Una famiglia, Un clan e Un Genio.
La figlia Elbe lo ha definito “il signore del rinascimento, sopravvissuto all’era industriale”.
Ettore Arco Isidoro Bugatti, (Milano, 15 settembre 1881 – Neuilly-sur-Seine, 21 agosto 1947) è stato un imprenditore, ingegnere e designer Italiano, fondatore della casa automobilistica Bugatti, nota specialmente per le sue vetture sportive ed estreme, ma anche per le sue lussuose e particolari vetture d’anteguerra.
Si dice che “il buon sangue non mente mai”, infatti la sua creatività è giustificabile dalla sua provenienza da una famiglia di artisti; è il figlio più grande di Teresa Lorioli e Carlo Bugatti (1856–1940), inventore della bicicletta da corsa e un importante designer di mobili e gioielli in stile Art Nouveau.
E’ il fratello di Rembrandt Bugatti (1884–1916), un importante scultore suicidato a 31 anni, sua zia, Luigia Bugatti, era moglie del pittore Giovanni Segantini, e suo nonno paterno, Giovanni Luigi Bugatti, era scultore e architetto.
Dopo aver fondato la sua compagnia di automobili, Ettore Bugatti ha disegnato alcuni modelli per altre aziende come Prinetti & Stucchi, per la quale ha prodotto nel 1898 la Type 1, per poi, tra il 1900 e 1901, produrre I primi esemplari di Bugatti, due modelli progettati e costruiti dallo stesso Ettore Bugatti, con l’aiuto finanziario del padre Carlo e della famiglia Gulinelli di Ferrara, Conosciuti come Bugatti-Gulinelli Type2, vincitrice del GP di Milano, che gli permette di essere notato dall’alsaziano de Dietrich.
Dal 1902 fino al 1904, Dietrich ha fabbricato la Bugatti Tipo 3 e 4 e le Tipo 5, 6 e 7 sotto il marchio Dietrich-Bugatti e nel 1907 ha lavorato per la progettazione di Tipo 8 e 9 per la Deutz AG.
Mentre si trovava alla Deutz, Bugatti ha costruito la Bugatti Tipo 10 e nel 1913 ha disegnato per la Peugeot, “la Peugeot Bébé”, e fu con stretto collaborazione con Diatto.
Nonostante fosse nato in Italia, per l’oppressione fascista, la sua produzione si trovava nella zona francese, a Molsheim in Alsazia.
Ettore Bugatti era contemporaneamente conservatore ed innovatore tecnico dell’azienda. Conservatore perché molti suoi modelli mantennero invariate molte soluzioni tecniche nel corso degli anni, per esempio la Tipo 13, rimasta in produzione a lungo o il mitico motore da 3.3 litri che avrebbe equipaggiato un gran numero di modelli durante gli anni trenta. La Bugatti si fece notare immediatamente per la bellezza delle vetture, leggère e sportive che ebbero pure buoni risultati in alcune competizioni, nonostante ciò, per i primi trent’anni, si continuò ad utilizzare lo stesso schema per il telaio e si rifiutarono alcune innovazioni, tra cui la, i motori a sei cilindri e gli alberi a camme in testa.
Il primo modello su cui è stato utilizzato la sovralimentazione fu la Tipo 13 Brescia che venne prodotta dal 1910 al 1926 con diverse cilindrate; successivamente la Bugatti Tipo 35 dal 1922 al 1935 e la Tipo 37.
Nel 1923 la casa partecipò al Gran Premio di Francia a Tours con la Bugatti Tipo 32 “Tank” ma le vetture presentarono gravi inconvenienti di tenuta stradale.
Per la 500 miglia di Indianapolis si utilizzò una Tipo 35 rimaneggiata dal progettista di aerei da caccia Becherau, ma anch’essa manifestò alcuni problemi legati alla lubrificazione.
L’egemonia di Bugatti nelle corse.
Ma dal 1925 in poi che la Bugatti iniziò a vincere regolarmente, in particolare nella Targa Florio, che vinse per quattro anni consecutivi.
Nel 1926 la Bugatti vinse il Campionato del Mondo dei Grand Prix (titolo all’epoca riservato solo alle Case Costruttrici), affermandosi nei Gran Premi di Francia, Europa e Italia.
Ma dopo la morte del figlio di Ettore, Jean, la casa perse lo splendore che l’aveva resa celebre nell’ambito delle corse, ormai la casa aveva perso il suo smalto, infatti nelle competizioni era sfavorita dalla meccanica non più rinnovata.
Ettore Bugatti fu innovatore per altre soluzione tecniche all’epoca poco o niente utilizzate, come la distribuzione plurivalvole, che da una parte diede maggior notorietà alla Bugatti, e dall’altra si impose essa stessa all’attenzione di tutti come nuova soluzione tecnica in alternativa alle classiche distribuzioni a due valvole per cilindro, ecco perché è stato definito dalla figlia “il signore del rinascimento, sopravvissuto all’era industriale”.
