Nonostante sia conosciuto anzitutto come matematico e scienziato, Pitagora fu anche filosofo e politico greco, celebre fondatore della Scuola pitagorica e “scopritore” del teorema matematico, che da esso prende il nome. Nato a Samo nel 570 a.C., vanta numerose leggende e biografie a suo carico che lo illustrano come figlio del dio Apollo, soprattutto per le eccezionali qualità di profeta, mago e guaritore. Origini divine a parte, in queste biografie tarde risulta difficile distinguere l’invenzione fantastica dal dato storico; le testimonianze dei contemporanei (quali Eraclito ed Erodoto) allo stesso modo sembrano mescolare indistintamente leggenda e realtà. Altrettanto difficoltosa è la ricostruzione del pensiero pitagorico originario, rispetto alle successive elaborazioni del pitagorismo, che in parte sicuramente deformano il pensiero del maestro. Sotto l’aspetto biografico, sembra si possa riconoscere la sua formazione presso i filosofi Anassimandro e Ferecide a Samo, città dalla quale si trasferì (probabilmente per problemi politici derivati dall’opposizione al tiranno Policrate) alla volta di Crotone, in Magna Grecia (530 a.C.), dove poté fondare la propria scuola. Si narra inoltre che si sposò con Teano, dalla quale ebbe tre figli. In precedenza compì viaggi in Egitto, Siria, Fenicia e Babilonia. Diverse sono le versioni riguardanti la sua morte, probabilmente avvenuta attorno al 495 a.C.: secondo alcune fonti morì in un incendio doloso appiccato durante una riunione della setta, contro la quale si erano scagliati i democratici; secondo altri morì presso Metaponto, dove si rifugiò dopo aver fatto tappa a Taranto; un’ultima versione lo volle ucciso durante una fuga, rifiutandosi, in coerenza con la sua celebre avversione per le fave, di salvarsi in un campo coltivato a legumi. Per quanto concerne la scuola pitagorica, dalle fonti si deduce che l’accesso era subordinato ad un esame del carattere e delle credenziali del candidato; l’allievo era tenuto a frequentare il maestro e ad adattarsi a forti limitazioni sessuali ed alimentari (vegetarismo), abbinate a obbligo di comunanza dei beni. All’interno della scuola vigeva una distinzione tra i discepoli uditori (acusmatici) e coloro ai quali era permesso discutere con il maestro, giungendo ad un apprendimento scientifico più profondo (mathematici). I tratti principali del pensiero del filosofo greco ci pervengono tramite alcuni scritti della prima era cristiana, i testi di Filolao ed alcune testimonianze estratte da opere di altri autori. I contenuti più conosciuti della filosofia pitagorica riguardano un insegnamento mistico-religioso e un insegnamento matematico-scientifico: la credenza secondo la quale gli animali posseggono un’anima uguale agli uomini, anche detta “metempsicosi”; la trasmigrazione e reincarnazione dell’anima (desunta dalla dottrina orfica) per raggiungere la catarsi (purificazione), compiuta attraverso la scienza; teorie matematiche (rapporti, proporzioni, geometria, numeri pari/dispari, primi e irrazionali), tra le quali il celebre “Teorema di Pitagora”; il rapporto armonico tra numeri e note musicali (base della scala musicale) scoperto con la realizzazione di un monocordo, con rapporti proporzionali applicati nelle distanze tra le stanghette poste sulle corde. Sotto il profilo politico, l’interessamento lo spinse a progettare la conquista aristocratica di Crotone e di tutta la Magna Grecia. Il partito pitagorico riuscì a imporsi a Crotone ma, sfociando probabilmente in dittatura, provocò una rivolta (500 a.C.) guidata da Cilone, ritenuto responsabile dell’incendio appiccato durante la riunione dei pitagorici dove, secondo alcune leggende, morì il maestro.
Federica Gennari