GALILEO GALILEI: LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA

“Sventurata la terra che non ha eroi!”, così esclama un deluso Andrea Sarti, l’allievo prediletto di GALILEO GALILEI quando sente il suono della campana, segno della rinuncia e dell’abiura del suo Maestro: avrebbe tradito la Scienza e se stesso, i loro studi e mostrato viltà .
Lo scienziato toscano, considerato il padre della scienza moderna, nasce a Pisa il 15 febbraio 1564 e all’età di dieci anni la famiglia si trasferisce a Firenze: qui Galilei studia Letteratura e Logica poi, dietro pressioni del padre, si iscrive alla Facoltà di Medicina dell’Università di Pisa. Non si entusiasma per questo genere di studi e torna a Firenze nel 1581; si appassiona invece alla Meccanica e formula i primi teoremi inventando anche uno strumento per misurare il peso specifico dei corpi: la bilancia idrostatica, o “bilancetta”.
Nel 1589 ottiene la cattedra di matematica all’Università di Pisa che manterrà fino al 1592.
Nel 1591 il padre Vincenzo muore lasciandolo alla guida della famiglia; in questo periodo si interessa al movimento dei corpi in caduta e scrive il De Motu.
Nel 1593 Galileo viene chiamato a Padova dove la locale Università gli offre una prestigiosa cattedra di matematica, geometria e astronomia. Galileo accetta con entusiasmo e vi rimane fino al 1610. 
Il 12 marzo 1610, pubblicò il libro “Sidereus Nuncius” nel quale Galileo Galilei attesta la scoperta di alcuni satelliti di Giove grazie all’utilizzo del suo telescopio. La pubblicazione suscitò apprezzamenti e diverse polemiche. Oltre all’accusa di essersi impossessato, con il cannocchiale, di una scoperta che non gli apparteneva, fu messa in dubbio anche l’attendibilità della sua scoperta. Galileo mandò una copia del trattato al granduca di Toscana Cosimo II, già suo allievo, insieme con un esemplare del suo telescopio e la dedica dei quattro satelliti, battezzati da inizialmente Cosmica Sidera e successivamente Medicea Sidera, pianeti medicei. L’intento di Galileo era quello di guadagnarsi la gratitudine della Casa medicea, non soltanto per potere ritornare a Firenze, ma anche per ottenere un’influente protezione in vista della presentazione, di fronte al pubblico degli studiosi, di quelle novità, che certo non avrebbero mancato di sollevare polemiche.
Galileo Galilei aveva osservato il moto planetario con l’ausilio del telescopio, un nuovo strumento inventato in Olanda ma al quale ha apportato significative modifiche: elabora ben presto le leggi della nuova stronomia ma queste sono incompatibili con il credo aristotelico-tolemaico della Chiesa.
La popolazione italica è oppressa dall’oscurantismo dell’Inquisizione, la Scienza fatica a divulgare la conoscenza, lo scienziato riceve un’ammonizione formale dal cardinal Bellarmino: per difendersi sostiene di aver semplicemente elaborato le teorie copernicane, conosciute da tempo. Il potere ecclesiastico non sente ragioni: bolla come eretico Galilei, gli impone un secco fermo agli studi e alla ricerca e mette all’Indice il testo di Copernico.
Le osservazioni dello studioso continuano in modo clandestino e molto pericoloso risulta anche lo scriverne, ciononostante termina il suo capolavoro, il Dialogo sopra i massimi sistemi nel 1630 dove dimostra le scoperte acquisite: i corpi celesti non sono delle sfere perfette, il pianeta Venere gira intorno al Sole e la stessa cosa vale anche per il pianeta Terra. Nega così, attraverso il metodo sperimentale (esperimento diretto e ripetibile), il principio di autorità. La Terra non è il centro dell’universo che invece è formato da innumerevoli stelle e Soli.
Papa Urbano VIII viene a conoscenza della pubblicazione (1632) e istituisce un processo contro Galilei che, ormai vecchio e malconcio, è costretto a ritrattare, pena la tortura.
Notevole a questo proposito risulta il testo teatrale di B. Brecht, Vita di Galileo, un dramma storico in 15 scene nel quale capolavoro si evidenziano le fatiche degli studi, la difficoltà di reperimento dei materiali, la vita quotidiana dello scienziato e dei suoi allievi, fino alla paura del processo e della tortura: un’opera di gradevole lettura, destinata anche ad un pubblico adolescente.
Nell’ultima battuta dello studioso, in risposta ai suoi allievi che lo stanno abbandonando, è contenuta la disperazione dell’intellettuale privato della libertà di espressione e di ricerca:
“Beato il popolo che non ha bisogno di eroi”.
Con l’abiura Galileo Galilei riacquista una sorta di libertà vigilata, costretto in casa ad Arcetri (Firenze) che sarà carcere/esilio fino alla morte, avvenuta l’8 gennaio 1642.
E’ sepolto a Firenze, in Santa Croce, nel mausoleo dei sommi italiani.
Trecentocinquanta anni dopo la sua morte (1992) la Chiesa ha riconosciuto formalmente la grandezza di Galileo Galilei, “riabilitandolo” e assolvendolo dall’accusa di eresia.

R.L. Salvi