La compagnia è anche conosciuta per i numerosi successi nei Gran Premi di automobilismo, specie grazie al modello Type 35 è stata una Bugatti a vincere il primo Gran Premio di Monaco.
Nella seconda metà degli anni venti, Ettore Bugatti lavorò ad una mastodontica vettura di gran lusso, il cui obiettivo era quello di surclassare le già assai prestigiose Rolls-Royce e Maybach. Il risultato fu la Bugatti Royale, (chiamata anche Bugatti Gold per le numerose parti in oro del prototipo) una delle più grandi e lussuose auto di sempre, che entrò nella leggenda nonostante si fosse rivelata alla fine dei conti tutt’altro che un buon affare (infatti vennero vendute solo 3 delle 6 unità prodotte).
Ettore Bugatti ha anche disegnato un vagone ferroviario di cui alcune parti tecniche derivarono dalla Bugatti Royale la cui linea ebbe molto successo, l’Autorail, e un aeroplano, sebbene quest’ultimo non si sia mai alzato da terra.
Il rapido declino di Bugatti iniziò con la morte del figlio, Jean, rimasto ucciso l’11 agosto 1939, all’età di 30 anni, mentre collaudava la Bugatti Tipo 57 nei pressi della fabbrica. Durante la Seconda guerra mondiale la famiglia perse il controllo dell’azienda. Infatti, dopo l’occupazione tedesca della Francia, nel 1941, la fabbrica di Molsheim fu sequestrata e messa a disposizione dell’esercito tedesco. A Bugatti non rimase che cedere volontariamente l’azienda per evitare la vendita giudiziaria all’asta. Ne ricavò 150 milioni di franchi; circa la metà di quanto era stimata. Proprio a causa di questa vendita forzata, al termine del conflitto, fu processato per collaborazionismo e gli vennero confiscati i beni personali, in seguito alla condanna. Bugatti venne assolto al processo d’appello, nel 1947, poco dopo la sua morte, avvenuta all’ospedale americano di Neuilly-sur-Seine e sepolto nel cimitero di Dorlisheim.
Bugatti, seconda fase.
Nel 1963 la Bugatti è venduta alla Hispano-Suiza che la rinominerà Messier-Bugatti; questa azienda (oggi società del Groupe Safran) è tutt’ora attiva e produce componenti per l’aeronautica negli stabilimenti di Molsheim.
Nel 1987 l’imprenditore e finanziere Romano Artioli acquisì i diritti per la produzione di automobili con il marchio Bugatti e poi fondò la nuova azienda denominata Bugatti Automobili s.p.a. con stabilimento a Campogalliano in Largo E. Bugatti, appositamente progettato dall’architetto Giampaolo Benedini.
I nuovi modelli rispettarono la tradizione della Bugatti
anche riguardo al costo: nel 1995 la versione più accessoriata della EB110 costava oltre un miliardo di lire, un prezzo giustificato dall’essere la prima vettura di serie (seppur in numero limitato) ad avere un telaio in fibra di carbonio, che veniva realizzato dalla società francese Aerospatiale su progetto di Paolo Stanzani e Marcello Gandini.
Nel 1995 la Bugatti Automobili s.p.a. dichiara fallimento, Le difficoltà finanziare costrinsero Artioli a vendere l’industria. All’asta fallimentare il costruttore tedesco Dauer Racing GmbH si aggiudica tutto il magazzino ricambi della casa e cinque telai completi, così riprende la produzione della EB110 e la commercializza le cinque vetture con il nome di Dauer EB110.
La Bugatti terza fase
Nuova Bugatti Veyron
Nel maggio 1998 il Gruppo Volkswagen acquista i diritti legati al marchio Bugatti. Nel corso dello stesso anno presenta il prototipo EB118 al Paris Motor Show. L’anno seguente a Molsheim è creata la società Bugatti Automobiles SAS, filiale di Volkswagen France.
Il gruppo Volkswagen ne ha quindi rilanciato l’immagine con una supercar: la EB 16.4 Veyron (EB è l’acronimo di Ettore Bugatti), con un motore W16 (da qui il 16 nel nome e 4 le turbine) da 1001 CV dichiarati (effettivi circa 1060) e 8.0 litri di cilindrata, dotata di trazione integrale e cambio sequenziale DSG a doppia frizione a 7 rapporti (più retromarcia).
Al salone di Francoforte 2007 è stata presentata un’edizione limitata (5 esemplari) della Veyron denominata “Pur Sang”, caratterizzata da cerchi forgiati di diversa foggia e dall’assenza di verniciatura (l’auto diventa bicolore grigio specchiato-nero, grazie alla combinazione di alluminio e carbonio usati per la carrozzeria).
Francesco Veramini