Il 3 gennaio 1117 un gravissimo e devastante terremoto colpì l’area padana, distruggendo e danneggiando molti edifici sacri. A seguito dell’evento, in tutta la zona si avviò un’intensa campagna ricostruttiva che portò all’erezione di molti dei gioielli romanici del nord Italia: lo stesso valse per la Cattedrale cremonese di Santa Maria Assunta, per la quale i lavori iniziarono il 26 agosto dello stesso anno, per concludersi con la consacrazione, avvenuta nel 1190. È assai probabile che al momento del sisma fosse già presente un edificio (completato o in costruzione) e che pertanto il materiale (soprattutto decorativo) sia stato riutilizzato nel cantiere del 1117. Nonostante la sontuosa veste barocca che maschera la struttura, l’ossatura della cattedrale conserva un’origine medievale, in parte modificata sul piano planimetrico: il progetto romanico prevedeva una basilica a tre navate priva di transetto e una facciata affiancata da due torri, secondo il modello nord-europeo. Già nel Trecento, diversi interventi stravolsero l’edificio originario con l’accorpamento del transetto e il completamento del vicino Torrazzo, divenuto solo successivamente torre campanaria. Il Torrazzo, spesso considerato il simbolo della città, svetta con i suoi 112 metri di altezza, regalando un’eccezionale visuale, dalla città fino al tracciato del Po: questa imponente struttura nacque dalla sovrapposizione di una torre civica della seconda metà del XIII secolo e una terminazione sovrastante riconducibile al 1305, attualmente coronata dall’orologio astronomico, installato nel 1538. L’esterno della Cattedrale mantiene in larga pare memoria delle origini romaniche: la facciata, che si erge sulla Piazza del Comune, è rivestita in marmo bianco di Carrara e il marmo rosa veronese ed è cesallata da numerosi elementi architettonici in grado di dare un interessante effetto plastico. Accanto al rosone centrale, infatti, si aprono serie di loggette che incorniciano il voluminoso protiro della Porta Regia, sormontato dalle statue di Sant’Imerio, Sant’Omobono, patrono della città, e della Vergine Maria. Gli stipiti del portale rivelano quattro preziosi bassorilievi, probabilmente derivati dalla chiesa ante-1117 e raffiguranti i profeti Geremia e Isaisa, Daniele ed Ezechiele, secondo uno stile prettamente romanico, riscontrabile anche nel fregio dei Mesi sopra l’arco del protiro. In età rinascimentale la facciata è stata arricchita della Bertazzola, il porticato che congiunge la Cattedrale e il Torrazzo (sormontata dalle satue dei santi protettori della città), e dal coronamento della parte superiore. Il grande trionfo decorativo dell’esterno non è che l’assaggio dello splendore artistico dell’interno: l’impianto medievale, rilevabile nei matronei a bifora e nei pilastri, è raccordato a una copertura gotica con volte a sesto acuto e completamento rivestito di un manto di illustrazione ad affresco. Sulla superficie della navata centrale si snodano le Storie della Vergine e di Cristo di Boccaccio Boccaccino (1514), concluse da Gianfrancesco Bembo e Altobello Melone nel 1516. A completamento del ciclo, nel 1519, il Pordenone realizzò gli ultimi tre episodi, annettendo, nella controfacciata, le scene della Crocefissione e della Deposizione. La drammaticità delle opere del Pordenone conferisce alle rappresentazioni intensità espressiva e stilistica uniche che, sommate agli effetti prospettici, rendono i pezzi di grande interesse: nella Deposizione, infatti, l’artista applica un curioso effetto ottico al piede di Cristo, in grado di dare allo spettatore un effetto di doppia prospettiva, a destra e a sinistra. Nella zona absidale si può rimirare un’altra opera del Boccaccino, che ivi realizzò il Redentore tra i Santi Imerio, Marcellino, Omobono, e Pietro esorcista (1506). Nella Cappella del Santissimo Sacramento, risalente al 1633, presso il prezioso altare in marmo e argento del Molosso, sono presenti otto tele, sei delle quali derivate dall’ancona cinquecentesca disegnata da Giulio Campi e due, opera di Giovanni Angelo Borroni. Interessanti anche le navate minori del transetto, dove si conserva una decorazione quattrocentesca con affreschi relativi all’Antico Testamento, con le Storie di Giuseppe e dei suoi fratelli e le storie di Giacobbe, Rebecca ed Esaù. Questo incredibile sfarzo decorativo, che impreziosisce l’interno con un vivace tessuto ad affresco, è valso alla Cattedrale il soprannome di “Cappella Sistina padana”, rendendo onore allo straordinario impatto artistico della visione da parte dello spettatore. A questo va inoltre a sommarsi l’apparato d’arredo dell’edificio, che conta il meraviglioso coro ligneo intagliato del Platina (1484), la Croce d’argento del 1478 e i 12 arazzi con le Storie di Sansone (1629) per la navata centrale, esposti al pubblico solo in determinate occasioni. Non va assolutamente tralasciata la cripta romanica, rinnovata nel Seicento e ospitante l’Arca dei santi Marcellino e Pietro (1506). Per chi volesse trattenersi qualche minuto in più, si consiglia l’attenta osservazione dell’illustrazione dell’Ultima Cena (navata), per la quale è stato supposto che la figura accanto al Cristo non sia, come da tradizione, Giovanni, quanto piuttosto la Maddalena, dati i tratti evidentemente femminili. Vertità o menzogna?
Federica Gennari