorso da gallerie, testimonianza che l’edificio coniuga il modello del tempio-montagna (all’interno di un fossato) e il modello del tempio a galleria. La simbologia religiosa è preponderante in quest’architettura: il mausoleo richiama il monte delle divinità, il fossato rappresenta l’oceano. Mai abbandonato nel tempo, il tempio di Angkor-Wat è apprezzato come costruzione equilibrata e armonica: parte delle decorazioni e degli stucchi originali sono andati persi nel tempo, nonostante rimangano esempi di bassorilievi e statue. Il sito è talmente celebre che il mausoleo è rappresentato nella bandiera nazionale cambogiana: anche con il declino dell’Impero Khmer, posto sotto attacco dai Thai nel XV secolo, il sito di Angkor-Wat, infatti, riuscì a mantenere un certo ruolo, rimanendo per molto tempo un primario centro di pellegrinaggio buddista. Il grandissimo fascino di Angkor deriva anche dalla riscoperta della quale è stata oggetto: progressivamente abbandonata, la città e i suoi templi furono riscoperti sotto il manto della vegetazione solo alla fine dell’Ottocento, quando furono avviati i primi restauri. Come non immaginare lo stupore della scoperta di questa grande città di pietra celata sotto gli intrecci contorti della giungla? Una nuova El Dorado dal profumo orientale, nascosta dal verde brillante della foresta. Angkor conta numerosissimi siti quali Bayon, Banteay Kdei, Baphuon, Mebon, Baray, Neak Pean, Baksei Chemkrong, Preah Ko, Spean Thma, Banteay Samré e Ak Yum, oltre a molti altri. Di questi, Ak Yum rappresenta probabilmente il più antico esempio di tempio-montagna della zona, nonostante sia stato ricostruito in più fasi tre l’VIII e l’XI secolo. Come nell’esempio di Angkor-Wat, la struttura conserva resti di decorazioni consistenti in bassorilievi con motivi vegetali, medaglioni e statue. Questi eccezionali simboli dell’Impero Khmer richiamano ogni anno circa due milioni di turisti, attratti dal fascino della scoperta di queste vestigia portate alla luce dalle trame misteriose della giungla.

Tarcisio Agliardi e Federica Gennari