I grandi dibattiti televisivi tra Obama e Romney su Medio Oriente, droni, Afghanistan e primavere arabe non devono aver tramesso agli elettori americani una grande senso della dialettica, visto che i due sfidanti si sono trovati d’accordo sostanzialmente su tutto. Compresi gli strafalcioni, perché quando Romney ha confuso Assad con Annan e ha parlato di 3 mila vittime in Siria anziché 30 mila, nessuno ha fatto una piega, nemmeno Obama. Segno che malgrado due guerre del Golfo e una in Afghanistan, il Medio Oriente continua a trovare gli elettori americani, e non solo loro, piuttosto impreparati quando non indifferenti. Ma con l’uragano Sandy, che ha fatto rotta su Washington e New York, finalmente si torna alla politica interna e ai problemi di casa.
Il tema sono le privatizzazioni e l’occasione dello scontro è la Protezione Civile, la celeberrima Fema. Il New York Times ha ricordato che Mitt Romney, in uno dei recenti dibattiti della campagna elettorale, ha dichiarato di volerla eliminare per delegare i suoi compiti ai singoli Stati: in questo modo, l’organizzazione dei soccorsi e il pronto intervento in eventi drammatici verrebbero affidati a privati. “Romney – ha accusato il NYT, è convinto che aziende private, in cerca di profitto, avrebbero fatto un lavoro migliore”. È il tasto emotivo che negli ultimi giorni di campagna elettorale Obama sceglie di giocare con gli americani travolti dall’uragano Sandy sulla East coast: soccorsi, acqua e assistenza sanitaria in queste ore sono gestiti proprio dall’unità della crisi della Fema, la Federal Emergency Management Agency.
La vittoria elettorale di Obama secondo gli ultimi sondaggi è probabile ma tutt’altro che certa, eppure lo sfidante democratico dimostra di aver capito bene che sono i temi della destra radicale il suo vero asso nella manica. Se i repubblicani puntano tutto sul mercato, i moderati potrebbero spaventarsi e riconfermarlo: quale evento migliore dell’uragano Sandy per ricordare a tutti i rischi del ‘tutto mercato e poco Stato’?
Il repubblicano Romney, invece, punta sui posti di lavoro: ne ha promessi 12 mila in quattro anni. Con la disoccupazione all’8% in America potrebbe rivelarsi un buon argomento. Come farà a creare questi posti di lavoro lo ha spiegato subito: “penso che abbiamo bisogno di rialzarci dalla povertà di questi quattro anni – ha dichiarato Romney. Dal primo giorno intendo abolire leggi, come la Obamacare, che non possiamo sopportare finanziariamente”.
Ma se l’Obamacare e la Fema costano troppo alla sfera pubblica, allo Stato deve crederci un po’anche Romney che pochi giorni fa, durante un comizio nell’Ohio, dove ha sede un importante stabilimento della General Motors e dove Obama è avanti di quattro punti percentuali, ha accusato Fiat di volere spostare in Cina una parte della produzione di Chrysler, ovvero la catena produttiva di Jeep. “Ho letto in un articolo – ha detto Romney, che una delle grandi industrie dell’Ohio, Jeep, che adesso è controllata dagli italiani, sta pensando di spostare tutta la produzione in Cina. Io mi batterò affinché i posti di lavoro restino in America”. Il Detroit News ha subito smentito la notizia, dicendo che Romney ha fatto riferimento a una news rilanciata in maniera scorretta sui blog conservatori. Ma quello che conta è la sostanza del suo intervento a protezione dei posti di lavoro in America: privatizzazioni sì, ma non depauperamento del sistema produttivo del Paese. Tra le due cose, ne corre di differenza. Magari la pensassero così anche i neocon di casa nostra: se Romney avesse tenuto il suo comizio a Termini Imerese, da noi avrebbe già in mano la vittoria.
MONICA MISTRETTA.